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Stallo e scontro per cariche e governo. Salvini sfida Meloni per la presidenza del Senato

Vertice Lega e Forza Italia a Villa Grande. Meloni resta nel suo ufficio alla Camera. “Vi garantisco che non perderemo un minuto di tempo”. Ieri ha incontrato il ministro Franco. E per mettere le dita negli occhi a Salvini, indica Giorgetti al Mef . Il Cav non molla su Ronzulli. Domattina la prima votazione

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Foto Ansa
Foto Ansa

C’è chi, come Berlusconi e Salvini, fa i vertici a due in villa per dimostrare che c’è un asse fermo e intenzionato ad alzare il prezzo fino all’ultimo secondo utile. E c’è lei, la premier in pectore, che sta ferma nel suo ufficio e respinge ogni idea di ulteriore trattativa: “Nessun veto ma l’obiettivo è costituire il governo dei migliori”. Alle 21 e 30, alla fine dell’ennesima giornata di incontri e analisi dei vari dossier, Meloni rassicura i cronisti che l’aspettano all’uscita di Montecitorio:   “Noi lavoriamo per fare le cose in fretta. A chi dice che siamo in ritardo e che Draghi ci ha messo di meno, affermazione quantomeno curiosa, ricordo che non abbiamo l'incarico per fare il governo. Qualora e quando dovessimo avere un incarico vi garantisco che non perderemo un minuto di tempo. E questo vale anche per le presidenze delle Camere”. Il fare e il piglio, nonostante l’ora e la stanchezza, sono puntuti. Pochi minuti prima di lei sono usciti anche Lollobrigida, Donzelli, Delmastro Delle Vedove, Ignazio La Russa, Fazzolari. In ufficio hanno intravisto insieme le anteprime dei vari talk serali. “Siamo a livello dei tabloid più infimi - scrive sui social in serata Fazzolari -  come si fa a dire che Draghi ci ha messo di meno a fare il governo. Di meno rispetto a cosa? Forse merita ricordare a questi noti giornalisti che Meloni non ha alcun incarico di governo”.

Braccio di ferro Meloni e resto della maggioranza

Insomma, il clima è molto teso al di là delle rappresentazioni che se ne intende dare. Ed è teso perchè, appunto, alla vigilia della prima votazione al Senato (domani, giovedì, ore 9) e dopo tre settimane di incontri e trattative, gli accordi sono ancora in alto mare. E’ vero che Meloni non ha ancora avuto l’incarico. Ma è scontato, visti i numeri della vittoria, che lo avrà. Così come è evidente, dopo tre settimane di veti e rilanci, che il clima fra i tre soci di maggioranza non ha quella fiducia reciproca che si presuppone debba esserci almeno all’inizio di un governo che avrà una navigazione di per sè perigliosa. La geografia della giornata, Meloni con i suoi negli uffici di Fdi alla Camera, Salvini e Berlusconi a Villa Grande dalle 17 in poi, cena compresa (Ronzulli, Bernini, Tajani presenti), rendono anche plasticamente la divisione.   

Per esempio: Meloni ha appreso dalle agenzie che Salvini e Berlusconi erano riuniti a Villa Grande. La risposta è stata questa: “Nessuno si illuda che cambieremo idee e obiettivi rispetto a quelli per i quali siamo stati votati. Il nostro sarà il governo più politico di sempre”.  La presidente di Fratelli d'Italia ovviamente non ha partecipato alla riunione. Non esclude che possa farlo già oggi e comunque nei prossimi giorni. Il segretario della Lega veste i panni del mediatore auspicando “al più presto” un vertice con i partner del centrodestra. Una fiction: Lega e Forza Italia vogliono ancora trattare sia sulle Presidenze che sul governo; Meloni non più.

La Russa presidente del Senato

Tanti i nodi da sciogliere, a partire dal Senato. E poiché è un gioco di incastri, la soluzione di uno dei nodi porta alla soluzione degli altri. E viceversa.  Fratelli d’Italia considera chiusa la partita di palazzo Madama: il nome di Ignazio La Russa non è in discussione. “Così Giorgia si risolve il problema di non dovergli spiegare perchè non è il caso che vada alla Difesa…” sibila un leghista. La blindatura di La Russa arriva dopo che, sempre nel pomeriggio, Riccardo Molinari, capogruppo Lega alla Camera, aveva detto che il suo partito è al lavoro per “portare Calderoli alla presidenza del Senato”.

Il solito gioco delle parti, fino alla fine si cerca di portare a casa il più possibile. Si chiama trattativa. E’chiaro che poi alla fine nomine e squadra saranno fatte. Ma è chiaro anche che ci saranno vincitori e  sconfitti. E che questo si porterà dietro malcontento e rancori. “Tranquilli - rassicurano fonti di Fdi presenti alla Camera dove è in corso la seconda giornata di registrazioni -  La Russa succede alla Casellati e Molinari a Fico. I giochi sono già fatti. Il resto è trattativa che però è già chiusa. Come ben sanno anche Salvini e Berluscoi”. Il punto è che come l’ha chiusa Meloni non sta bene nè a Salvini nè a Berlusconi. Che rilanciano da Villa Grande, la residenza di Berlusconi nella Capitale. Sulle presidenze delle Camere “c’è una normale dialettica all'interno dei partiti di maggioranza per stabilire gli equilibri. Per giovedì avremo nomi condivisi” assicura il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa. I centristi sembrano i più tranquilli: avranno il loro ministero, probabilmente Rapporti con il Parlamento (Lupi). Poi anche loro daranno battaglie per i sottosegretari. 

La Lega però non molla su Calderoli (in effetti molto bravo nella gestione dell’aula). E ad ora Salvini sembra intenzionato andare alla conta in aula. Sarebbero in corso trattative super riservate anche con altre forze parlamentari. Oggi se ne saprà qualcosa di più. Calderoli dice di essere “pronto a fare tutto”: “Decideranno i leader”. A Villa Grande il messaggio della leader di Fdi che “non si tratta su La Russa”. La replica di Salvini è quasi vellutata: “Siamo in costante contatto con gli alleati”, la Lega “non ha pretese né preclusioni e lavora per un'intesa soddisfacente nel centrodestra. Anche noi abbiamo idee chiare sulla squadra e sui dossier più urgenti”. Ma è chiaro -  ed ecco il gioco al rialzo - che la coalizione “deve essere all'altezza delle emergenze del Paese e delle aspettative degli elettori”.

I fondamentali

Tutte queste partite hanno uno schema di gioco fondamentale. Quello deciso questa volta prevede che Fratelli d’Italia si tenga palazzo Chigi e anche la seconda carica dello Stato, un’assicurazione anche per il futuro e per blindare eventuali inciuci. Buona norma sarebbe stata  dare un incarico a ciascuna della forze di maggioranza. Ma nel momento in cui Lega e Forza Italia, che hanno un terzo dei voti di Fdi ma senza di loro non c’è maggioranza, hanno chiesto 5 ministeri a testa di cui almeno tre di peso, Meloni ha preteso anche il Senato. La presidenza della Camera tocca alla seconda forza meglio classificata, la Lega appunto. E però Forza Italia aveva due candidati per entrambi ruoli: Bernini al Senato (dopo essere stata “bruciata” cinque anni fa), Tajani alla Camera visto che il numero 2 di Forza Italia vorrebbe uscire dal tritacarne del totoministri. Anche prchè, forse, ha annusato che una carica istituzionale può essere più duratura di un ministero.

Squadra a 23, massimo 24 dicasteri, dieci-undici agli alleati (5+5+1), ai vincitori assoluti restano una dozzina di posti da ministro. Troppo pochi rispetto alle richieste e ai numeri della vittoria. E’ tutta qua l’origine delle tensioni e del braccio di ferro.     

“Governo forte, unito, autorevole”

I tempi sono stretti, ma solo dopo l'intesa su seconda e terza carica dello Stato, si potrà comporre la squadra di governo. Meloni ha chiesto a tutti di non perdere tempo, di trovare l'intesa, anche sulla lista dei ministri. “Pronti a riscrivere le sorti della Nazione con un governo forte, unito e autorevole” ha scritto sui social. Nell'esecutivo “coinvolgeremo le persone più adatte", un riferimento ai possibili tecnici che verranno chiamati in causa. “I governi sono politici - ha voluto ribadire - quando hanno un mandato popolare, una guida politica, una maggioranza nata nelle urne e non nel palazzo, un programma e una visione chiari. Nessuno si illuda che cambieremo idee e obiettivi rispetto a quelli per i quali siamo stati votati. Il nostro sarà il governo più politico di sempre”.

L’incontro con il ministro Franco

La casella che scotta è il ministero dell’Economia. Meloni sta incassando troppi no: Panetta, Scannapieco, anche Siniscalco tentenna. Non un bel segnale. Non ci sarà alcune pressione da parte del Quirinale su Panetta che siede nel board della Bce. Ne avrà ancora per un anno e poi è il candidato naturale alla Banca d’Italia. L’Italia ha bisogno di avere un nome di peso alla Bce che non può restare sguarnita. Scannapieco svolge un ruolo delicato alla guida di Cassa Depositi e prestiti. E’ lo stallo che più pesa nella war room di Giorgia Meloni. Ecco che non è passato inosservato ieri  l’incontro in mattinata con il ministro dell’Economia Daniele Franco. “Siamo nell’ambito dell’ordinato passaggio di consegne in un momento tra l’altro così delicato e in piena sessione di bilancio” la spiegazione. Con Meloni c’erano i responsabili economici Teo e Fazzolari. L’ipotesi di un split economico e di confermare Franco all’Economia e Teo alle Finanze resta in piedi. L’alternativa è il leghista Giancarlo Giorgetti, una garanzia sia per il Quirinale che per Draghi. E’ il jolly di Meloni che resta però indigesto a Salvini che non ha mai avuto il pieno controllo su Giorgetti.

I desiderata di Berlusconi

Da Fi intanto trapelano i nuovi desiderata di Berlusconi che tiene in cima a tutti i suoi pensieri il destino di Lucia Ronzulli per cui reclama un ministero di peso: Sanità o Istruzione. Meloni però non la vorrebbe in squadra perchè sa che sarebbe una figura scaltra, furba ma totalmente fuori del suo controllo. Può sembrare incredibile ma è questo uno dei nodi che tiene ferma la trattativa. L’ultimo rilancio è Ronzulli ministro del Turismo. Il Cavaliere avrebbe reclamato il ministero dello Sviluppo economico, indicando il nome di Antonio Tajani, coordinatore nazionale azzurro, finora dato più che probabile agli Esteri. Nelle mire del leader di Fi resterebbe anche il ministero della Giustizia, una delle caselle sensibili attenzionate dal Quirinale con Interno e Mef. Per via Arenula la favorita sarebbe Elisabetta Casellati, ex membro del Csm, ex presidente del Senato, amica e collega del compianto Niccolò Ghedini, avvocato storico di Berlusconi. La figura di Casellati andrebbe bene anche al Quirinale.  

E i desiderata di Salvini

Si muove anche la lista della Lega: “Sarebbe motivo di grande soddisfazione e orgoglio occuparsi con un ruolo rilevante anche di Economia e Finanze” è la replica di via Bellerio all’ipotesi Giorgetti al Mef. Lo stesso Giorgetti ha partecipato a una riunione dei vertici del partito con Salvini, alla presenza anche di Edoardo Rixi, un altro dei nomi spesi da Salvini per le Infrastrutture. E’ chiaro che Giorgetti suona come una scortesia agli occhi di Salvini visto che è sempre stato colui meno sotto controllo. Nonchè tra i preferiti di Draghi. Nei nomi di governo in quota Lega si parla poi di tre sottosegretari come Stefano Locatelli, il responsabile enti locali, Mario Lolini, commissario regionale in Toscana e Federico Freni sottosegretario al Mef. Resta invece quello di Alessandra Locatelli il profilo per il ministero della Famiglia e natalità chiesto negli scorsi giorni da Matteo Salvini. Mentre Gian Marco Centinaio, se dovesse cedere il passo al suo segretario Matteo Salvini all'Agricoltura, potrebbe finire a guidare il ministero del Turismo. Infine per Erika Stefani resta un'apertura sul ministero degli Affari regionali e delle riforme. Il tormentone Viminale sembra ormai veramente risolto: Salvini ha rinunciato (avrebbe comunque perso visto il nient del Colle) e sono tutti d’accordo nel mettere al suo posto il prefetto di Roma Matteo Piantedosi. Che di Salvini ministro è stato il capo di gabinetto.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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