Meloni ammette: “Sarà un autunno impegnativo”. Incontra Blair. Mentre Lega e Fi litigano
La campagna elettorale per le Europee s’intreccia con i dossier interni. Tajani dice: “Mai con Le Pen e l’ultradestra tedesca di Afd”. E aggiunge: “Mi fanno schifo le classi speciali per disabili”. Salvini minaccia: “Guai veti”. E tace sui disabili
I suoi vicepremier si mandano ultimatum e mettono veti una volta al giorno. Lei torna dall’Albania, quattro giorni nella residenza protetta del presidente Edy Rama con famiglia, compagno, bambina, sorella e cognato, tanto di motoscafo a disposizione e dove, probabilmente ha avuto anche un incontro con Tony Blair. Che non è certo Marine Le Pen, nè l‘amico Abascal leader di Vox o qualche pezzo grosso di Afd, l’ultra destra tedesca. Per dire che Giorgia Meloni parla in un modo o si comporta in un altro, con altre priorità e idee. Soprattutto rispetto alla sua leadership.
In cerca di una terza via con Tony Blair?
Giorgia Meloni è tornata ieri dall’Albania dove era andata domenica sera con famiglia e sorella. I rapporti di amicizia con Edi Rama sono ottimi da tempo. I due si sono fatti vedere insieme solo nella piazza di Valona per un caffè. Per il resto massima privacy a Dhermi, in una delle tenute presidenziali nel sud della costa albanese. La riservatezza - che la premier si è lamentata di non essere riuscita ad avere in Puglia - è stata rotta solo a Ferragosto dai fotografi che hanno intercettato il motoscafo dove Meloni era a bordo con compagno, figlia, sorella e ministro compagno della sorella. Al di là dei complimenti ed apprezzamenti tra i due leader e tra i due paesi, il vero punto di interesse della trasferta albanese è se Giorgia Meloni si è confrontata con l’ex premier britannico Tony Blair arrivato, anche lui con signora, a Valona il 13 agosto e legato al governo Rama da un rapporto di consulenza. Secondo i media albanesi ci sarebbe stata non solo una breve vacanza condivisa ma anche una cena ufficiale. Oltre che uno dei politici più stimati ancora in circolazione (Blair ha solo 70 anni), l’ex premier britannico (1997-2007), leader dei labour, è stato interprete di un modo nuovo di essere di sinistra. La cosiddetta “terza via” di Blair, o il blairismo tra neoliberalismo e socialdemocrazia, ha consistito nel portare nel patrimonio della sinistra un’impostazione economica molto moderata, rispetto alla sinistra radicale, a suo modo liberista. Un po’ quello che è stato Matteo Renzi in Italia. Una contaminazione che poi è stata rifiutata dalla sinistra radicale. Oggi Blair è un consulente politico. E c’è da capire se anche con Meloni l’orizzonte suggerito sia stato quello di una “terza via” che parte da destra e punta al centro. Lo vedremo presto visto che le sfide che attendono il Presidente del Consiglio sono soprattutto sociali ed economiche. E visto che nel suo programma ci sono anche molte riforme.
“Autunno impegnativo”
Tornata nel resort pugliese di Ceglie Messapica dove dovrebbe restare fino alla metà della prossima settimana, la premier è stata intercettata dal Quotidiano di Puglia con cui ha voluto in qualche modo “saldare” il debito per la fuga in Albania. Ha lodato questa “regione straordinaria”, una “perla italiana nella quale cultura e storia si fondono alle bellezze della natura, tra ulivi secolari e spiagge mozzafiato”, con “eccellenze enogastronomiche che raccontano una tradizione culinaria a cui non si può che cedere, con buona pace della dieta”. E comunque le ferie stanno finendo e i dossier sono già tutti sul tavolo. “Anche quest'anno - ha aggiunto Meloni - ho scelto di passare qui, con la mia famiglia, qualche giorno di agosto per ricaricare le energie in vista di un autunno che sarà molto impegnativo e importante per l'Italia. Ma tornerò presto: è infatti proprio la Puglia la sede scelta dal governo per il G7 2024”. Dunque non “autunno caldo” come amano dire i sindacati che hanno già cerchiato in rosso la data del 7 ottobre per un grande sciopero nazionale. E però “impegnativo” rende già di per sé l’idea di come saranno le cose. Sul doppio fronte interno - oltre alle opposizioni, i problemi sono anche nella maggioranza - e su quello internazionale. Dalla manovra alla seconda parte della riforma della giustizia, dal rebus della ratifica del Mes alla trattativa per il nuovo Patto di stabilità in Ue, dall’autonomia differenziata all’immigrazione, dal Pnrr alla ricostruzione post alluvione passando per la lotta all’inflazione e al caro prezzi, fronte su cui più il governo annuncia strette e provvedimenti e più i prezzi aumentano. A inizio settembre è atteso il decreto sicurezza con una stretta sulle espulsioni dei migranti irregolari. Il 6 riparte l’esame in commissione della proposta di legge con la riforma Nordio sulla giustizia che contiene la cancellazione dell’abuso d’ufficio. Ma la priorità per Palazzo Chigi e il Mef sarà mettere assieme le risorse per la manovra. Per evitare che l'autunno, già sulla carta impegnativo, non diventi anche caldo.
L’intreccio fatale
Tutte partite che già adesso si intrecciano con la lunga campagna verso le elezioni europee di giugno 2024. Un voto con cui Meloni punta a conquistare Strasburgo e Bruxelles grazie all’alleanza Conservatori (di cui è Presidente)-Popolari che taglia fuori i socialisti. Una grosse koalition destra-centro che andrebbe a rafforzare anche la sua leadership interna. Sulla pelle però di uno dei suoi due alleati. FdI, Lega e Forza Italia appartengono infatti a famiglie europee diverse, con strategie diverse. Almeno per ora. Il Ppe, di cui fa parte Forza Italia, ha fatto capire a Meloni: ok l’asse con i Conservatori ma sia chiaro che non vogliamo avere nulla a che fare con gli estremisti alla Le Pen e Afd e ancora meno Vox. Peccato che Vox sia amico personale di Meloni. E Le Pen e Afd facciano parte di quella famiglia europea (Identità e libertà) in cui milita la Lega di Salvini. Il quale ha avvisato: guai a chi mette veti, su chiunque, e mani libere nelle Europee. Meloni alla vigilia di Ferragosto ha rinviato il discorso: “Non ho l'autorevolezza per mettere veti su nessuno. E in ogni caso è un tema che non mi pongo oggi”. Consapevole che anche solo l’ombra del veto a Le Pen manderebbe all’aria l’alleanza politica che guida il Paese e proprio mentre inizia la stagione più difficile: quella della legge di bilancio, senza soldi ma con molte ambizioni.
Duello Tajani-Salvini
Se lo pongono invece Tajani e Salvini che hanno iniziato il duello elettorale. Con puntate quotidiane. Il segretario di Forza Italia afferma e rivendica di essere leader di una forza moderata, di centro e dice “vade retro” agli estremisti come Le Pen o l’ultra destra tedesca di Alternative fur Deutschland. “Mai con Le Pen e Afd - ha ripetuto con vigore mercoledì pomeriggio al Caffè della Versiliana - perchè a noi moderati dire che bisogna mettere un bambino disabile in una classe speciale con bambini disabili, ecco a noi questa roba fa schifo”. E però Tajani nel dire questo smentisce se stesso. Perchè Afd c’è l’ha in casa. O meglio, nel “condominio” della maggioranza politica che governa l’Italia. Il suo omologo vicepremier Salvini infatti rivendica l’alleanza con la destra estrema francese e tedesca e avvisa ogni giorno: “Guai a chi mette veti”. Matteo Salvini invece vorrebbe chiarire fin da ora chi sta con chi. Per evitare la saldatura a cui Meloni, zitta zitta ma neppure tanto, lavora da mesi. Un busillis micidiale che il leader della Lega ha individuato perfettamente e non intende mollare per non restare a sua volta zoppo e schiacciato nell’estremismo delle destra europea. Così, non solo non prende le distanze dalle classi speciali ipotizzate dai cari amici di Afd, ma ieri, appena si è diffusa la notizia che lo stallo spagnolo potrebbe risolversi con un nuovo governo Sanchez grazie ad un patto di desistenza tra i socialisti del Psoe e il partito indipendentista catalano (Junts) di Puigdemont che ha eletto la socialista Francina Armengol come presidente del congresso tagliando fuori i Popolari e Vox, Salvini ha mandato un pizzino ai suoi alleati: “Avete visto cosa succede in Europa quando nel centrodestra si mettono veti e ci si divide? Vince la sinistra nonostante abbiano meno voti”.
Un triangolo zoppo
La domanda quindi è fino a che punto Tajani può reggere i diktat di Salvini e viceversa. Fino a che punto, cioè, Forza Italia è disposta a snaturare la natura moderata e popolare del partito fondato da Berlusconi che il Cavaliere, finchè è stato in vita, ha tenuto ancorata alla grande famiglia politica del Ppe vantandosi del fatto che solo grazie a Forza Italia le destre italiane avevano avuto cittadinanza in Europa. La partita è complessa. Perchè in gioco c’è l’anima dei rispettivi partiti. E’ chiaro, per come si sono messe le cose, che alla fine non ci saranno prigionieri: uno dei due è destinato a tradire la propria storia. E che il triangolo della destra che governa l’Italia sia destinato a restare zoppo.