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Salis candidata all’Europarlamento. Cosa c’è dietro una scelta necessaria, drammatica e rischiosa

Tre settimane fa, dopo la seconda udienza, è stato chiaro che per l’insegnante italiana non ci sono possibilità di sconti né di detenzione domiciliare. Le intimidatorie parole del portavoce di Orban: “Non è un’eroina, ha commesso reati gravi”. Ma il processo non è neppure iniziato. Gli avvocati non hanno accesso al fascicolo delle prove.  Prima ci ha pensato il Pd. Il governo aveva pregato di lasciar fare. Allora ha preso il testimone l’alleanza Verdi e Sinistra. Il padre: “Non avevano scelta. Non stiamo fuggendo dal processo ma devo mettere in salvo mia figlia”

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Ilaria Salis (Ansa)
Ilaria Salis (Ansa)

Ilaria Salis sarà capolista nel nord-ovest nelle liste dell’Alleanza Verdi e sinistra. E’una candidatura coraggiosa, drammatica e disperata. La prima considerazione da fare è chiedersi come siamo potuti arrivare a questo punto nell’ambito dei confini europei. Eleggere l’insegnante di Monza al Parlamento europeo pare sia l’unico modo sicuro di vedere al sicuro in tempi celeri questa giovane donna accusata di “atti di terrorismo”, cioè l’aggressione di un gruppo di nazifascisti ungheresi che nel febbraio 2023 celebravano a Budapest le giornate dell’orgoglio nazista. Accuse senza riscontri. Violenze neppure denunciate dai presunti aggrediti.

E’ stata una decisione difficile. Per tanti motivi. Dal momento in cui ieri pomeriggio il personale diplomatico dell’ambasciata italiana a Budapest ha fatto richiesta di entrare nel penitenziario per far firmare alla maestra poco più che trentenne i moduli della sua candidatura, Ilaria Salis è diventata tecnicamente ed ufficialmente una persona che cerca di sottrarsi al giudizio dei magistrati ungheresi. Una osservata speciale - e quando sei detenuta in un carcere straniero per quando europeo non è sempre un bene - che nei prossimi 50 giorni sarà bene che la nostra ambasciata non perda di vista neppure un giorno. Se poi per caso, disgraziatamente, Salis non dovesse essere eletta, allora lo scenario diventerebbe assai complicato. Diciamo pure rischioso.

I toni minacciosi del portavoce

Solo due settimane fa Zoltan Kovacs, portavoce del governo ungherese e del presidente Orban, ha accusato Roberto Salis, il padre di Ilaria, di aver trasformato il fatto in un caso politico. Kovacs ha vomitato sui social ogni tipo di accuse. “Ilaria Salis non è un'eroina. Lei e i suoi 'compagni' sono venuti in Ungheria e hanno commesso aggressioni barbare e premeditate contro cittadini ungheresi: questi sono i fatti. Tutto il resto è una mera invenzione politica, e noi difenderemo la reputazione e l’integrità della nostra magistratura, non importa quanto forte la sinistra gridi al lupo”. Il portavoce del governo ha accusato il padre di Ilaria di aver “parlato a tutta la stampa occidentale, comprese alcune testate Usa. È stato anche invitato all’europarlamento e ha lanciato accuse gravi e infondate o ha rilanciato altre accuse infondate che non possono rimanere senza una risposta. È stato lui a trasformare il caso della figlia in una questione politica e ora appare sorpreso che vengano date risposte politiche a queste accuse totalmente infondate”. Un crescendo di suggerimenti che nascondono velate minacce. “Come padre forse farebbe meglio a riflettere su come sua figlia sia rimasta coinvolta in tale vicenda dal momento che la signora in questione è stata coinvolta in vicende simili in passato. E non dimentichiamo che il crimine in questione è estremamente grave e comporta condanne severe nel sistema legale ungherese. Noi respingiamo le accuse politiche che ci sono state rivolte è nostro dovere difendere la reputazione e l’integrità, così come l'indipendenza delle nostre istituzioni, in questo caso la magistratura”. Così ha parlato il portavoce del governo due settimane fa.

L’Ungheria “senza diritti”

Vale qui la pena ricordare che l’Ungheria di Orban è stata prima espulsa del Ppe e poi “punita” dalla Commissione europea per violazione dei trattati e dei principi fondativi dell’Unione. Magistratura, libertà di stampa, diritti civili, migranti: tutto viene sistematicamente messo sotto i piedi nella bellissima Budapest da quando il partito Fidesz (Orban) è al potere. Vale anche qui la pena aggiungere il dettaglio che la maggioranza al governo in Italia, ovvero Giorgia Meloni e poi Matteo Salvini, vantano ottimi rapporti di amicizia con Orban, ne condividono le tesi politiche, dopo il voto europeo Fidesz approderà nei Conservatori europei. Insomma, il caso Salis è scoppiato un anno dopo il suo arresto quando la donna partecipò alla prima udienza e ci arrivò trascinata in ceppi come neppure un animale che va verso il mattatoio. Fino a quel momento il padre Roberto aveva gestito in solitudine e nel dolore questa vicenda contando sul fatto che comunque siamo in Europa e che la diplomazia italiana avrebbe ottenuto migliori condizioni detentive, un processo giusto e veloce e, anche in caso di condanna, l’estradizione. E poi, si dai insomma, “Meloni e Orban sono così amici…”. Da febbraio quando il caso è diventato pubblico, e quindi anche politico, sono certamente migliorate le condizioni detentive di Ilaria ma tutto il resto, a cominciare dal clima intorno al processo, peggiora di giorno in giorno. Il paradosso è che Orban vuol far diventare il caso Salis la prova della totale indipendenza della magistratura nel suo paese. E, magari, usa Ilaria per avere quei famosi venti miliardi destinati all’Ungheria che la Commissione ha bloccato per violazione dei diritti.

La seconda udienza

Tre settimane fa a Budapest c’è stata la seconda udienza e la speranza, tecnicamente molto ben risposta, erano gli arresti domiciliari a Budapest. Il padre Roberto aveva affittato un appartamento in città pur di facilitare la decisione. Che invece è stata respinta nel giro di venti secondi, tanto ha impiegato il giudice a dire “no, non ci sono le condizioni”. Da allora lo sdegno è cresciuto, contro Orban ma anche contro il governo italiano che non avrebbe saputo trattare e garantire una propria cittadina. Molti si aspettavano che la diplomazia potesse ottenere risultati importanti.

Invece nulla. Anzi, sono arrivate le parole minacciose del portavoce di Orban. A quel punto è scattato il piano B che nessuno ha preso alla leggera ma l’unico possibile e necessario: la candidatura.

Le parole del padre

Dopo giorni di indiscrezioni, soprattutto ieri, ieri in serata Roberto Salis ha deciso di scrivere un comunicato. Parole commosse e preoccupate. “Mia figlia Ilaria Salis oggi nel carcere di Budapest Fővárosi Bv. Intézet,Gyorskocsi utca 25/27, ha posto firma autenticata, alla presenza del console italiano in Ungheria, ai moduli per la candidatura alle elezioni europee 2024 nelle file del partito Alleanza Verdi e Sinistra. In questi mesi abbiamo avuto contatti anche con il Pd, per volontà della sua segretaria Elly Schlein, che ringrazio personalmente per la sensibilità e la solidarietà mostrata in tutto questo tempo con me e con la mia famiglia”. E poi le motivazioni: “Ilaria assume questa decisione non come via di fuga dal processo ma per poterlo affrontare nella piena tutela dei suoi diritti. La strada politica decisa è la più coerente con il suo trascorso politico. Ringraziamo tutti per la fiducia che ci è stata data”.

Bonelli e Fratoianni, che hanno deciso di affrontare il rischio di questa candidatura, sottolineano che si tratta di una scelta che punta a “tutelare i diritti e la dignità di una cittadina europea”. L’obiettivo quindi dichiarato è quello di creare intorno al suo nome “una grande e generosa battaglia affinché l’Unione Europea difenda i principi dello Stato di Diritto”. Salis come traino e richiamo magari per quegli elettori stanchi ma che seguono la storia di Ilaria e ne hanno fatto il simbolo dell’Europa democratica e dei diritti. Il collegio nord ovest, che comprende Milano, dovrebbe essere quello più “sicuro” sia per i Verdi che per la Sinistra. Al riparo quindi da sorprese legate al superamento della soglia.

Stop ang go

Ieri è stata una giornata di stop and go. A fine mattinata Il Foglio ha anticipato la notizia della candidatura che girava da giorni ma ciascuno teneva coperta per evitare sorprese ed inciampi. Ilaria ha firmato solo ieri pomeriggio alle 17. Ieri alle 13 Angelo Bonelli, leader dei Verdi, era in tv ospite a L’Aria che tira e s’è trovato il conduttore David Parenzo che gli chiedeva conto di quella notizia. Il povero Bonelli, con la faccia tesissima, ha smentito “categoricamente”. Non poteva fare altro perché ufficializzare la notizia prima della firma voleva dire mettere a rischio la stessa candidatura. Alla fine è andato tutto bene. Ma è chiaro che i prossimi 50 giorni non saranno una passeggiata.

Per me non cambia nulla - ha detto ieri Giorgia Meloni - il governo continua a fare il suo lavoro diplomatico per garantire alla cittadina italiana Ilaria Salis le migliori condizioni”. Anche la premier usa toni non rassicuranti: “IO avevo avvisato che era meglio non metterla sul piano del confronto politico…”. Perché? C’è qualcosa che non sappiamo?   

Tutte le incognite

Ora, la cosa più importante è capire come la corsa alle europee potrà incidere sull'intero dossier. Gyorgy Magyar, avvocato ungherese dell’insegnante Salis, parla di “conseguenze incerte”. In Ungheria “l'immunità parlamentare scatta già dal momento della candidatura, ma non so come sia regolata la materia in Italia”. In caso di elezione, la questione finirebbe, probabilmente, sul tavolo della presidenza del prossimo Parlamento europeo.

La storia all’europarlamento è ricca di casi Salis, da Tortora in avanti, che non riguardano solo l’Italia. Anche in queste elezioni il partito del leader greco Mitsotakis candida Fredi Beleri, il sindaco albanese di origine greca della cittadina di Himara.

Esiste insomma una casistica consolidata. E’da chiarire che l'elezione all'Eurocamera “non garantisce la fine della detenzione”. Secondo le disposizioni attuali un candidato eletto al Parlamento europeo beneficerebbe immediatamente dell'immunità e “ciò implica che se questo candidato fosse detenuto in uno Stato membro, quest'ultimo dovrebbe inviare all'Eurocamera una richiesta di revoca dell’immunità”. Il rischio, insomma, è che si apra un contenzioso tra il Parlamento europeo e l'Ungheria.

In caso di elezione, il cittadino europeo eletto deve poter andare a Strasburgo in Francia già alla prima riunione della nuova assemblea. Cosa deciderà di fare il governo ungherese è un’altra delle scommesse di questa candidatura. 

Aurora D'Agostino è l’avvocatessa dell'associazione dei “Giuristi democratici” che segue il caso insieme al collega Giuseppe Romano. “Se sarà eletta al Parlamento Europeo, Salis lascerà il carcere perché gode dell’immunità” sembra non avere dubbi l’avvocatessa. Il che non significa c il processo verrebbe interrotto o congelato, andrebbe avanti lo stesso fino a sentenza. Ci sono varie incognite. Ad esempio la flagranza di reato esclude l’immunità anche nell’europarlamento. “A Salis - chiarisce subito D’Agostino - non è stata contestata questa circostanza perché non è stata arrestata mentre compiva il reato”. Della serie nessuno s’inventi distinzioni su questo.  Ad esempio la quasi flagranza di reato, che è poi la cosiddetta flagranza differita che recentemente è stata introdotta anche in Italia per la violenza degli stadi. Basta un video per far scattare la flagranza. Nel dossier di Ilaria ce ne sono molti. In nessuno è possibile riconoscerla.  Il problema è che gli atti ungheresi sono difficili da avere e poi vanno tradotti. In quelle pagine può nascondersi ogni diavoleria.

Una scelta necessaria

Tutte variabili attentamente valutate in queste difficili settimane. Non è stata una scelta facile, soprattutto per il padre e la stessa Italia. Alla fine la scelta della candidatura è sembrata l’unica via d’uscita per avere almeno un processo giusto. I tre aggrediti hanno avuto lesioni curabili in cinque giorni e nessuno di loro ha sporto denuncia.

Sulla possibile candidatura di Ilaria Salis era stata per prima la segretaria Dem Elly Schlein a lanciare l’idea della candidatura. Il ministro Tajani aveva suggerito di lasciar perdere proprio per non esasperare il clima. Ma si erano registrate resistenze anche interne ai Dem. Il Pd ha perso un’occasione? Ha messo a tacere la sua parte più sinistra? A quel punto si è fatto avanti Fratoianni. Dopo la seconda udienza a Budapest è stato chiaro che Ilaria da lì non sarebbe ma uscita e che per lei è pronta una condanna esemplare.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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