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Renzi e la disfatta sui social: da grande comunicatore a bersaglio dell’odio del web

Paradossalmente, il Renzi ‘comunicatore’ è stato il peggior nemico del Renzi ‘politico’. L’ex premier è riuscito benissimo nel raccontare la sua idea di Italia e di PD, ma ha fallito l’ascolto

Roberto Zarriellodi Roberto Zarriello   
Matteo Renzi
Matteo Renzi

E’ passato poco più di un anno, ma sembrano lontanissimi i tempi in cui Matteo Renzi era leader incontrastato sui Social. Con i suoi 2.177.652 follower in termini assoluti (al 31 dicembre 2015), l’ex presidente del Consiglio era in vetta alla classifica dei premier europei più seguiti su Twitter. Il dato veniva fuori a metà marzo dello scorso anno dalla ricerca “Prime ‘social’ Ministers. A social media analysis of 6 European Leaders” realizzata da Doing e presentata alla Camera dei Deputati. Renzi vantava anche la crescita maggiore nel 2015 (+659.818 follower), e risultava il leader europeo con più interazioni sulla rete. Anche se lo studio di Doing evidenziava come la sua comunicazione ‘social’ fosse "scarsamente internazionale”. 

Cambia il ‘sentiment’ sui social verso Matteo Renzi

Oggi le cose sono un po’ cambiate e non tanto per il numero di follower che continuano a seguire Matteo Renzi su Twitter (2,86 milioni), ma più che altro per il ‘sentiment negativo’ che si è instaurato attorno alla figura del segretario (in uscita) del PD. “Dimissioni” e “stai sereno” sono le parole legate agli hashtag #Renzi o #direzionepd (oltre 16 milioni di visualizzazioni su quest’ultimo hashtag da parte di più di 8 milioni di utenti unici nell’ultimo incontro al vertice del Partito democratico). 

L’ex premier paga errori di comunicazione 

Paradossalmente, il Renzi ‘comunicatore’ è stato il peggior nemico del Renzi ‘politico’. L’ex premier è riuscito benissimo nel raccontare la sua idea di Italia e di PD, ma ha fallito l’ascolto sia della base del Paese che del partito. Più che alla capacità di storytelling, dunque, avrebbe dovuto puntare ad una ‘comunicazione efficace’ in grado di entrare in empatia con gli elettori e i militanti del Pd, recepire i loro feedback e trovare le giuste risposte alle loro richieste. Tutto questo non è avvenuto e la rottura definitiva è avvenuta con la sconfitta al referendum del 4 dicembre. A proposito, ma chi ha consigliato a Renzi di personalizzare la battaglia referendaria? 

Funzionerà la strategia per ricucire lo strappo interno al PD?

Ora è abbastanza difficile ricucire lo strappo, nonostante il passo indietro sulle elezioni anticipate e sull’apertura verso il Congresso anticipato del Partito democratico. “Il verbo del congresso e delle primarie non è ‘andatevene’, ma ‘venite!’”, scrive Renzi in uno dei suoi ultimi tweet (https://twitter.com/matteorenzi/status/831825963277234177). Ma la politica non è solo strategia e storytelling, è anche ascolto. Quello che è mancato, ad esempio, sulla scuola. Nonostante l’impianto della Legge 107/2015 (quella della Buona Scuola) sia per molti versi rivoluzionario, nonostante sotto il governo Renzi ci siano state oltre 100 mila stabilizzazioni tra i docenti, lo stesso Esecutivo ha incassato il più grande sciopero che si ricordi nella storia dell’istruzione italiana. Ma invece di ascoltare, il premier ha tirato dritto finendo sullo scoglio del referendum e ora rischia di insabbiarsi definitivamente sulle vicende del suo partito. 

L’attacco dei 5Stelle

E intanto Beppe Grillo ci sguazza su trasformando “Occidentali’s Karma”, brano vincitore di Sanremo, in “Democratics Karma”. “Uno spettacolo tutto sommato divertente - scrive Grillo sul blog riferendosi alla battaglia interna al Pd per la guida del partito - in continuità con Sanremo: Renzi è Carlo Conti e Orfini la De Filippi”. 

Roberto Zarriellodi Roberto Zarriello   
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