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Salvini e il necessario compromesso: “Noi al governo convinti ma non voteremo quello che non ci piace”

Dopo un giorno di silenzio, il leader della Lega esce dall’angolo in cui si è cacciato con le “sue mani” e quelle della “Lega di lotta”. Si profila, nel caso, una sorta di libertà di coscienza nel voto sul green pass. Che sarà allargato. Nella speranza così di non dover mai arrivare all’obbligo

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Matteo Salvini (Ansa)
Matteo Salvini (Ansa)

Draghi gli ha dato contro su tutto: ha difeso a spada tratta il ministro Lamorgese dicendo che sta facendo un buon lavoro; ha detto che l’uso del green pass sarà potenziato anche se prima ci sarà la cabina di regia “come chiede Salvini”; ha detto anche che l’obbligo del vaccino non è più tabù che per il leader della Lega è l’ultimo e indisponibile baluardo di resistenza. Anche quella frase, “La Lega ha un capo e quel capo è Salvini” più che un riconoscimento è suonato come un atto dovuto a quelle logiche di partito che il premier aveva per l’appunto relegato fuori dal raggio d’azione del governo che invece va avanti spedito e senza drammi.

“Non rinuncio alle nostre battaglie”

 Il giorno di Draghi, Salvini aveva taciuto dimostrando tutto il fastidio, l’irritazione, quasi l’umiliazione per le parole ascoltate. Solo un comunicato ufficiale e un silenzio spettrale intorno (da parte dei leghisti). Ieri il leader della Lega si è ampiamente rifatto: ha iniziato la mattina con un suo comunicato dal titolo molto esplicito: “Non rinuncio alle nostre battaglie, Pd e M5s si rassegnino”; ha fatto un paio di appuntamenti diplomatici in chiave Afghanistan con l’ambasciatore cinese  Li Junhua  e il viceministro degli esteri di Kabul Mirwais Nab che ha chiesto di aiutare la resistenza nazionale del Panshir e il governo in carica (della serie che Di Maio sta in Tagikistan ma la diplomazia si cura anche senza andare in missione); è stato intervistato da una radio e la sera era ospite della rassegna di idee e dibattuti “Itaca”. In mezzo c’è stata anche la riunione da remoto con i “suoi” governatori. Tutto questo per uscire dall’angolo in cui si era ritrovato dopo la conferenza stampa di Draghi e fissare alcuni semplici punti: la Lega non uscirà mai dal governo, si rassegnino quindi Pd e 5 Stelle; la Lega continuerà le sue battaglie, contro il green pass e il vaccino obbligatorio ma, e questa sembra la grande novità, in una sorta di libertà di coscienza in cui potrebbe venire meno la disciplina di partito ma non certo l’appoggio convinto al governo Draghi. Che poi è quanto è successo in settimana in commissione Affari sociali dove si votava il decreto green pass, appunto: Borghi e altri due deputati leghisti hanno votato contro il provvedimento come del resto ampiamente annunciato anche da loro stessi quando sono andati in piazza e questo non ha certo impedito al provvedimento di passare a maggioranza.

“L’angolo” di Salvini

Ora però, prima di vedere nel dettaglio come Salvini ha organizzato la sua replica, occorre capire se “l’angolo" in cui si ritrova è opera di Draghi e delle sue stesse posizioni. Il corpaccione della Lega infatti sembra non seguire in toto e da un pezzo le prodezze del segretario e capo politico. La rottura si era consumata quando Salvini provocò quella bizzarra e goffa crisi di governo nell’agosto 2019: nessuno sapeva, nessuno capì perché dover rinunciare a ministri e portafogli. Da allora è iniziata per Salvini una lunga traversata che si è ricomposta, in parte, quando ha dato l’ok al governo Draghi promettendo di mettere da parte certe intemperanze di stile e molti argomenti in chiave nazionalista e sovranista. In questi sette mesi Salvini ha osservato con attenzione la sua delegazione di governo - Giorgetti, Garavaglia, Stefani - per capire fino a che punto si stava creando una Lega diversa dalla sua. Ora il punto è proprio questo: al di là delle parole obbligate di Draghi (“La Lega ha un capo solo e io parlo con lui”) non c’è dubbio che ci sia una Lega di governo (guidata da Giorgetti) e una di lotta guidata da Salvini. Tra loro c’è un’azione concordata, una specie di regia che decide fin dove può spingersi uno o l’altro. Però Salvini deve stare attento a non esagerare: il corpaccione del suo elettorato - e basta sentire cosa dicono i suoi governatori, da Zaia a Fedriga passando per Fontana -  quello produttivo e non solo del nord,  ha accettato da tempo che l’unica arma contro la malattia e le chiusure siano vaccino e green pass. Ha accettato anche che il governo usi ogni mezzo per convincere le persone a vaccinarsi e ora vorrebbe sentire parlare e argomentare di riforma del fisco e della concorrenza, di riforma degli appalti e del taglio della burocrazia. Cose concrete, che hanno a che fare col futuro e basta con le speculazioni sul virus. Ma il virus è una delle poche armi facili che restano all’opposizione di Fratelli d’Italia. E Salvini non può mollare del tutto questa porzione di territorio. Da qui “l’angolo” che si è costruito in parte con le sue mani in parte con le dinamiche del consenso da cui ogni tanto Salvini deve uscire in fretta con robusti colpi di reni per non rischiare di restarci dentro. Perché poi ogni volta uscire a testa bassa, quello sì porta via consenso.

“Restiamo al governo”

Il comunicato con cui Salvini esce dall’angolo va letto con questa lente di ingrandimento: buona parte dell’elettorato leghista vuole il governo Draghi, lo vorrebbe il più a lungo possibile e si fida di quello che fa. Per ora, almeno.

Da qui la premessa fondamentale: “Noi siamo al governo, e ci rimarremo, per aiutare gli italiani ad uscire dall'emergenza sociale, sanitaria ed economica, come richiesto dal Presidente Mattarella”.  Non è poi vero che ci occupiamo solo di vaccini e green pass: “Stiamo lavorando - è il secondo punto della lettera del segretario leghista -  per portare avanti tutte le riforme necessarie, dal fisco alla giustizia, dalla pubblica amministrazione alla concorrenza, con l'obiettivo di utilizzare al meglio i fondi europei del PNRR”.

Al terzo punto arriva il necessario compromesso per far convivere le due anime, di lotta e di governo. “Ciò non toglie - scrive Salvini - che, in caso di divergenze su singoli provvedimenti, la Lega confermerà in Parlamento le sue posizioni di sempre, evidentemente diverse da quelle della sinistra su temi come aumento delle tasse, immigrazione, taglio delle pensioni e obbligo vaccinale (che non esiste in nessun Paese europeo)”. Non è proprio una libertà di coscienza ma ci assomiglia. E potrebbe essere una via d’uscita decorosa: in fondo in tema di salute e vaccini occorre sempre il massimo rispetto per chi ha paura e coltiva dubbi. Meno per le posizioni ideologiche figlie di ignoranza e strumentalizzazione politica.

Sul finale del comunicato Salvini cerca di chiarire una volta per tutte: la Lega non esce dal governo e dalla maggioranza, né ora né mai. “La Lega ha scelto di entrare in questo governo di emergenza per responsabilità e amore per l’Italia e ci rimarremo: PD e 5Stelle si mettano l'animo in pace, non li lasceremo certo soli a governare per imporre nuove tasse, Ius Soli, taglio delle pensioni o Ddl Zan”. La prossima battaglia è già indicata: modificare o cancellare il reddito di cittadinanza”. Ormai, dopo la minaccia del referendum (che ieri Renzi ha presentato per davvero), sono più poche le forze politiche che ancora sostengono di non modificare il Reddito.

E quindi, si ricomincia

Chiarite le posizioni, il bombardamento è ricominciato esattamente come prima. Tra interviste e interventi di giornata, Salvini ha attaccato il ministro Lamorgese: “O cambia rotta o è un problema” e “non vedo neppure tutto questo gran lavoro di cui si parla”. Se Letta e Conte “non si trovano bene in questo governo, vadano pure via. La Lega c’è e ci sarà fino alla fine”. Sui vaccini la Lega “rimarrà contro ogni tipo di obbligo” e ripresenterà in aula l’ammendamento per cui lo Stato dovrà risarcire chi subisce danni dal vaccino. “Abbiamo proposto l’emendamento in commissione e ce l'hanno bocciato ma lo riproporremo in Aula: se tu Stato, non dico mi imponi ma fai di tutto per portarmi a vaccinare, io dico bene, ma se ci sono dei danni conseguenti, mi risarcisci tu che mi stai portando a fare questa scelta. Le conseguenze non possono essere sulla pelle dei cittadini la conseguenza”. Il livello di imbarbarimento del dibattito purtroppo è profondo. Il Green pass intanto svolge la sua funzione di convincimento. “Mio figlio - ha detto Salvini - sta andando a fare il vaccino perché altrimenti dovrebbe fare tre tamponi a settimana per la scuola calcio…”. E quindi può darsi anche che alla fine l’obbligo di vaccinarsi non sia più necessario. Che è poi il vero piano del premier Draghi. Non è detto infatti che l’obbligo si concretizzi.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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