Presidente? A Montecitorio non funzionano manco i bagni: cronaca di una giornata tragicomica
Fra servizi in tilt e gelo polare si consuma il tutti contro tutti. E al patto Conte-Salvini rispondono le manovre orchestrate da Letta e Renzi
Forse è una maledizione, magari quella dei Papi che la gettarono, a futura memoria, sul Quirinale. Certo è che il primo giorno di scrutinio la Camera dei Deputati è andata in black out tutto il giorno (giornalisti infuriati, parlamentari depressi). Il secondo giorno vanno in tilt i bagni dei maschi – servono parlamentari, ma pure tutti gli altri, ecco, e servono eccome… - posti al piano dell’Aula. Un odore nauseabondo propala dalle fognature, che pare si siano rotte, certo è che, da una certa ora in poi, il bagno dei deputati è inservibile mentre quello delle signore – solitamente più scomodo, perché posto al secondo piano, dopo una lunga scalinata – resta integro e funzionante.
Insomma, non c’è una cosa che vada per il verso giusto, in questi giorni, alla Camera. Dentro, come vedremo dopo, si gela, si muore dal freddo. Fuori si sta scomodi tra gazebo e spazi fumatori striminziti, tutti accalcati, altro che distanziamenti per fronteggiare il Covid, e alla Buvette si mangia e si beve, da schifo. E’ in questo ambiente che si tiene il secondo inutile giorno di scrutinio per eleggere il nuovo presidente della Repubblica.
Il voto, le schede bianche calano a vista d’occhio
Nuova fumata nera. È questo il risultato della seconda giornata di votazioni per l'elezione del presidente della Repubblica. Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha terminato lo scrutinio delle schede, poi va in onda il conteggio dei voti che però si prende il suo tempo perché tra nulle, voti dispersi e voti contestati la clessidra scorre.
Con un numero di votanti sempre molto basso (976, il primo giorno erano stati sempre 976, il che vuol dire 33 Grandi elettori assenti), ieri, ovviamente, sono prevalse le schede bianche (saranno, alla fine, 527), ma sempre troppo poche rispetto a quelle che dovevano essere. Il ‘plenum’ delle schede bianche, infatti, doveva essere di 917, contando tutti i partiti della maggioranza di governo (859) più i 58 di Fratelli d’Italia, e invece la ormai famosa ‘Bianca Scheda’ raggiunge appena i 527 voti, molti meno rispetto al giorno prima (672), il che vuol dire ben 145 in meno. Una ennesima debacle, per i partiti: non controllano i voti dei gruppi parlamentari.
Ennesima deblacle per le indicazioni dei partiti
Se la matematica non è un’opinione, mancano ben 390 schede bianche dai conti dei partiti che, evidentemente, non controllano l’aula. Ma non basta. La somma di schede nulle (38) e di voti dispersi (125) fa 163, tutti voti in libera uscita che uniti alle -390 bianche sulla carta fanno un ‘partitone’ intero di 553 voti, il partito-monstre.
Mattarella e Maddalena al secondo scrutinio sono appaiati
Per il resto, Mattarella – votato da molti stellati – e Maddalena – votato da un blocco di ex grillini oggi nel Misto (quelli di Alternativa e non solo) si fronteggiano appaiati, a 39 voti, assai pochini, per chi – soprattutto tra gli ex M5s che lo rivendicano pure, in agenzia - già sperava di far ‘salire’ il nome di Sergio Mattarella mentre chi ha puntato su Maddalena ha fatto il pieno dei suoi voti (erano 40, sulla carta) e, quindi, ‘bingo’. Per il resto, tra i voti da segnalare, ci sono i 18 voti a Renzo Tondo (forzista friulano, ex presidente di Regione) e i 17 a Roberto Cassinelli (avvocato ligure azzurro), che fanno 35 voti azzurri in libera uscita (e, pare, tutti contrari alla candidatura della presidente Casellati) mentre invece i 12 voti per Umberto Bossi, gli otto per Giancarlo Giorgetti e i tre a Raffaele Volpi (giorgettiano doc) indicano che anche nella Lega non se la passano bene. La fronda anti-Salvini assomma a 23 voti e, in un partito pseudo-leninista, non sono pochi. Ma non è che negli altri schieramenti le cose van meglio.
Anche negli altri partiti mancano diversi voti
Invece, gli otto voti della Cartabia sono quelli di Azione∓Europa (cinque sulla carta, altri tre arriverebbero dal Pd) e, anche a sinistra, ci si inizia a contare. Per dire, otto voti vanno al giurista indipendente Luigi Manconi, e vengono da Sinistra italiana e Verdi, che stanno nel Misto (quattro in più da quelli sulla carta) mentre i cinque voti al segretario radicale, Marco Cappato, arrivano dagli ex M5s di Facciamo Eco, mini-formazione guidata dall’ex ministro Lorenzo Fioramonti, che pure si voleva ‘pesare’.
Insomma, tutti si contano e tutti si pesano, nel secondo scrutinio, e iniziano a mandare ‘segnali’. Poi, certo, non sono mancati i consueti “voti-burla” e sulle schede c'è chi ha segnato il nome di Claudio Baglioni, Christian De Sica, Giovanni Rana o di Paola Regeni, madre di Giulio, ma quello sì che è puro folcklore. Voti in pura libertà.
Il secondo giorno, con la noia, vince il freddo
Sì certo, prima di tutto quello fra centrodestra e centrosinistra con la guerra delle rose di candidati al Colle e gli intrighi, le alleanze, i tradimenti. Ma anche il freddo vero, terra terra, dei pochi gradi centigradi che invadono il Transatlantico.
Perché i mille e più grandi elettori confluiti a Montecitorio per il voto sul Quirinale finiscono sempre per concentrarsi nel corridoio storicamente dedicato alle chiacchiere, agli incontri, ai gruppetti di persone che confabulano. E allora, siccome c'è il Covid, per evitare che l'aria si faccia pericolosamente satura, la soluzione è aprire le finestre. E le porte. Gelo.
Così, sugli abiti eleganti di parlamentari, delegati e delegate, è tutto un mettere giacconi e sciarpe. A un certo punto c'è un signore che passa col cappello. Chi frequenta il Palazzo da anni e anni storce un po' la bocca, perché tradizione vuole che il prestigio dell'ambiente sconsigli di portare il capotto, nemmeno piegato sul braccio.
Cappelli e cappotti, altri strappi al protocollo
Ma in questi giorni di voto e pandemia i piccoli strappi al protocollo servono a vivere meglio. E quindi sono consentiti. I riti sono quelli della tradizione. Per dire, nonostante squadre di addetti stampa e comunicatori da tempo abbiano conquistato gli spazi fra cronisti e politici, nelle pieghe delle ore di attesa fra una votazione e l'altra, qualche parlamentare ne approfitta per affacciarsi in sala stampa a fare un po' di pubbliche relazioni, a salutare, a riannodare amicizie, intese proprio come si faceva un tempo.
Accostamenti cromatici assai azzardati
Però ecco, se un aspetto salta all'occhio è proprio la difesa dalle salutari ma taglienti correnti d'aria. Anche il ministro Renato Brunetta si aggira con la sciarpa blu al collo, e i jeans. Gli accostamenti di colore creano strani parallelismi politici. Il vestito rosso della senatrice leghista Raffaella Marin fa pendant con la pashima dello stesso colore del deputato di Leu Stefano Fassina, seduto nella poltrona accanto. Che coppia! dicono i maligni che li notano insieme…
La comparsata di Casini, ormai molto social
La giornata è comunque scandita dall'attesa di un voto che già si sa: non sarà quello della volta buona. "Queste sono ore da riempire", commentano i più guardando sconsolati il tabellone. Mentre per i vaticini ci si attacca a tutto. Fa molto parlare un'apparizione social di Pier Ferdinando Casini, considerato in campo per la corsa al Colle e, anzi, tra i favoriti. C'è una sua foto in bianco e nero: lui, poco più che ragazzino, mentre parla dal palco di un convegno del movimento giovanile della Dc. E sotto il commento: "La passione per la politica è la mia vita!!", con tanto di un cuore e bandiera dell'Italia. Infatti, il centrista doc conosce tutti e tutti saluta con cordiali strette di mano.
E allora, nei capannelli, vai con le deduzioni: "Io lo conosco bene, ha voluto dire...". "Ma no, ha voluto alludere...". "Che ne sapete voi? Avete visto chi ha commentato sotto? E' un messaggio". Mentre in Transatlantico le truppe provano a capire e nelle stanze i vertici provano a risolvere, parte lo spoglio. E fra i 39 voti a Sergio Mattarella e le centinaia di bianche, appaiono Rocco Siffredi, Giovanni Rana, Roberto Mancini e anche Enrico Ruggeri, che supera la barriera dei due voti ed entra nel resoconto di seduta. Il giorno del freddo è stato anche il giorno delle due rose: quella dei nomi candidati al Quirinale dal centrodestra - Letizia Moratti, Carlo Nordio, Marcello Pera - e quella attesa, ma che poi non c'è stata, del centrosinistra che per ora resta muto.
Ed è stato, di nuovo, il giorno della vittoria della scheda bianca. Che ha dato il destro alla bambina del deputato azzurro Simone Baldelli per festeggiare al telefono: "Bianca? Papà, finalmente una donna!". Comunque, sui tempi per arrivare a un nome c'è chi ha granitiche certezze. Il presidente di Italia Viva, Ettore Rosato, è netto: "Prima di sabato". Perché? "Sabato a mezzogiorno si sposa mio figlio, non posso mancare", ma il suo auspicio tradisce una fretta che inizia ad attanagliare molti tanto che proprio Iv chiede al Presidente Fico di votare due chiame al giorno per velocizzare le operazioni di voto e, anche, per calcolo: impallinare nomi sgraditi.
Terza chiama, l’ultima a maggioranza qualificata dalla IV i veri giochi
Oggi, intanto, in Aula alle 11 per la terza giornata di votazione, l’ultima a maggioranza qualificata (plenum ristabilito ieri a 1009 Grandi elettori con il subentro della deputata di FI Sessa al deceduto Fasano, il quorum resta a 673 voti) ma dalla IV votazione il quorum scende a 505 voti. Una maggioranza assoluta assai abbordabili.
Ecco perché da Iv – Renzi, Boschi, Rosato, Faraone, tutto il partito, cioè, sale la richiesta – e sale forte – di tenere due votazioni al giorno. Iv, che punta tutte le sue carte su Casini, non vuole fornire al centrodestra occasione e modo per strutturarsi e, soprattutto, agganciare i 5Stelle. Il Pd la pensa allo stesso modo, potrebbe accordarsi.
La ‘rosa’ del centrodestra e il muro del centrosinistra
Dal punto di vista politico, ieri è stata la giornata del centrodestra, che ha presentato la rosa dei suoi nomi per il Quirinale: Letizia Moratti, Marcello Pera e Carlo Nordio. Restano fuori altri tre nomi che pure erano circolati Franco Frattini, Antonio Tajani e soprattutto la Casellati. Ma l'obiettivo sembra proprio di far convergere M5S e Italia viva sul nome di Elisabetta Casellati, attuale presidente del Senato, al quarto scrutinio. Ai nomi formali della destra, per ora, il centrosinistra, al termine di un incontro tra Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza, ha deciso di non contrapporre propri candidati. Insomma, il centrodestra una rosa, per quanto finta, ce l’ha, il centrosinistra no. “Nessuno dei nostri ha una tessera di partito ma hanno ricoperto ruoli importanti. Non vogliamo imporre niente a nessuno” spiega Matteo Salvini. Ma Pd, M5S e Leu invitano il centrodestra a un nuovo incontro domani. “Basta tatticisimi, troviamo soluzioni condivise” li esorta Letta. Che, comunque, rispetto alle proposte del centrodestra dice, per indorare la pillola: “Sono tutti nomi di qualità, valuteremo, no pregiudizi”.
Il rischio che i 5S votino pure loro Casellati
Poi, però, Letta – timoroso che Conte possa ‘slittare’ verso Salvini, sbandare pericolosamente e, dunque, rompere l’alleanza di centrosinistra, chiede al centrodestra di “chiudersi in un conclave a pane e acqua per partorire un nome”. Letta teme di finire nell’angolo, isolato, con i 5S in pezzi, e con la maggioranza, oltre al governo, che salterebbe, ovviamente, con un presidente di centrodestra e dunque la corsa al voto anticipato. La Lega, però, risponde ‘picche’: niente conclave.
I nodi da sciogliere sono ancora troppi, di certo. Ieri durante l'incontro tra Salvini e Conte sul tavolo era spuntata la carta di Franco Frattini, ex forzista ed ex ministro degli Esteri. Subito respinta da Pd e Iv, all’unisono, per le sue note posizioni filo-russe’, inaccettabili per i nostri alleati, specie nei giorni della crisi russo-ucraina.
Letta e Renzi, ormai, sono diventati alleati
La verità è che cresce – nel Pd e in Iv – la paura che i 5S smottino verso la Casellati, che la presidente del Senato ce la faccia – e, magari, che nel segreto dell’urna i 5S diano la colpa ai renziani se passa – e che saltino governo, maggioranza e, ovviamente, anche la legislatura. Ci si ritroverebbe senza Draghi né al Colle e neppure a palazzo Chigi, l’alleanza di centrosinistra rotta, in pezzi, elezioni anticipate. Oltre che, ovviamente, con un Capo di Stato di centrodestra, il centrosinistra in pezzi, i 5S pure. Un quadro da tregenda greca. Renzi lo sa e vuole schivare il ‘colpo gobbo’ del centrodestra. Lui e Letta sono, ormai, diventati due sinceri alleati.
Tanto che, quando Renzi ri-racconta, ai cronisti, in pieno Transatlantico prima le quirinarie del 2013 e poi la sua ascesa al governo nel 2015 butta la croce del disarcionamento di Letta su tutti (Franceschini, Guerini, Speranza, Napolitano…) tranne su lui. “Come si cambia per non morire”…