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Qatargate e sinistra. Il Pd prova a chiudere la stalla, ma i buoi sono scappati

Sospensione per Cozzolino, imbarazzo dem. Almeno Bonaccini e Schlein però hanno preso le distanze da subito.

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Qatargate e sinistra. Il Pd prova a chiudere la stalla, ma i buoi sono scappati
Foto Ansa

Il Pd prova a chiudere la stalla a buoi ampiamente scappati e liberi di scorrazzare, in merito al Qatarargate (e, ormai, anche Maroccogate) con relativo fango gettato sulla sinistra, sul gruppo S&S (i socialisti e democratici europei) e sul Pd. Eppure, i due maggiori candidati alla segreteria, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, sono giorni che, ormai, vanno denunciando la “questione morale” riesplosa a sinistra chiedendo condotte e atteggiamenti esemplari. Lo hanno fatto entrambi, in diverse occasioni, all’unisono, con perfetto tempismo. Ancora ieri Bonaccini vi è tornato su: “Abbiamo bisogno di dire che l'onestà e la sobrietà, il rispetto delle regole alla luce di quello che sta accadendo vergognosamente a Bruxelles tornino al centro dell'azione politica”. La Schlein, che ne ha parlato più volte (“Il Qatargate è uno scandalo enorme, la questione morale è più attuale che mai”), aveva detto parole di fuoco già domenica scorsa, ospite di Fabio Fazio su Rai 3.

Il Pd ‘official’, invece, il solo che può prendere, allo stato, provvedimenti concreti, ci è arrivato solo ieri, a decidere atti ufficiali. Dopo il generico “ci consideriamo parte lesa, pronti a costituirci parte civile in eventuali processi italiani” di giorni fa, ecco, finalmente, una decisione drastica.

Ieri è riunita d'urgenza, su richiesta del segretario Letta, la commissione di garanzia del Pd: ha deciso di sospendere "cautelativamente" Andrea Cozzolino dall'albo degli iscritti e degli elettori dem, nonché da tutti gli organismi del partito di cui dovesse eventualmente far parte. La decisione varrà "fino alla chiusura delle indagini in corso da parte della magistratura" in relazione allo scandalo europeo dei fondi da Qatar e Marocco.

Il presunto ruolo di Antonio Cozzolino e chi è

La vera pietra dello scandalo, e del giro di soldi, Antonio Panzeri, non poteva, ovviamente, essere oggetto del provvedimento: Panzeri, dopo essere stato eletto con il Pd tre volte (2004, 2009, 2014), nel 2017 era passato ad Art. 1 di Speranza, Bersani e D’Alema ed è un ex europarlamentare. Di Art. 1, ad oggi, risulta un semplice militante e il partito di Speranza lo ha già subito sospeso. Cozzolino, invece, parla alla pancia stessa del Pd, anche se ‘solo’ quello di ambiente partenopeo. Segretario della Fgci a fine anni Ottanta, tra i dirigenti della svolta della Bolognina, aderisce al Pds e poi ai Ds, di cui è segretario provinciale dal 1994 al 2000. Consigliere regionale in Campania rieletto due volte (2000 e 2005), sempre con messe di voti, recordman di preferenze alle Europee nel 2009, rieletto a Strasburgo nel 2014 e nel 2019, uomo d’ordine di Antonio Bassolino, era incappato in una brutta storia legata a presunti brogli alle primarie per il sindaco di Napoli tenute nel 2019 e da lui vinte, ma il cui risultato venne prima sospeso e poi annullato dal Pd nazionale per voti sospetti in alcuni quartieri periferici della città: “file di cinesi” destarono il timore di brogli.

Secondo i servizi belgi, Cozzolino (non indagato) insieme a Panzeri e al suo assistente, Giorgi, agiva per soldi sia per ammorbidire le posizioni dell’Europarlamento sul Qatar che sul Marocco. Cozzolino respinge, sdegnato, ogni accusa: “Non ho avuto alcun vantaggio personale e mi batterò per fare piena luce su sospetti infondati” assicura. Il primo provvedimento disciplinare del Pd preso sull’intera vicenda, però, per ora cala su di lui.

In teoria, ci sarebbe un congresso da tenere…

In tutto questo risucchio di scandali, indagini e immagine della sinistra gravemente macchiata, ci sarebbe un congresso da tenere, a metà febbraio, per decidere il prossimo segretario del Pd. I due maggiori candidati macinano chilometri. Bonaccini ieri era a Bergamo, oggi sarà a Roma per la manifestazione indetta dal Pd contro la manovra e domenica in Calabria. A una iniziativa indetta dal sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, che lo supporta e che ha raccolto molti amministratori locali a suo sostegno, dopo il suo ritiro dalla corsa, ha detto di volere “un partito laburista nei fatti, non nel nome”, appoggia la battaglia per il salario minimo e promette che, se vincerà, chiederà il sostegno di Schlein e di De Micheli. E’ partito con un pulmino nero, a sei posti, leggero e agile e annuncia che “rendiconterà ogni spesa fatta”, Bonaccini. Ha nominato tesoriere della campagna l’ex senatore Alan Ferrari che fa così diventare un quartetto i suoi collaboratori più stretti: il deputato Andrea Rossi (organizzatore dei comitati nei territori) il segretario del Pd emiliano, Luigi Tosiani, Davide Baruffi, sottosegretario alla presidenza della Regione.

Elly Schlein, dal canto suo, oggi riparte dalla Sicilia per una delle prime tappe del suo tour (“non c’è riscatto se non si parte dal Su”) e attacca l’autonomia differenziata di Calderoli. Poi incassa testimonial di peso come Alessandro Zan e avverte: “I diritti delle persone Lgbtq+ sono insidiati, ma diritti civili e sociali vanno insieme”. Ultima notizia. Pur se in pieno clima prenatalizio, il 22 dicembre, un gruppo di ulivisti e ‘lingottisti’ della prima ora organizza, al Nazareno, il primo confronto a tre Bonaccini-Schlein-De Micheli. A fare gli onori di casa, ovviamente, ci sarà il segretario uscente, Letta. Non pervenuto il presunto quarto candidato, Gianni Cuperlo, la cui possibile candidatura è spuntata fuori, all’improvviso, l’altro ieri, ma che, come è uscita, così sembra subito già evaporati.

A quale candidato fa più male il Qatargate?

“Il Qatargate rischia di fare più male a Stefano che alla Schlein” sbottano però alcuni fedelissimi del governatore dell’Emilia-Romagna nel pieno del Transatlantico di Montecitorio, “perché – questa la motivazione – non tanto tra gli iscritti al partito ma tra gli elettori potrebbe prevalere la voglia e la tentazione di cambiare tutto: nome, simbolo, identità e, dunque, volto che interpreterà il nuovo corso. Un volto che si può riconoscere più facilmente nella Schlein, percepita come ‘nuova’ che in Stefano, percepito come l’usato sicuro”. Il che è un bel paradosso, a ben vedere. Infatti, il primo candidato alla segreteria che ha condannato, con parole durissime, quanto accade nelle stanze dell’Europarlamento, tra eurodeputati socialisti (molti italiani) e i loro collaboratori, e i loro legami con potenze straniere ambigue e melliflue, sistematici violatori dei diritti umani (Qatar, Marocco, etc.) è stato proprio Bonaccini.

Persino prima di Enrico Letta, il governatore – già tre giorni fa – aveva detto che “la questione morale deve essere in cima alle priorità dei dem” e, soprattutto, “chi pensa e agisce al contrario non può far parte del Pd, in nessuna maniera o ruolo”. Parole durissime e annuncio di future espulsioni. Letta ha parlato, sì, di “scandalo inaccettabile”, ma senza aggiungere molto altro mentre solo generiche fonti del Nazareno dichiaravano di sentirsi “parte lesa” e di essere pronti a costituirsi “parte civile” nel caso si aprissero, anche in Italia, filoni processuali ad hoc. Parole assai generiche, almeno fino a ieri quando è arrivata, come si diceva, la procedura di sospensione a Cozzolino.

Anche Elly Schlein è intervenuta subito sul tema. Ex eurodeputata, vicina (politicamente) ad alcuni degli eurodeputati finiti nell’indagine o comunque citati perché, pur non indagati, vedono in posizioni scomode diversi loro collaboratori, la Schlein ha detto, a sua volta, che “la questione morale va rimessa al centro del nuovo Pd”, ha parlato di “scandalo dalle dimensioni enormi”, di “vicenda gravissima e vergognosa”, della “necessità di regolamentare l’attività delle lobby a Bruxelles”. Nessuna richiesta di espulsione o di sospensione dei suoi ex colleghi, però, fino a ora. Ovviamente, una foto della Schlein con Panzeri, al centro delle accuse, non può fare testo, ma gira, come a voler gettare ombre e discredito su di lei, il che è francamente assurdo e davvero ridicolo. Come pure è normale che la Schlein intrattenesse rapporti, da collega a collega, quando sedeva nell’Europarlamento, con alcuni dei personaggi coinvolti nell’inchiesta. Lei spiega: “li conosco, ma mai mi sarei aspettata di leggere notizie di questo tipo, erano miei colleghi, non avevo elementi per pensare che ci fossero episodi così gravi alle spalle”. Una posizione ineccepibile.

Il milieu della Sinistra-sinistra oggi ‘sporcata’

Il problema è che il milieu culturale e politico dei ‘personaggi’ coinvolti lede l’immagine di quella Sinistra che proprio Schlein vuole rappresentare. Il “club degli amici”, individuato dagli inquirenti, “l’italian job” riguarda una filiera ben precisa, quella che viene, alla lontana, dal Pci e più da vicino, dal Pds-Ds poi diviso in vari rivoli (Pd e Articolo 1) ma che rappresentano, in ogni caso, la sinistra-sinistra, anti-renziana e post-comunista.

Oltre Panzeri (eletto col Pd e poi passato ad Art. 1, dalemiano di ferro), c’è Antonio Cozzolino, ala sinistra del partito, un ‘re’ di preferenze, anche alle primarie, in Campania, presidente della delegazione per le relazioni con i Paesi del Maghreb (allo stato un non indagato), che ha cercato di smussare le accuse al Qatar sui diritti umani con prese di posizione pubbliche. C’è Brando Benifei, capodelegazione al Parlamento Ue per il Pd (citato negli atti, non indagato). E proprio Benifei, col suo movimentismo politico, e il suo fare da chioccia ai giovani di ‘Occupy Pd’ si è distinto, in queste settimane, a sostegno della candidatura della Schlein al congresso. Diverso il caso di un’altra parlamentare, Alessandra Moretti, vicina invece a Bonaccini, di scelta congressuale, criticata per un suo viaggio a Doha, in Qatar, con una ong, per una missione ufficiale. La Moretti annuncia querele rispetto ad “articoli diffamatori in cui il suo nome viene accostato all’inchiesta”, dato che “si è sempre battuta per i diritti umani, delle donne, dei rifugiati e dei lavoratori in Qatar, in linea con la delegazione Pd e il gruppo S&D”. Infine, problema nel problema, per la sinistra, è l’offuscarsi, a livello di reputazione e immagine, del buon nome di Art. 1. Il segretario, Roberto Speranza, cui ora vengono rimproverati anche le attività di mediazione lobbistiche dell’ex premier Massimo D’Alema, semplice iscritto ad Art. 1, dice di essere “inc.ato nero” per quanto emerso, di aver già provveduto a sospendere Panzeri, “che però non aveva incarichi gestionali” e che Articolo 1, “parte lesa” nello scandalo, “vive in modo francescano con le sottoscrizioni dei militanti, proventi del 2xmille”.

Tornando agli effetti del Qatargate sul congresso dem, se è vero che si voterà a metà febbraio, nel congresso dem, e non in queste settimane, quando l’effetto slavina del Qatargate potrebbe essersi chetato, se la palla di neve diventa una slavina, allora tutto è possibile. Anche che la ‘radicale’ e ‘nuovista’ Schlein goda di un effetto benefico dello scandalo, nel voto più largo degli elettori, anche se tutti i suoi principali attori vengono da quella sinistra ex comunista e diessina che la appoggia in modo convinto per “superare il capitalismo”. Compreso, si spera, quello che viene trovato nelle case degli inquisiti in contanti.

 

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
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