Un altro giallo al ministero della Cultura. Giuli sotto processo: fiducia a tempo nei suoi confronti
Maledetta egemonia culturale. Anzi, verrebbe da dire, maledetto ministero dei Beni culturali. Ancora una volta il dicastero di via del Collegio Romano finisce travolto da un giallo. Attori protagonisti: il neo ministro Alessandro Giuli e il neo capo di gabinetto Francesco Spano. Quest’ultimo di buon mattino invia una lettera al ministro in cui fa sapere di lasciare l’incarico di capo di gabinetto del Mic. Nel giro di dieci giorni Spano incassa la nomina e poi è costretto a lasciare: «Egregio Signor Ministro, con sofferta riflessione mi sono determinato a rassegnarle le mie dimissioni dal ruolo di capo di Gabinetto della Cultura con cui ha voluto onorarmi. Il contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali, non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante». E ancora: «Nell’esclusivo interesse dell’amministrazione pertanto, ritengo doveroso da parte mia un passo indietro. Ciò non mi impedisce, evidentemente, di esprimerle la mia profonda gratitudine per la stima ed il sostegno che mi ha mostrato senza esitazione».
Pochi minuti ed ecco la risposta del ministro Giuli: «Con grande rammarico, dopo averle più volte respinte, ricevo e accolgo le dimissioni del capo di gabinetto, Francesco Spano. A lui va la mia convinta solidarietà per il barbarico clima di mostrificazione cui è sottoposto in queste ore. Non da ultimo, ribadisco a Francesco Spano la mia completa stima e la gratitudine per la specchiata professionalità tecnica».
Non sono giorni facili tra indiscrezioni, pressioni, timori. Le parole di Sigfrido Ranucci che ha anticipato lo “scoop” di domenica sera di Report stanno facendo tremare i palazzi della politica e il partito di maggioranza relativa: «Nuovi casi Boccia, sempre al ministero della Cultura, Giorgia Meloni ha un nuovo problema…». Sull'account Instagram di Report la decisione del passo indietro di Spano viene legata alla vicenda riguardante l'incarico che il marito di Spano, Marco Carnabuci, ha ottenuto quando Giuli era direttore del Maxxi. Carnabuci ha avuto un contratto dal 2018 al 2021, confermato nel 2022 da Spano arrivato al Maxxi richiamato come segretario quando Giuli è diventato presidente del museo. Un conflitto di interessi che riguarderebbe gli ultimi due anni, da quando Spano e Carnabuci sono una coppia.
Ma su questa ricostruzione è intervenuta la Fondazione Maxxi (presieduta, dopo la nomina di Giuli a ministro, dalla consigliera Maria Bruni), sostenendo che, al momento dell'insediamento di Giuli al Maxxi, nel 2022, Spano «ricopriva già l'incarico di segretario generale della Fondazione». Precisazione che servirebbe a far capire che, se è vero che il contratto con Carnabuci è stato rinnovato tutti gli anni, vuole dire che costui era già sotto contratto quando Spano era al Maxxi come segretario generale.
Raccontano che tra Palazzo Chigi e via del Collegio del Romano non siano certo mancate le telefonate per l’intera giornata. Non a caso a un certo punto della giornata Giuli viene ricevuto dal sottosegretario Alfredo Mantovano per un chiarimento. Dal colloquio emerge una fiducia a tempo poi si vedrà.
Sia come sia, c'erano tutte le premesse per un altro caso Sangiuliano 2. La war room di Fratelli d'Italia non ha mai gradito la scelta di Giuli di puntare su Spano, avvocato civilista molto stimato, finito già nel mirino della destra quando ai tempi del governo Conte guidava l’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziali (Unar) e fu accusato di aver concesso di aver dato finanziamenti a una associazione Lgbtq+ che poi si è scoperto essere coinvolta in un’inchiesta per prostituzione. La destra all’epoca sollevò un polverone e più o meno lo stesso ha fatto nelle ore successive alla scelta di Giuli di puntare su Spano. Le chat di Fratelli d’Italia hanno iniziato a ribollire. “Pederasta” è stata l’accusa di Fabrizio Busnengo, coordinatore di Fratelli d’Italia nel municipio IX di Roma, costretto poi a dimettersi dall'incarico.. Busnengo ha scolpito questa accusa in una chat in cui ci sono circa 200 persone tra parlamentari, addetti stampi ed ex deputati.
Una chat finita subito sotto la lente di ingrandimento del sottosegretario Fazzolari che ha iniziato ad eliminare chi usa toni sbagliati. Insomma, grande caos all’orizzonte. Con tanto di lite tra Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura in quota Fd'I, e la sorella del ministro Giuli, Antonella, addetta stampa di FdI a Montecitorio. La storia continua su queste note. Restano sospese una serie di domande: il passo indietro di Spano chiude la vicenda? C’è chi sostiene di sì e che nelle prossime ore nominerà il nuovo capo di gabinetto. Dopodiché c’è invece chi sostiene che un pezzo del partito meloniano intende processare Giuli. Perché l’attuale ministro ha confermato la consulenza al compagno di Spano pur sapendo del conflitto di interessi tra lo stesso Spano e Carnabuci ora anche sposati? E perché poi ha voluto con sé Spano al ministero?
Le domande restano sul tavolo di Palazzo Chigi. Nessuno si sbilancia sull’esito finale dell’annosa questione che anche questa volta coinvolge il ministero della Cultura. Meloni non avrebbe mai pensato di ritrovarsi dopo qualche settimana dal caso Boccia-Sangiuliano in una situazione non dissimile: travolta dunque da un’inchiesta di Report e da un dicastero monco del capo di gabinetto? Questa volta, verrebbe da dire, non ci sono però complotti da evocare. Tutto avviene dentro casa di Fratelli d’Italia. Giuli è stato voluto dalla presidente del Consiglio, nonostante qualcuno all’interno della cabina di regia di Palazzo Chigi le avesse posto delle criticità. Come dire, non c’è alcun complotto. E non ci sono magistrati “di sinistra” che intendono indebolire l'esecutivo. Resta da capire come andrà a finire: bisognerà attendere l’intera inchiesta di Report. Domenica sera, dunque. Sempre se prima non emergerà dell'altro.