Stop alle ong e manganelli alla Sapienza: l’uno-due del ministro dell’Interno
Mentre Meloni incassa la sua prima fiducia tra gli applausi degli alleati, il ministro dell’Interno firma una circolare che nei fatti impedisce l’ingresso nei porti delle ong cariche di migranti. La premier elenca tutte le cose che farà “nei prossimi dieci anni”. Non dice però come

E mentre noi seguivamo il discorso del premier per la fiducia discettando quanto fosse “retorico”, “identitario” “di destra” o invece “molto equilibrista” per non scontentare nessuno e altrettanto “inconcludente”, il governo intanto faceva. Eccome se faceva. A metà mattina, quando il premier Giorgia Meloni ancora non aveva iniziato a parlare e quindi ancora senza fiducia, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha firmato una circolare per cui nei fatti vieta l’ingresso nei porti alle navi delle ong. E’ una circolare, una norma “secondaria” ma subito operativa, che non coinvolge altri ministri e meno che mai il premier (che però aveva condiviso) o il governo nella sua interezza. Vale caso per caso. A differenza di un decreto che sarebbe andato a coinvolgere il governo e poi il Parlamento con una norma generale, qui si tratta di agire di volta in volta. Più noioso, senza dubbio. Ma assai più efficace.
Non è finita qua. Nel primo pomeriggio, prima della replica del premier, il governo, sempre per mano del suo ministro dell’Interno, si è cimentato nella repressione di una manifestazione di studenti armati di striscioni con scritto “no al fascismo”. La dinamica è ancora molto incerta, non c’era un particolare allarme su questo evento. E però le immagini sono agghiaccianti: agenti in tenuta antisommossa che manganellano ragazzi senza alcun tipo di protezione. E’ accaduto alla Sapienza dove stavano per arrivare il giornalista (di destra) Daniele Capezzone accompagnato da un deputato di Fratelli d’Italia Fabio Roscani per partecipare ad un convegno di Azione universitaria. Gli studenti dei collettivi di sinistra volevano entrare nella sala “per appendere uno striscione” (dicono loro). “Per impedire il convegno” è la versione della questura. Di sicuro alla Sapienza era già stata mandata la celere (questore voglioso di mostrarsi anche lui efficace) che ha iniziato a manganellare come avessero davanti dei pericolosi terroristi. Se i ragazzi hanno sbagliato, la polizia ha fatto peggio. Tutto ciò detto e premesso, il ministro Matteo Salvini ieri sera lasciando la Camera dopo il voto per la fiducia commentando così la giornata: “Avete visto? Questo governo, come promesso, passa dalle parole ai fatti e farà rispettare regole e confini”.
La circolare
Lunedì il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini aveva convocato il comandante della Guardia costiera, ammiraglio Nicola Carlone per farsi illustrare la situazione nel Canale di Sicilia dove sono presenti due navi, la Ocean Viking e la Humanity One con 326 migranti soccorsi a bordo.
Ieri, martedì, il ministro dell’Interno - che fu capo di gabinetto di Salvini ai tempi del Conte 1 ed è stato fortissimamente voluto al Viminale da Salvini visto che lui aveva la strada sbarrata - ha firmato una direttiva che definisce la condotta delle due imbarcazioni “non in linea con lo spirito delle norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all'immigrazione illegale”. Si valuta quindi di imporre loro il divieto di ingresso nelle acque territoriali. Tutto questo mentre i flussi via mare si stanno intensificando (maggiori partenze , come va va, prima che il governo italiano chiuda di nuovo?) provocando ancora tragedie: i cadaveri di due gemellini di un mese sono stati trovati su un barcone soccorso dalla Guardia costiera al largo di Lampedusa. Mentre due barconi (non ong) con circa 1.300 persone a bordo sono stati segnalati da Alarm Phone in forte difficoltà a est di Sicilia e Malta. “C'è un grido che sale dal Mediterraneo che non dobbiamo dimenticare, un grido che dice: salvami! La pace comincia nel salvare la vita e la speranza” dice il cardinale Zuppi, presidente della Cei, ai politici chi si riempiono la bocca con la parola pace. Il premier meloni sta dicendo in aula che l’Italia sarà a pieno titolo in Europa che è “la nostra casa comune anche per risolvere i problemi”. Sarà però diverso il modo di starci: “Non più col cappello in mano”. Ecco: per essere coerenti dovrebbe subito andare a Bruxelles a battere i pugni per una gestione comune e comunitaria dei flussi migratori. La proposta del premier sui migranti è “applicare la parte 3 della missine navale europea Sofia” (lo schieramento cioè sul limite delle acque territoriali di navi militari europee che bloccano il passaggio imbarcazioni non autorizzate) e un “piano Mattei per l’Africa”, in pratica “l’aiutiamoli a casa loro” di Matteo Renzi. Meloni non ha fatto cenno alla circolare del ministro Piantedosi. E bisogna dire che nessuna delle opposizioni gliene ha chiesto conto.
Impennata di arrivi
Non c’è dubbio che sia in corso una decisa impennata di arrivi: 78mila quest'anno contro i 52mila del 2021, solo nell'ultima settimana sono 3mila. La direttiva di Piantedosi è analoga a quella firmata dal leader leghista nel marzo 2019: si comunica ai vertici di Forze di polizia e Capitaneria di porto che il ministro degli Esteri ha inviato note verbali agli Stati di bandiera delle due navi, Norvegia (Ocean Viking) e Germania(Humanity One), per informarli che la loro condotta “non è in linea con lo spirito delle norme europee e italiane”. Hanno cioè svolto le operazioni di soccorso “in piena autonomia e in modo sistematico senza ricevere indicazioni dall'Autorità statale responsabile di quell'area Sar, Libia e Malta, che è stata informata solo a operazioni avvenute”. Stessa cosa è accaduta per l’Italia. Denunciato e documentato queste violazioni, il ministro dell’Interno potrebbe quindi adottare il divieto di ingresso nelle acque territoriali, sulla base dell'articolo 19 della Convenzione Onu sul diritto del mare. Dice l’articolo 19: “Le navi di tutti gli Stati, costieri o privi di litorale, godono del diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale”. Ma il passaggio è offensivo “fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero”. Il “buon ordine” e la “sicurezza” sono a rischio se la nave in questione è impegnata in alcune attività tra cui “il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero”. Piantedosi aveva annunciato dal suo primo giorno l'intenzione di “governare i flussi” contrastando “lo spontaneismo, sia pur umanitario”.
Le ong: Bugie
Le ong non ci stanno. La tedesca Sos Humanity, che gestisce la Humanity One, fa sapere all’agenzia Ansa di non aver ricevuto al momento “alcuna diretta comunicazione dalle autorità italiane. Come organizzazione di ricerca e soccorso seguiamo la legge internazionale del mare, salvando persone in difficoltà”. Oggi sarà tutto più chiaro. E si vedrà cosa succede se le due navi, che per ora incrociano nel canale di Sicilia, decideranno di sfidare il divieto entrando nelle acque italiane.
Tutti allineati
Sugli incidenti alla Sapienza ha dichiarato mezzo governo e in modo molto allineato. Il neo-ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ha sottolineato che “la polizia ha fatto in modo che una manifestazione autorizzata potesse svolgersi”. Il collettivo di Scienze Politiche ha ribattuto che il presidio era pacifico e “alla richiesta di appendere un semplice striscione in cui ribadivamo l'esistenza di un'università antifascista” che “non ha intenzione di arrendersi a un governo che non ci rappresenta, la polizia ha avuto solo i manganelli come risposta”. Il premier Meloni, aggiornata in tempo reale di quanto stava accadendo, ha avuto anche parole comprensive (provocatorie?) per quei ragazzi. “Avrò sempre simpatia anche per chi manifesterà contro di noi. Io in fondo vengo da lì, dalle manifestazioni, dalle piazze”. Ai giovani Meloni ha detto: “Siate folli, arrabbiati ma soprattutto liberi”. Se però la gara è tra gli striscioni e i manganelli, si fa male a essere “liberi”.
“Ci sono immagini che fanno venire i brividi, quanto abbiamo visto è inaccettabile” ha detto il senatore Francesco Verducci (Pd). “La libertà di parola non è una strada a senso unico. Chi inibisce la manifestazione del pensiero altrui non comunica, prevarica” ha detto il ministro dell'Università e della Ricerca approvando però la prevaricazione dei manganelli. Per il leader leghista e vicepremier, Matteo Salvini “è inaccettabile che in un'università un gruppo di violenti cerchi di censurare chi la pensa diversamente: auspico parole di condanna inequivocabile anche da sinistra per quanto successo a La Sapienza”. I filmati sapranno dire meglio. Su tutti i fronti. Certo che come primo giorno operativo, il ministro dell’Interno ha voluto certamente segnare una svolta.
“Sono Giorgia, l’underdog e vi stupirò”
Ma torniamo al discorso del premier, il primo Presidente del Consiglio donna nella storia della Repubblica, circondata al banco del governo da una massa di uomini in grisaglia grigia - lei in doppio petto blu - che la scrutano e la pesano sillaba dopo sillaba. In 102 minuti di intervento (68 la mattina, 34 nella replica del pomeriggio) Giorgia Meloni ripete più volte “non indietreggeremo, non getteremo la spugna, non tradiremo, abbiamo coraggio, andremo avanti, non disturberemo chi vuole fare”, un lessico molto identitario e apprezzato dai suoi. Ha chiesto la fiducia con la voce roca e un filo di emozione (avrà 235 voti, uno in più del previsto). In quei 102 minuti Meloni ha messo in fila tutto il programma di destra-centro (rivendica il deputato Foti), dalla flat tax alla revisione delle pensioni, dalla modifica del reddito di cittadinanza al controllo dello Stato sugli asset strategici nazionali (ad esempio Ita?), la famiglia e la natalità (“dobbiamo curare il pil demografico”). Il problema dell’energia, ovviamente. Ha detto tutto. Ma non ha indicato alcuna soluzione. L’ultimo comizio di una lunga campagna elettorale. In modo di non scontentare nessuno. A cominciare da Salvini che in serata dava già per fatte tutte le cose elencate. “I soldi per le pensioni saranno presi dalla revisione del reddito di cittadinanza” ha detto il ministro e vicepremier.
Meloni ha spiegato che “si dovrà fare carico di molte difficoltà”, a partire dall'emergenza del caro-energia e che l'Italia è “una nave in tempesta”. Ma ha assicurato di essere alla guida di un “equipaggio capace” che ce la metterà tutta, anche a costo di non “non essere rieletta”, per portare la nave in porto, al sicuro. Stravolgendo ancora una volta i pronostici che l'hanno vista sempre “underdog”, la sfavorita, arrivata però laddove nessuna donna finora era mai arrivata.
Riforme, ad ogni costo
Il suo vuol essere un programma di governo per i prossimi dieci anni. Negli ultimi dieci, ha detto creando qualche imbarazzo negli alleati che in quei governi, in diverse combinazioni, ci sono stati, “l'Italia non è mai cresciuta perché i governi cambiavano ogni due anni”. Ecco perchè “dobbiamo fare le riforme costituzionali: per dare stabilità e agibilità ai governi italiani. Se la faremo tutti insieme - avverte - bene, altrimenti le faremo da soli. Non ci fermeremo. Questo sarà il governo del fare, con un motto: non disturbare chi vuole fare”.
Nei suoi progetti deve diventare “un affare” investire in Italia ed ha elencato i capisaldi della politica economica che sono stati anche gli slogan della campagna elettorale: “Non disturbare chi vuole fare”, “più assumi meno paghi”, la “tregua fiscale”. Il Pnrr da portare avanti ma con i dovuti “aggiustamenti”. La difesa degli asset “strategici”. Tutto in nome di quell'interesse della “nazione” che ripete ben 15 volte in un discorso di 16 pagine. Al pari, più o meno, di “coraggio”, “responsabilità”, l'impegno “totale” con cui l'Italia potrà uscire dalla crisi “più forte e autonoma di prima”. Applausi finali. Tutti contenti. Oggi si replica al Senato.