Nella calza della Befana troviamo meno inflazione ma qualche tassa in più. A cominciare dall’Iva
I dati Istat sono positivi su inflazione, potere d’acquisto delle famiglie e tassazione (-0,2%). Fratelli d’Italia esulta. Peccato però che l’Istat sia la foto del passato. Dal primo gennaio partano una serie di aumenti. Aumenta l’Iva su gas, latte e igiene femminile

La calza della Befana porta carbone bianco e carbone nero, buone e cattive notizie. Quelle buone arrivano dall’Istat che ieri ha fotografato l’andamento del terzo trimestre del 2023 (luglio, agosto e settembre) per quello che riguarda reddito delle famiglie, potere d’acquisto e tassazione e il mese di dicembre per quello l’andamento dei prezzi al consumo. Da questa fotografia arrivano tante piccole buone notizie che sono state salutate dai gruppi di maggioranza con una serie di dichiarazioni a pioggia a dir poco esaltanti circa la capacità del governo, l’effetto positivo delle scelte fatte “alla faccia dei soliti gufi delle opposizioni che hanno sempre detto il contrario”. Il primo ad esultare è stato il ministro Urso che ha rivendicato il “suo” carrello tricolore contro il caro spesa. Vedremo meglio come sono andate nel dettaglio e in realtà le cose.
Quelle cattive arrivano dal presente e dal futuro. In base alla legge di bilancio e a decisioni varie, nel nostro paniere quotidiano dal primo gennaio sono scattati almeno nove microtasse in più e una serie di aumenti. Ad esempio i pedaggi delle autostrade. Vedremo poi, nei prossimi bollettini Istat, come saranno calcolati e in quale prospettiva.
Le buone notizie
Cominciamo dall’Istat che ieri ha prodotto un corposo report. Nel terzo trimestre del 2023 (Conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche) il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dell'1,8% rispetto al trimestre precedente e i consumi sono cresciuti dell'1,2%. La propensione al risparmio delle famiglie è stimata al 6,9%, in aumento di 0,6 punti rispetto al trimestre precedente e il potere d'acquisto delle famiglie consumatrici è cresciuto rispetto al trimestre precedente dell'1,3% a fronte di un aumento dei prezzi dello 0,5%. La pressione fiscale è stata pari al 41,2%, in riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. “Nel terzo trimestre del 2023 il quadro di finanza pubblica mostra un indebitamento in miglioramento e una pressione fiscale in diminuzione rispetto al terzo trimestre dell'anno precedente” si legga nella scheda di sintesi dell’Istituto che nota anche come “il potere d'acquisto delle famiglie, dopo la brusca caduta del quarto trimestre 2022, prosegua nella ripresa. Tale ripresa, iniziata nel primo trimestre 2023, era stata interrotta dalla lieve flessione del trimestre successivo; la stessa dinamica si osserva per la propensione al risparmio, che tuttavia rimane molto al di sotto dei livelli pre-Covid”. Significa che le famiglie continuano a risparmiano qualcosa ma molto meno.
Inflazione, luci e ombre
Un altro dato interessante fornito dall’Istat riguarda le società non finanziarie: la quota profitto è stimata al 42,5% ed è diminuita di 0,7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Cala anche il loro tasso di investimento (22,2%) diminuito di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Sui prezzi al consumo, l’Istat ha fornito i dati preliminari del mese di dicembre. “Prosegue a dicembre - si legge nella scheda tecnica di commento -, la fase di flessione dell'inflazione, scesa a 0,6% dall'11,6% del dicembre 2022. Nella media 2023 i prezzi al consumo risultano accresciuti del 5,7% rispetto all'anno precedente, in netto rallentamento dall'8,1% del 2022. Tale andamento risente principalmente del venir meno delle tensioni sui prezzi dei Beni energetici (+1,2%, dal +50,9% del 2022). I prezzi nel comparto alimentare evidenziano invece un'accelerazione della crescita media annua (+9,8%, da +8,8% del 2022), nonostante l'attenuazione della loro dinamica tendenziale, evidenziata nella seconda metà dell'anno. Nel 2023, la crescita dei prezzi al netto delle componenti volatili (inflazione di fondo) è pari a 5,1% (da +3,8% del 2022). Sulla base delle stime preliminari, il trascinamento dell'inflazione al 2024 è pari a +0,1%”.
La maggioranza in festa. Ma…
Di fronte a questi dati c’è stato, appunto, l’alleluia di molti parlamentari di governo e di maggioranza. A cominciare dal sottosegretario Trancassini e dal ministro Urso che ha rivendicato l’efficacia del carrello tricolore, ovverosia le politiche a prezzi abbassati adottate da alcune catene alimentari da ottobre a dicembre. Ci hanno pensato però le associazioni dei consumatori a riportare i dichiaranti con i piedi a terra. L’aumento del potere d’acquisto delle famiglie “è merito del taglio del cuneo” dice Massimo Dona dell’Unione nazionale dei consumatori. Taglio introdotto da Draghi, confermato dal governo che però non lo ha resto strutturale (costo 11 miliardi ogni anno). Codacons precisa che il rialzo di prezzi e tariffe "è costato in media 1.796 euro a famiglia, una maxi-stangata da complessivi 46,3 miliardi di euro in un solo anno”. Comunque, per non farsi strane idee, il presidente Carlo Rienzi aggiunge che “il rallentamento dell'inflazione nell'ultimo periodo dell’anno è da attribuire unicamente all'andamento al ribasso dei beni energetici, mentre per i beni primari come gli alimentari la crescita dei prezzi rimane sostenuta. Le misure di contrasto adottate dal governo, dal paniere salva-spesa ai cartelloni sui prezzi medi della benzina, non hanno avuto gli effetti sperati, e speriamo che nel 2024 si introducano provvedimenti davvero efficaci per contrastare speculazioni e rincari e tutelare le tasche dei cittadini”. Sulla stessa linea Assoutenti: “L’emergenza prezzi in Italia è tutt’altro che superata e il 2023 sul fronte dei beni alimentari è stato devastante”. Quindi occhio a mettere in giro messaggi trionfalistici perché la speculazione è sempre in agguato.
Passiamo così al presente. E agli aumenti a raffica che si porta dietro l’anno nuovo. Alcuni decisi con la legge di bilancio. Altri no ma, come vedremo, neppure compensati da politiche di governo.
La raffica di aumenti
Dal primo gennaio aumentano Iva e tasse su una lunga serie di beni e servizi. In questo modo il governo conta di racimolare quei 2/3 miliardi necessari per far quadrare i conti della legge di bilancio appena approvata. Aumenti che il governo è convinto di compensare-assorbire grazie ad una crescita generalizzata. Che però, purtroppo, non viene confermata dalla previsioni dei grandi istituti.
Cominciamo dal gas. A fine del 2021, con l’impazzimento dei prezzi del gas a colpi di speculazione, il governo Draghi decise di portare l’Iva al 5% invece che al 22%. Posto che la guerra a Gaza e in Medioriente non ha comportato effetti sui prezzi dell’energia, il governo ha deciso di tornare al 22%. Un aumento che potrebbe annullare i benefici della diminuzione della materia prima. Un aumento a cui andranno sommati gli effetti ancora sconosciuti della fine del mercato tutelato e dell’arrivo del libero mercato.
Dal primo gennaio aumenta l’Iva anche su latte, alimenti per bambini e pannolini. E’ passata dal 5 al 10% mentre quella sui seggiolini per le auto salirà al 22 per cento. Discorso analogo vale per i prodotti per l’igiene intima femminile, come gli assorbenti, che vedranno salire l’Iva dal 5 per cento al 10 per cento. Lo Stato conta di incassare circa 160 milioni di euro da questa voce. Così si legge nella relazione tecnica della legge di bilancio. Domanda: non era possibile rivedere la spese corrente (le spese per i ministeri, ad esempio, dove sono state invece assunte centinaia di persone?
Aumentano anche pedaggi e sigarette
Aumenta anche il prezzo delle sigarette, dai 3 ai 10 centesimi. Compresi i pacchetti di tabacco trinciato e i liquidi utilizzati per le sigarette elettroniche. Su queste voci, lo Stato conta di incassare nel 2024 200 milioni di euro.
Crescono le imposte sugli “affitti brevi” (meno di trenta giorni) ”, ossia quelli che durano meno di 30 giorni. L’aliquota della cedolare secca (dalla seconda casa data in affitto) aumenta dal 21 al 26%. In questo caso il beneficio pare minimo (17 milioni nel 2025; 9 milioni nel 2026) perché si è voluta escludere la prima casa data in affitto. Aumentano le imposte per la case vedute dopo essere state ristrutturate con Superbonus: fino al 26 per cento sulla plusvalenza generata grazie alla vendita. Non c’è al momento una stima su quanto potrà generare questa misura. Sempre nel campo dei bonus edilizi, un’altra tassa arriva dai cosiddetti “bonifici parlanti”. La legge di bilancio prevede un aumento indiretto del prelievo fiscale che riguarda, appunto, i bonus edilizi. Per accedere a questi bonus, infatti, bisogna utilizzare metodi specifici di pagamento come i cosiddetti “bonifici parlanti”. A oggi su questi bonifici le banche o le Poste trattengono una percentuale pari all’8 per cento come acconto per l’imposta sui redditi. Con la nuova legge di Bilancio questa percentuale salirà all’11 per cento, portando circa 500 milioni di euro in più nel 2024. Più tasse anche per chi ha una casa all’estero. L’aumento previsto passa dallo 0,76 del valore dell’immobile all’1,06. Nel 2025 lo Stato dovrebbe incassare circa 75 milioni da questa nuova microtassa. Che raddoppia (dal 2 al 4 per mille) anche per chi ha conti correnti, libretti al risparmio e attività finanziarie all’estero.