Mattarella elogia “il valore sociale delle imprese”. E avvisa il governo: “Mai cavalcare cinicamente le paure”
Il Capo dello Stato rompe un altro tabù e tiene un importante discorso all’assemblea nazionale di Confindustria, l’ultima del presidente uscente Carlo Bonomi. Istruzioni al governo per la manovra e per il prossimo decreto sicurezza sull’immigrazione

L’arbitro ha “fischiato” di nuovo. Lo sta facendo spesso nell’ultimo periodo. Più del solito in questo secondo settennato. “Non cedere alle paure” - ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella - o, peggio ancora, alla “tentazione cinica di cavalcarle”. Davanti a lui, nell’auditorium del Parco della Musica prestato a Confindustria per la sua assemblea annuale ma anche l’ultima del presidente uscente Carlo Bonomi, era schierato il 90 per cento del governo. A cominciare dalla premier Giorgia Meloni. Governo che ha appena varato il decreto Caivano contro la delinquenza minorile che prevede il carcere come quasi unica ricetta al degrado e alla devianza dei più giovani. Governo che sta per varare un altro decreto, questa volta sull’immigrazione con Matteo Salvini (assente così come Giorgetti, entrambi con impegni istituzionali) che ogni giorno incendia e provoca e dice “dobbiamo tornare ai miei decreti, quelli che hanno chiuso i porti, l’unica ricetta che ha funzionato”. Governo alle prese con una legge di bilancio per cui non sa dove trovare le risorse. E che ha varato, per l’appunto, un altro decreto per prendere soldi alle banche che sembra dare più problemi che risorse. Un governo in panne, a rischio testa coda, in piena campagna elettorale per le Europee (con ben otto mesi di anticipo) che Sergio Mattarella ha voluto guardare negli occhi ed avvisare. In fondo il potere di bloccare una legge è tra le prerogative del Capo dello Stato. Sempre che la riforma costituzionale che il governo si appresta a varare non preveda stravolgimenti anche in questo.
Faccia a faccia con l’impresa
Ma prima di tutto il Presidente Mattarella ha voluto incontrare l’impresa e l’industria del Paese, struttura portate del Paese “al centro però di un sistema di valori che non è solo econonomico”. Non era mai successo che un Presidente della Repubblica andasse e parlasse all’assemblea di Confindustria. E’ stata una prima assoluta. Nel passato il capo dello Stato aveva talvolta assicurato la propria presenza in platea, come accadde a Napolitano nel 2011 accolto con un lungo applauso dall'allora presidente Emma Marcegaglia. Spesso, invece, i presidenti della Repubblica hanno inviato un loro messaggio, letto in avvio dei lavori. Così fecero Scalfaro, Ciampi. Tradizionalmente, dopo l'intervento del proprio presidente, era previsto quello dell'interlocutore istituzionale per eccellenza, il ministro dell’Industria e, poi, dello Sviluppo economico. Negli ultimi decenni in genere ha parlato il Presidente del Consiglio. Berlusconi, ad esempio, lo ha fatto sempre. Ieri ha parlato Mattarella. Una prima volta assoluta. E chissà cosa avrebbe voluto dire Giorgia Meloni seduta lì davanti ma privata del suo discorso.
Il Presidente economista
Dopo giorni di allarmi su tenuta economica e gestione dei migranti e con l'accendersi del dibattito sul rapporto tra Italia ed Europa, le parole del capo dello Stato hanno indicato, come sempre, una rotta ben precisa: “Se c'è qualcosa che una democrazia non può permettersi è di ispirare i propri comportamenti, quelli delle autorità, quelli dei cittadini, a sentimenti puramente congiunturali”. Mattarella ha citato Luigi Einaudi quando scriveva: “È necessario che gli italiani non credano di dover la salvezza a nessun altro fuorché se stessi”. Oggi - ha aggiunto - “lo diremmo a noi stessi e agli altri popoli coi quali abbiamo deciso di raccoglierci nell’Unione Europea”. Un binomio, quello Italia-Ue che il presidente è tornato a sottolineare più volte con forza nel suo intervento, prima di affrontare altri temi d’estrema attualità come la sicurezza sui luoghi di lavoro e i salari bassi. “Qual è un principio fondamentale della democrazia? - si è interrogato il Capo dello Stato -. Evitare la concentrazione del potere, a garanzia della libertà di tutti. Vale per le istituzioni (messaggio in bottiglia alla premier che sta svuotando i ministeri per portare tutto a palazzo Chigi? ndr). Vale per le imprese”. Quindi, menzionando l'articolo 41 della Costituzione sull'iniziativa economica privata “libera”, ha messo in guardia dal “protezionismo” che è “tipico delle esperienze autoritarie” e dal “dirigismo economico”. Anche qui, strizzate di gomito in platea: si riferisce agli extraprofitti? Per Mattarella poi, “vanno rifiutate spinte di ingiustificate egemonie delle istituzioni nella gestione delle regole o, all’opposto, di pseudo-assolutismo imprenditoriale, magari veicolato dai nuovi giganti degli "Over the top" che si pretendono, spesso, al di sopra delle leggi”. Musica per le orecchie di Meloni che ha sul tavolo proprio una misura straordinaria per favorire il gettito fiscale delle grandi aziende del web.
Democrazia e lavoro
Sicurezza, salari troppo bassi, qualità del lavoro, tutti concetti e questioni che devono interpellare chi fa impresa. “La democrazia si incarna nei mille luoghi di lavoro e studio. Nel lavoro e nella riflessione dei corpi sociali intermedi della Repubblica. Nel riconoscimento dei diritti sociali – ha sottolineato il Capo dello Stato – Nella libertà d’intraprendere dei cittadini. Prima di ogni altro fattore, a muovere il progresso è, infatti, il capitale sociale di cui un Paese dispone. Un capitale che non possiamo impoverire”. E questa “è una responsabilità che interpella anche il mondo delle imprese: troppi giovani cercano lavoro all’estero a causa della povertà delle offerte retributive disponibili”. Un'economia in salute “contribuisce al bene del sistema democratico e della libertà, alla coesione della nostra comunità”. Insomma, l'industria contribuisce a rafforzare la Repubblica ma, ha avvertito, “non è il capitalismo di rapina quello a cui guarda la Costituzione”, il principio “non è quello della concentrazione delle ricchezze ma della loro diffusione”. Anche perché il rischio derivante dalla crescita delle disuguaglianze “è la tirannide come interpretata nel '700 dall'Abate Galiani”. Storia, citazioni, modelli. Chissà se Mattarella mentre diceva questo aveva in mente la lettera che una sorta di lega internazionale dei miliardari (tra cui solo due italiani) hanno fatto recapitare al G20 in cui hanno chiesto di poter redistribuire ricchezza. Di poter pagare tasse in più. Di poter dare a chi ha meno. Perchè l’eccesso di disuguaglianze alla lunga danneggia tutti.
I salari bassi
I salari bassi sono stati un capitolo a sè nel discorso di Mattarella: “Troppi giovani cercano lavoro all'estero, per la povertà delle offerte retributive disponibili e questa una responsabilità che interpella anche il mondo delle imprese”.
Il presidente ha fatto riferimento a diversi articoli della Carta (sei in tutto, tra cui “il 37 sulla donna lavoratrice”) ma si è concentrato sul tema della “sicurezza sul lavoro che interpella, prima di ogni altra cosa, la coscienza di ciascuno”. Indipendentemente dall'ovvio rispetto delle norme, “sarebbero incomprensibili imprese che, contro il loro interesse, non si curassero della salute dei propri dipendenti” e di “eventuali danni provocati all’ambiente”, evidenzia. “Fuor di logica se pensassero di non dover rispondere ad alcuna autorità o all'opinione pubblica, in merito a eventuali conseguenze di proprie azioni”.
Gli applausi più lunghi
Mattarella ha strappato lunghi applausi. Nonostante qualche severo ammonimento tra molti ringraziamenti e il riconoscimento che gli imprenditori sono “attori sociali essenziali alla nostra società”. L’applausometro dice che sarebbe stata battuta la Scala. Chissà. Di sicuro la standing ovation si è ripetuta quando il Caso dello Stato ha ricordato come, durante la pandemia, “gli imprenditori insieme con altre categorie hanno evitato che l'Italia si fermasse”.
Li ha voluti ringraziare di persona perchè “avete fatto nelle vostre fabbriche centri vaccinali in supporto a quelli pubblici”. Un passaggio è stato dedicato alla resilienza, di cui lo Stato non deve però abusare, delle imprese agricole e non solo della Romagna colpita dall’alluvione e ancora in attesa di una risposta. La chiusa dell’intervento è una carezza e, per chi ha cuore, una grossa responsabilità. “Abbiamo fiducia nel nostro Paese e nel suo futuro - ha concluso il Capo dello Stato - e sapere di avere il mondo dell'impresa impegnato, con convinzione e con capacità, per il progresso dell'Italia, è motivo di conforto”. E’ il riconoscimento pubblico e solenne, mai scontato, del valore sociale delle imprese. Soprattutto in un mondo come quello di oggi in veloce trasformazione.