Spiagge, lidi e laghi: si cambia. Draghi incassa la riforma dopo sedici anni di rinvii
Il Cdm approva all’unanimità ma un minuto dopo Salvini e Forza Italia alzano paletti e distinguo. Per anni hanno promesso alla lobby dei 7 mila balneari che nulla sarebbe cambiato. Così come per il Csm, potremo presto misurare la coerenza del Parlamento. Pd: “Basta col doppiogiochismo”
Altri due anni tranquilli. Poi, da gennaio 2024, sarà la rivoluzione per i 7 mila titolari di concessioni balneari. E per i 30 mila titolari di concessioni demaniale sparse nel Paese. La festa, e per qualcuno lo è stata veramente, è finita. Il via libera, alla fine, arriva all’unanimità, dopo sedici anni di rinvii - è dal 2006 che la direttiva Bolkestein attende di essere applicata - decine e decine di giornate di proteste e blocchi stradale e con gli ultimi mesi che forse sono sembrati quelli più lunghi.
Mario Draghi incassa l'attesa modifica delle concessioni balneari, tassello mancante di quella riforma della concorrenza a cui sono legati i fondi del Pnrr. Come spesso accade però, il voto unanime e la soddisfazione per “l’ottima mediazione trovata” vengono smentiti un minuto dopo la fine del Consiglio dei ministri. Salvini infatti, i cui ministri hanno appunto appena votato all’unanimità, alza subito paletti e distinguo e parla di “un testo migliorato rispetto alla proposta iniziale. Ora siamo già al lavoro per cambiare e migliorare il testo in Parlamento”. Insomma, non fa in tempo ad uscire, che parte subito l’inseguimento di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia che se ne stanno all’opposizione a speculare e provocare (Fdi ha presentato una mozione alla Camera in cui chiede la proroga delle concessioni per 90 anni) su un tema come quello della Bolkestein e della concorrenza che è uno dei pilasti del Pnrr.
Via alla gare pubbliche in difesa del made in Italy
Il cuore del provvedimento, oltre all’emendamento al ddl concorrenza che fissa al primo gennaio 2024 le gare per le concessioni, è il disegno di legge che prevede una delega al Governo per l'adozione, entro sei mesi, di uno o più decreti legislativi per semplificare la disciplina sulle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative. Diciamo subito che i criteri e gli obiettivi della delega sono tali per cui è scongiurato l’arrivo in massa di multinazionali o grandi catene alberghiere ed è invece tutelato il sistema di impese per lo più familiari che compongono il testo dei 7000 concessionari di stabilimenti balneari. Gli obiettivi della delega sono: assicurare un utilizzo più sostenibile del demanio marittimo; favorirne la pubblica fruizione, promuovere un maggiore concorrenza sulle concessioni balneari.
I principi e criteri dei decreti legislativi riguardano: l'adeguato equilibrio tra le aree demaniali in concessione e le aree libere o libere attrezzate; l'affidamento delle concessioni nel rispetto dei principi di imparzialità, parità di trattamento, massima partecipazione, trasparenza e adeguata pubblicità (cioè bandi di gara almeno dodici mesi prima della loro scadenza); favorire la massima partecipazione delle piccole imprese e di enti del terzo settore (associazioni di volontari e religiose che spesso gestiscono ampie fette di lidi); l'adeguato rapporto tra tariffe proposte e qualità del servizio; migliorare l'accessibilità e la fruibilità del demanio anche per i disabili; assicurare il minimo impatto sul paesaggio, sull'ambiente e sull'ecosistema.
Nella scelta del concessionario valgono anche alcuni criteri specifici: esperienza tecnica e professionale già acquisita anche se preclude l'accesso al settore di nuovi operatori; soggetti che, nei cinque anni antecedenti l'avvio della procedura, hanno utilizzato la concessione come prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare; previsione di clausole sociali per promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato dal concessionario uscente; durata della concessione per un periodo non superiore a quanto strettamente necessario per garantire l'ammortamento e l'equa remunerazione degli investimenti autorizzati con divieto espresso di proroghe e rinnovi anche automatici.
"Stucchevole doppiogiochismo"
Si tratta certamente di una rivoluzione per le imprese italiane che da quasi un secolo gestiscono le concessioni per periodo lunghi anche cinquant’anni. Ma va detto che l’intreccio delle norme studiate e valutate a tavolino in decine di riunioni tra governo e associazioni di categorie tra dicembre e gennaio costituisce un vero e proprio scudo per le famiglie e le piccole imprese italiane che gestiscono gli stabilimenti balneari. Spiegava ieri sera un ministro di centrodestra alla fine del Consiglio dei ministri: “La riunione è andata bene, ci siamo giusto presi quei tre quarti d’ora di pausa per leggere il testo finale visto che non l’avevamo ancora letto. L’unica preoccupazione – ha chiosato – mi è sembrata essere quella di non lasciare troppo spazio a Fratelli d’Italia che, senza responsabilità di governo, può speculare e promettere proroghe per altri novant’anni”. Il Pd con l’ex sottosegretario al Mef Misiani parla di “stucchevole doppiogiochismo”. Giorgia Meloni si è infatti subito affrettata a definire il provvedimento “il primo atto di esproprio” per 30mila imprese (il totale titolare di concessioni). In allarme le associazioni di categoria che minacciano barricate “se il testo non verrà modificato in Parlamento”. E sono le stesse associazioni che in questi mesi hanno lavorato ai tavoli tecnici con i ministri Garavaglia e Giorgetti (entrambi Lega) e hanno scritto il testo approvato ieri.
In effetti tutto ciò è molto stucchevole: Giorgia Meloni sa benissimo che chiedere proroghe di 90 anni significa non applicare la Bolkestein, uscire dall’Europa e non prendere i soldi del Pnrr. Salvini e altre forze di maggioranza come Forza Italia e 5 Stelle sanno bene che quello uscito è il testo migliore che ci possa essere nel rispetto della Direttiva.
Dalla parte dei cittadini. E del mercato
Il senso della direttiva Bolkestein può esser riassunto in poche parole: basta con le posizioni di rendita come quelle che si creano grazie ad affitti demaniali con prezzi più che calmierati e per periodi lunghi anche novant’anni. Occorre mettere quei beni all’asta pubblica ed europea. “Libera circolazione di beni e servizi nell’Unione europea” dice la direttiva di Fredrick Bolkestein, l’ex commissario alla Concorrenza che nel 2006 firmò la Direttiva incubo di concessionari e ambulanti.
Il problema è che le concessioni demaniali hanno alimentato in Italia un vero e proprio “mercato” chiuso gestito da anni sempre dalle stesse persone senza alcuno stimolo, in assenza di concorrenza, per migliorare prezzi e servizio. Anzi. Si tratta quindi di mettere finalmente a gara quei beni che sono in natura e quindi di tutti - sabbia, sole e mare - alzando i paletti necessari per tutelare le imprese italiane, per lo più familiari, che negli anni hanno fatto investimenti e salvaguardare i livelli occupazionali.
“Dobbiamo però vedere la questione anche da un altro punto di vista” spiega chi ha lavorato in questi mesi al dossier seguendo i tavoli tecnici con le associazioni di categoria, i ministeri del Turismo e dello Sviluppo economico e il sottosegretario Garofoli. E’ il punto di vista di sessanta milioni di italiani che combattono da anni con prezzi sempre più altri e non si capisce il perché. “A fronte – si spiega - di analoghi servizi resi da Grecia e Spagna a prezzi assai più vantaggiosi con un rapporto qualità/prezzo che col passare del tempo rischia di strangolare il settore turistico proprio in Italia”.
Un lungo percorso poi la svolta
Il via libera di ieri è stato alla fine un mezzo miracolo figlio del cosiddetto “draghismo” a cui si è arrivati con capacità di mediazione e soprattutto molto pragmatismo e altrettanto decisionismo. Dopo quindici anni di rinvii e battaglie, una volta che il Pnrr ha imposto di adeguare il nostro mercato interno alla Bolkestein, Draghi ha tentato di approvare la norma già nell’agosto scorso poi in autunno quando fu licenziato il ddl concorrenza orfano però della norma più indigesta: le concessioni demaniali, appunto. In quell’occasione fu deciso di aspettare il Consiglio di Stato che a fine novembre ha dato un altro schiaffo al governo Conte 1 cioè i giallo-verdi che, in barba alla Bolkestein, avevano prorogato le concessioni dal 2023 al 2033. A quel punto non c’erano più alibi disponibili. Toccava decidere. Già a dicembre il Presidente del consiglio ha incaricato il sottosegretario Garofoli e i ministri Garavaglia e Giorgetti di avviare i tavoli tecnici con le associazioni di categoria. Con cui in pratica è stata scritta la norma. Poi è arrivato Natale e il dossier Quirinale. Archiviato anche questo, Draghi ha chiesto di chiudere perché non c’era più tempo da perdere. E così è andata. Anche perché dal primo marzo sarebbe partita una super sanzione Ue.
“Il miglior compromesso possibile”
Qualcuno, ad esempio Maurizio Gasparri di Forza Italia, ha provato a palpare di “blitz del governo sugli ombrelloni mentre gli italiani vogliono i soldi contro il caro bollette”. I soli tentativi di allungare il brodo e cercare di non decidere. Aspettando magari quella mozione di Fratelli d’Italia rinviata a giovedì che chiede di prorogare le concessioni per altri 90 e il relativo show down in aula. Ma sono tutti tentativi inutili. Non filtrano segnali di tensione ma il Cdm resta sospeso fino alle 15 e 30 quando arriva la convocazione per le 17. Anche la cabina di regia con le Regioni è andata bene. La ministra Mariastella Gelmini riunisce governatori, province e sindaci per illustrare, insieme a Massimo Garavaglia e al sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli, le linee guida dell’intervento. C’è da dire che gli altri ministri restano all’oscuro del testo fino alle 17 e 20 quando inizia la riunione del Consiglio. A questo punto infatti Stefano Patuanelli chiede più tempo per leggere il testo che comunque va bene nel complesso perché le gare sono “formalmente” sbloccate. La ministra di Iv Elena Bonetti chiede di valorizzare l'imprenditoria femminile e di tenere conto delle imprese che certificano la parità di genere. E lo stesso ministro del Turismo chiede alcune integrazioni, anche se già i ministri leghisti hanno ottenuto gran parte delle loro richieste, soprattutto la tutela delle aziende familiari che gestiscono da anni lidi e stabilimenti e di lì percepiscono il loro reddito principali e la "clausola occupazionale". Nei tre quarti d’ora in cui la riunione viene sospesa, La riunione viene quindi sospesa per circa tre quarti d'ora, i partiti tutti possono valutare il testo (in fondo sono due pagine di qualcosa su cui si parla da anni), Garofoli e Garavaglia verificano e aggiustano quello che c’è da aggiustare. Draghi lascia fare ai ministri, poi riprende il Cdm e ottiene il voto favorevole di tutti i presenti.
Il testo, osserva un ministro, è “il miglior compromesso possibile”. Ed è necessario e ineludibile.
Vedremo cosa farà il Parlamento. Così come sulla riforma del Csm, sono già tante e importanti le prove di coerenza e affidabilità che dovrà dare il Parlamento che ha voluto Draghi a palazzo Chigi per governare e portare in fondo il Pnrr.