Patto di stabilità e crescita, nuova fumata nera. Ma l’Italia sembra meno sola. E la Germania meno rigida
La cena si è conclusa alla 4 del mattino. “Dobbiamo ancora lavorare ma abbiano fatto importanti progressi” dice Gentiloni stamani in apertura dei lavori. Il documento spagnolo condiviso anche da Italia
Appesi tutto il giorno a quel “fiftyone” sibilato con un mezzo ghigno a metà giornata dal commissario economico Paolo Gentiloni, le economie europee hanno dovuto aspettare il cuore della notte per sapere che anche stavolta non se ne fa di nulla. La cena dei 27 ministri economici Ue non è giunta ad un accordo sulle nuove regole fiscali e di bilancio delle 27 diverse economie europee. La fumata nera è stata intravista intorno all’una di notte. La certezza è arrivata alle quattro del mattino. “La presidenza spagnola ha lavorato intensamente, considerando attentamente tutti gli Stati membri, per allineare le posizioni e ha messo sul tavolo un nuovo testo di compromesso” ha spiegato all’agenzia Agi una fonte diplomatica alla fine dei lavori che sono andati avanti dalle 20 alle 4 del mattino. “Abbiamo fatto molti progressi oggi. Si tratta di un negoziato impegnativo e ci stiamo arrivando. Al tavolo c’è la volontà di concludere un accordo, ma c’è ancora del lavoro da fare. Abbiamo bisogno di valutazioni giuridiche e consultazioni sulla nostra proposta, che non abbiamo potuto portare a termine stasera. Oggi siamo andati il più avanti possibile. Continueremo nei prossimi giorni”. Stesura e calibrazione giuridica sarebbero gli ultimi pezzi mancanti. Se così fosse, sarebbe già una buona notizia.
Trattativa che dura da mesi
Quella sul nuovo Patto di stabilità - il vecchio è stato sospeso in aprile 2020 per il Covid - è una trattativa che dura da mesi e che deve inevitabilmente concludersi a fine anno perchè in un modo o nell’altro dal primo gennaio l’euro economia dovrà dire addio all’anarchia figlia del Covid e darsi, appunto, nuove regole. Oppure tornare a quelle vecchie che tutto sommato sembra essere la soluzione più conveniente. Poteva e doveva andare diversamente. Un accordo - il Patto riguarda le regole di bilancio e anche la crescita - andava trovato già mesi fa per dare un segnale chiaro di compattezza e unità. E invece, pur in mezzo a due guerre - in Ucraina e in Medioriente - di fronte a un Putin molto attivo - ieri è volato in Saudi Arabia e da oggi riceverà al Cremlino per due giorni il leader iraniano Raisi - per dimostrare di essere il dominus di una rete di alleanze, riusciamo a discutere all’infinito senza decidere. Non è un bel segnale. Per inciso, l’attacco di Hamas - finanziato dall’Iran - è stato una manna dal cielo per lo zar di Mosca.
“Fifty one”
“Fifty one” è la percentuale di successo che, secondo Gentiloni, la trattativa aveva nel primo pomeriggio. Poi l’Europa Building ha inghiottito ministri economici e i rispettivi staff e delegazioni e alle 19 e 30 è iniziata la tanto attesa cena di lavoro. Di cui non era stata prevista una fine, a testimonianza delle intenzioni della Commissione Ue e della presidenza di turno spagnola: arrivare ad un'intesa sulla nuova governance economica senza pensare a piani B.
Anche per questo era stata prevista una cena assolutamente frugale. Uno spuntino freddo a base di merluzzo, insalata di quinoa con avocado e melograno e mousse al cioccolato come dessert. Pochi brindisi. Il piatto forte era il testo di compromesso a cui lavora da ottobre la presidenza spagnola e la ministra delle Finanze Nadia Calvino che ha fretta di chiudere la trattativa anche per assumere il nuovo incarico alla presidenza della Bei (incarico scippato al nostro ex ministro Franco) con l’investitura sul campo della tecnica pragmatica e problem solver.
Una prima pausa dei lavori c’è stata intorno a mezzanotte. Gli sherpa e le varie delegazioni si sono prese un paio d’ore per nuove limature al testo di compromesso portato dalla Spagna. Nonostante la pausa alle 4 è arrivata la decisione di sospendere. La prima versione ha alla fine scontentato tutti. Non solo l’Italia che tre settimane fa aveva minacciato il veto se la situazione. “L'intesa - confidano fonti che seguono il dossier - non è mai stata vicina e la trattativa è in salita. A prescindere dalle percentuali (su rientri dal debito, ndr) che potrebbero essere ben più basse rispetto a quelle espresse agli arrivi all’Eurogruppo”.
Nessun Paese si è detto apertamente soddisfatto del testo presentato. Quindi il problema non riguarda solo i numeri e le percentuali numeri ma anche l'approccio.
La posizione italiana
Durante la cena il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha ribadito la sua posizione: “Non si può dire che l'Italia non è d'accordo sul nuovo Patto. L'Italia è a favore di un rientro dal debito con un aggiustamento serio e sostenibile. Rigoroso ma sostenibile”. Nella sostanza per il titolare del Mef “le regole fiscali devono essere coerenti con gli obiettivi politici che ci siamo dati nei nostri Paesi e in Europa”.
Nello specifico, invece, nell’ultima bozza viene richiesto un taglio medio minimo del debito pari all'1% annuo per i Paesi con un rapporto debito/Pil superiore al 90% del Pil (0,5% per quelli con debito sopra il 60%) e stabiliscono l'obiettivo di ridurre il deficit all'1,5% come margine di sicurezza. L’Italia rientra abbondamente nel primo gruppo (rapporto debito/pil oscilla tra il 140 e il 142%).
Il ministro francese, Bruno Le Maire, ha chiesto in particolare che, nel caso dei Paesi che si impegnano a realizzare una serie di investimenti e riforme, l'aggiustamento strutturale venga ridotto dallo 0,5% allo 0,3% del Pil, ma il suo omologo tedesco Christian Lindner non vede favorevolmente l’opzione. “I deficit eccessivi (ad esempio l’Italia, ndr) devono avere un trattamento differenziato, serve più ambizione per combattere i deficit eccessivi” ha detto al suo arrivo alla riunione, riconoscendo il punto di divergenza con il collega francese nonostante Parigi e Berlino siano d'accordo sul 90% del testo. Ma è l’ultimo miglio che, come è noto, fa la differenza.
Il problema è anche l’isolamento dell’Italia nonostante la buona volontà e la chiarezza con cui si è sempre mosso Giorgetti. Di sicuro non aiutano iniziative politiche come quella assunta domenica scorsa da Salvini quando ha riunito a Firenze i leader dei partiti sovrasti ed euroscettici che odiano l’Europa e nello specifico questa Commissione.
Divisi sul reale significato di flessibilità
Gli Stati membri restano divisi sull'indicatore con cui verrà misurato l'aggiustamento del deficit: attualmente si prende il deficit strutturale, ma l'Italia (tra gli altri) chiede che venga utilizzato il deficit strutturale primario, che esclude il pagamento degli interessi sul debito.
L’Italia ha chiesto anche di scomputare dal debito le spese per investimenti che l’Europa stessa impone e ritiene indifferibili, ad esempio Difesa e transizione green e digitale. Su questo punto pare siano stati fatti passi avanti durante la notte. “Stiamo lavorando, abbiamo fatto progressi - ha detto Le Maire questa mattina alla ripresa del tavolo - è interesse di tutti arrivare a regole coerenti e che riconoscano l’importanza degli investimenti”.
La verità, detta in estrema sintesi, è che piano piano tutti i ministri si sono resi conto di quello che Giorgetti ha ripetuto anche l’altro giorno in audizione in Commissione Bilancio alla Camera. “Le nuove regole ipotizzate non sono più flessibili, dire che lo sono è un falso perchè semplicemente nessuno lo può sapere essendo che la valutazione sarà fatta di volta in volta”.
Giorgetti era seduto al tavolo tra il rappresentante della Grecia e quella del governo lettone. Simbolicamente in bilico tra frugali e sovranisti. In mezzo il Mes la cui non approvazione da parte del Parlamento italiano continua ad essere una pesante zavorra anche nella trattativa sul nuovo Patto di Stabilità .
Tante partite e tanti dossier sullo stesso tavolo
C’è anche un altro modo per leggere lo stallo su questo importante dossier: la Ue non può registrare un fallimento così clamoroso ad una manciata di mesi dal voto. “O troviamo un'intesa stasera o non la troveremo domattina” diceva ieri la portavoce della ministra Calvino. Al tempo stesso, proprio perchè siamo a ridosso della campagna elettorale, ci sono anche ben altri dossier o anche solo messaggi ai propri elettori sul tavolo del Patto di stabilità e crescita.
Per Roma, ad esempio, un Patto di stabilità ritenuto soddisfacente potrebbe fare da apripista ad una ratifica del Mes che a Bruxelles attendono da anni. E che la maggioranza potrebbe alla fine concedere con una forte condizionalità: per attivare il fondo salva-Stati serva un nuovo voto del Parlamento.
Il falco Christian Lindner, ad esempio, non può permettersi passi falsi visto che è alla guida di un partito, Fdp, da mesi in costante calo nei sondaggi. La finlandese Rikka Purra, celebre per le sue posizioni anti-Ue, sovraniste e perfino razziste, è arrivata a Bruxelles con il sorriso prudente di un ministro di un Paese ad alto rischio infrazione.“Chiediamo regole oggettive ma realistiche, non sono così ottimista” ha detto prima della cena. Il macroniano Bruno Le Maire ha messo sul tavolo la linea rossa degli investimenti, vitali per una Francia iper-indebitata (in questo c’è la saldatura Roma-Parigi). Il suo messaggio è chiaro: sulle regole non si può concedere tutto alla Germania. Tra l’altro, Lindner ha i suoi guai dopo la sentenza della Corte tedesca che ha bocciato gli ingenti prestiti decisi nell’ultimo anno.
Insomma, ognuno tira dalla sua parte. Ha la sua partita politica da giocare. La Spagna, come detto, non può e non vuole fallire.
L’ottimismo di Gentiloni
I lavori sono ripresi stamani intorno alle 9. Sul tavolo - hanno spiegato fonti diplomatiche - “c’è un compromesso preparato da Francia, Germania, Italia e presidenza spagnola. Gli Stati si impegnano a esaminarlo in modo costruttivo”. I negoziati si sono concentrati principalmente “sugli aggiustamenti minimi chiesti quando uno Stato membro è in procedura per disavanzo eccessivo e sulla loro modulazione in base a investimenti e a riforme”. La strada sembra ancora lunga. Ma Gentiloni stamani all’apertura di Ecofin è sembrato ottimista:“Penso che abbiamo avuto una discussione positiva, con progressi sostanziali. Lo sforzo era di trovare il giusto equilibrio tra crescita e stabilità. Ovviamente con le salvaguardie e la necessità di trovare spazio per gli investimenti e la crescita. Credo che abbiamo fatto molti progressi ma la missione non è ancora compiuta”.