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Una Meloni “rafforzata” dal voto, va avanti spedita sulle riforme in Italia ma è incerta sulla scelte in Europa

La premier è già in Puglia dove domani inizia il G7. Al tavolo tanti dossier, la pace, l’economia e quale governance per la nuova Europa. Il caso Francia ritarda la decisioni. Di sicuro l’Italia darà le carte. L’accordo Meloni-Schlein che ha fatto fuori il centro polarizzando lo scontro

Claudia Fusanidi Claudia Fusani     
Una Meloni “rafforzata” dal voto, va avanti spedita sulle riforme in Italia ma è incerta sulla...
Foto Ansa

Incassata la vittoria, il tributo personale con due milioni e 400 mila voti e lo scettro di regina insindacabile della coalizione (“per questa è una vittoria ancora più importante di quella di due anni fa” ha detto giustamente Meloni), la premier e la leader non possono però festeggiare neppure per 5 minuti. Conclusa - se Dio vuole - la bolla della propaganda elettorale durata quasi sei mesi, adesso non ci sono più alibi nè rinvii. D’ora in poi non ci potranno essere più trucchi perchè la realtà s’imporrà in tutta la sua essenza. Sul piano interno, a cominciare dai conti pubblici, tra poco ci sarà richiesta una manovra correttiva e a settembre ci saranno da fare la Nota correttiva al Def (Nadef) e avviare la sessione di Bilancio. Mancano tra i 15 e i 20 miliardi e non possiamo fare deficit. Per proseguire con il cammino delle riforme e l’attuazione del Pnrr. Sul Piano nazionale i ritardi di realizzazione dei progetti sono evidenti e vediamo se e cosa produrranno in termini di velocizzazione aver istituto presso ogni prefettura una sorta di cabina di regia. E’ la prima delega, si fa per dire visto che un prefetto è un mero esecutore del governo,  che il ministro Fitto  accetta. Sulle riforme, Meloni sa che la segretaria del Pd Elly Schlein le ha dichiarato guerra su tutto.  “Giorgia stiamo arrivando” le ha comunicato Schlein  visto che la distanza percentuale tra i due partiti è tra i 4-5 punti percentuale ma in termini assoluti, la distanza è solo di un milione di voti. Nel 2022 erano il doppio. 

“Patto” Meloni-Schlein?

Ora, prima di proseguire, occorre fare un’osservazione sulle due first lady  della politica italiana. Rilevare un fatto che risulta evidente e lampante il giorno dopo: volenti o meno, Meloni e Schlein hanno beneficiato - o fatto - un patto assai vantaggioso per entrambe. Non è un caso che si scambino complimenti l'una con l’altra, telefonate, messaggi e dicano quasi in coro: “Questo voto conferma che il bipolarismo è radicato nel paese”. Entrambe hanno deciso e accettato di polarizzare la campagna, si sono scelte una con l’altra quasi come uniche avversarie dicendosi le “peggio” cose e umiliando la rispettiva azione politica. S’è parlato quasi esclusivamente di loro e, talvolta, di Vannacci, terzo incomodo che Salvini ha voluto piazzare a tutti i costi sulla scena provocando la ribellione della sua base elettorale. Sui numeri ha avuto ragione Salvini (la Lega è al 9%, quindi sopra le politiche, sebbene terza, dopo Forza Italia al 9,6), sulla tenuta politica si vedrà. Al lato opposto, nell’Alleanza Verdi e Sinistra, s’è parlato molto anche di Salis (eletta con oltre duecentomila voti). Ma il capolavoro lo hanno fatto Meloni e Schlein facendo credere che fosse uno scontro bipolare, tra due blocchi, il bene e il male, la destra e la sinistra. Tutto a proprio vantaggio, ovviamente, visto che hanno ucciso ogni ipotesi di centro. Solo che Meloni lo ha già inglobato nella propria alleanza, con Forza Italia e Noi Moderati di Lupi. Schlein non ha ancora fato nulla di simile. I progressisti nel Pd sono stati i Mr Preferenze nel Pd. Adesso la segretaria deve riconoscere loro un ruolo, anche nella segreteria. Già si parla di un ticket con De Caro che da solo in una sola circoscrizione ha ottenuto 500 mila voti.   

Le riforme

Ma torniamo all’agenda di governo. Oggi la conferenza dei capigruppo a palazzo Madama vota il calendario dei lavori. E’ possibile che il primo ok al premierato slitti dopo il 18 giugno ma sarà solo questione di giorni appunto. Nonostante il Pd abbia promesso: non passeranno. La maggioranza ha tutti i numeri per fare ciò che vuole. Persino una riforma costituzionale. Sempre oggi, alla Camera, si riparte con la discussione sul ddl sull'autonomia differenziata e il semaforo verde, anche qui, dovrebbe arrivare la prossima settimana. Contemporaneamente si cercherà di accelerare sulla riforma della giustizia, cavallo di battaglia di Forza Italia, con l'obiettivo di far viaggiare le riforme insieme e di arrivare al referendum, anche sul ddl Casellati, sei mesi prima della fine della legislatura.

Insomma, il risultato delle Europee, nonostante il distacco e la differenza di peso tra Fdi e i due alleati, mantiene vivo e vegeto il patto sulle riforme. Nessuno strappo, nessun ripensamento. Ed Elly Schlein avrà pure incassato un insperato 24 per cento ma dovrà escogitare qualcosa e anche in fretta per provare a contrastare, come dice, l’azione di governo. Il punto è che i prossimi due anni non ci saranno appuntamenti elettorali di rilievo. La camminata nel deserto per il Pd sarà lunga e faticosa. Occorreranno animo e iniziativa per tenere viva ed efficace l’opposizione.      

“Nessuno scossone. Non ci ho mai creduto, noi siamo un’orchestra che suona un’armonia” ha rivendicato la premier. Forza Italia chiederà di pesare di più ma di certo non metterò a repentaglio l’azione di governo. E Salvini, che fatta un po’ di vacanza, di sicuro entrerà subito in modalità campagna elettorale per le prossime politiche, farà il solito Salvini. Nulla di nuovo, insomma.

L’agenda europea  e l’incognita Macron

Forte di tutto questo Meloni ha lasciato ieri mattina palazzo Chigi ed è andata a Borgo Ignazia, in Puglia, per definire gli ultimi punti del G7 che inizia mercoledì e andrà avanti fino a sabato. Il giorno stesso la premier sarà in Svizzera per la Conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina. Lunedì a Bruxelles per la prima cena post voto dopo le elezioni europee, il primo faccia a faccia per sondare gli umori sulla presidenza della Commissione Ue e sulle altre caselle della governance europea che, una cosa è certa, dovranno essere sciolte e risolte in tempi brevi, entro settembre, per essere pronti ed operativi con la lista dei top jobs prima del verdetto americano (5 novembre).

Un’agenda molta fitta. Su cui pesano la debolezza dell’ex asse portante franco-tedesco dopo l’esito delle urne europee, l’avanzata delle destre e le nuove elezioni politiche in Francia. Colpo di scena, mossa da campione di poker, sfida, scommessa: è lunga la lista dei termini usati per la scelta di Macron che domenica sera, a urne ancora aperte in Italia, ha sciolto il Parlamento e indetto elezioni fra tre settimane (30 giugno ed eventuale  ballottaggio il 7). L’obiettivo è chiaro: “Basta cincischiare e fare accordicchi” come ha detto lo stesso Macron. L’obiettivo del voto anticipato è uscire dalla palude del non detto ma soprattutto mettere i francesi davanti alle proprie responsabilità e chiedere loro se - al di là di un voto di protesta antimacroniana - intendano davvero farsi governare per la prima volta nella storia dai lepenisti. “Ho fiducia nella capacità del popolo francese di fare la scelta più giusta, per se stesso e per le generazioni future” ha detto Macron dando la parola e la responsabilità al popolo, “come si fa nelle democrazie” ha aggiunro. Macron parlerà di nuovo oggi, ci sarà una conferenza stampa nel pomeriggio. Una scommessa azzardata? O una scelta necessaria? Vedremo.

Meloni più forte al G7

Di sicuro tutto ciò, oltre la pace, l’economia, il Papa e la formazione della nuova governance europea, plana diretto anche sul tavolo del G7 in Puglia. Meloni è volata a Borgo Ignazia due giorni prima proprio per concentrarsi di già e meglio sui tanti dossier. A cominciare dai nuovi equilibri nella Ue. E’ possibile che il voto in Francia ritardi la tempistica di un paio di settimane. Così come stanno le cose Macron e Sholtz arrivano più deboli al tavolo delle trattative. Non era mai successo e, soprattutto, sono loro i principali oppositori al bis di Ursula. 

La linea di Meloni è stata detta e ripetuta nelle ultime ore: “E’ evidente che un governo forte e solido rafforza l'Italia in tutte le sedi internazionali, significa anche che i tuoi interlocutori sanno che avranno a che fare con te ancora per diverso tempo pur nel caos e nella incertezza che viviamo ogni giorno”. L’esito delle Europee in Italia è quindi  “un elemento di forza anche nelle trattative per la prossima Commissione europea”. E’ vero che l'indicazione per i vertici della Commissione Ue spetta “al partito che ha avuto più voti che in questo caso il Ppe” come va ripetendo ad ogni microfono Von dr Leyen. Meloni però ha avvisato: “Valuteremo l’indicazione perchà nel negoziato ci sono diverse questioni che riguardano tutti i ruoli apicali, che riguardano le deleghe dei commissari, e quindi anche il commissario italiano. Io come sempre decido e scelgo con un unico metro che è quello dell'interesse nazionale italiano, ma sicuramente in questa fase l'Italia sarà protagonista e non spettatrice”.

Resiste la maggioranza Ursula

Le urne europee hanno consegnato una maggioranza Ursula (Ppe, S&D, Liberali) ancora forte e con i numeri sufficienti (398 su 720) per avere una comoda maggioranza al riparo anche dei franchi tiratori. E’ chiaro però che non si potrà far finita di nulla, ignorare l’avanzata delle destre. Ecco che il segretario del Ppe, Manfred Weber, deve per forza guardare anche a destra. Alla destra che almeno sembra più moderata, e cioè i Conservatori di Giorgia meloni. Che poi, se vogliamo, è lo schema “aperto” a destra e a sinistra che von der Leyen ha tenuto in questi ultimi due anni in cui ha molto dialogato con Meloni, Proprio in vista di oggi.   

“Il Partito popolare europeo è la prima forza politica e senza non si può fare alcuna maggioranza. Il mio sogno è avere una maggioranza con popolari, liberali e conservatori” è l’auspicio del segretario di FI Antonio Tajani. “Io punto su un centrodestra unito anche in Europa, ma se qualcuno dovesse scegliere l'alleanza con socialisti e Macron sarà libero di farlo, non ho poteri coercitivi” ha detto Salvini che avrà, appunto, assai poca voce in capitolo su questi dossier. Aver ripulito Id, la famiglia europea di Salvini e Le Pen, dalla presenza della tedesca Afd, non dà la patente di una destra presentabile. Così come Bardella è solo il front man e il maquillage scelto da Le Pen.  I numeri delle urne certificano che non si potrà materializzare quella “maggioranza di centrodestra” sul modello italiano promossa durante la campagna elettorale.

Al bivio con la Storia

 Giorgia Meloni dovrà decidere dove stare e cosa fare. Una scelta che fa da una posizione di forza e potrebbe cambiare per sempre la pelle della propria storia, della destra in Italia e del proprio mandato politico. Sarebbe complicato per Meloni restare fuori dall'accordo per la nuova presidenza della Commissione. Ma altrettanto lo sarebbe dare un sostegno pieno a von der Leyen, al Consiglio e al Pe, senza scoprirsi troppo a destra. Tra i conservatori di Ecr, Fratelli d'Italia è l'unico grande partito che si ritrova al governo, mentre gli alleati di Vox e del Pis (che nel 2019 sostenne von der Leyen) dall'opposizione si possono smarcare. Così come Marine Le Pen, che ora punta a vincere le elezioni legislative in Francia e farà, con ogni probabilità una campagna elettorale tutta contro Macron, che siede invece con Meloni al Consiglio Ue come al G7. Ecco perchè la partita è assai difficile. E conduce, veramente, ad un bivio con la Storia.

 

 

 

 

 

Claudia Fusanidi Claudia Fusani     
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