La Manovra c’è ma mancano il testo e i numeri. Si cercano ancora almeno 5 miliardi di coperture

Di fronte ad una spesa di 35 miliardi, ce ne sono al momento circa 30. Bruxelles preoccupata “per il grande debito italiano”, è in attesa di leggere il testo. Meloni stizzita e nervosa in conferenza stampa attacca i giornalisti che vogliono fare domande. “Non vi ho mai visto così coraggiosi”. Il Pd in piazza il 17 dicembre

La premier Giorgia Meloni durante la conferenza stampa di presentazione della Manovra (Ansa)
La premier Giorgia Meloni durante la conferenza stampa di presentazione della Manovra (Ansa)

Tutti ne parlano, ne spiegano “la visione e il coraggio”, le priorità - “crescita e giustizia sociale” - e quindi gli obiettivi: aiutare le famiglie, diminuire le disuguaglianze, stare al fianco delle imprese contro il caro energia. E però fino a ieri sera almeno della prima manovra del governo Meloni non erano disponibili né una bozza né i numeri delle coperture. I ministri hanno potuto vedere e leggere alcune tabelle durante la riunione in notturna del Consiglio dei ministri. Ma pare che neppure loro, cioè i diretti interessati, abbiano potuto tenere tra le mani il volume della legge di bilancio. Se è una tattica che risponde all’esigenza di far girare il meno possibile il testo fino all’invio a Bruxelles, legittimo ma alla perché approvare in una riunione notturna (dalle 21.15 di lunedì 21 all’una e 22 minuti di martedì 22 novembre) e fare una conferenza stampa all’indomani mattina senza dire neppure da dove vengono i soldi che serviranno per la manovra. Conferenza stampa durante la quale una stizzita e innervosita Giorgia Meloni ha accusato i giornalisti che chiedevano legittimamente di fare domande di essere con lei “assertivi come non mai”: “Magari foste stati così coraggiosi in passato”. Sono intervenuti Stampa parlamentare e Fnsi. Mai più succeda una cosa del genere: i giornalisti hanno il diritto e il dovere di fare domande; il governo ha il dovere di rispondere. Morale della favola, siamo usciti dalla conferenza stampa - dove premier e ministri hanno parlato per oltre un’ora e alle domande sono stati lasciati 15 minuti poi diventati 25 - senza sapere ad esempio quali sono le coperture per la legge di bilancio 2023.

Mancano all’appello 5 miliardi

E’ una manovra da 35 miliardi in cui, come ha detto Meloni, si è fatto “ciò che è giusto fare” considerate le risorse limitate. Dunque nelle colonna delle uscite ci sono 35 miliardi. In quella delle entrate i numeri sono incerti e pochi. Di certo ci sono i 21 miliardi in deficit per finanziare le misure contro il caro-energia e i 4,1 miliardi accantonati per il 2023 dal decreto Aiuti quater. Altri 2,5 miliardi arriveranno dalla nuova formulazione della tassa sugli extra-profitti dell'energia che andrà a colpire l'utile delle imprese, e non più il fatturato Iva, con un'aliquota al 35% anziché al 25%. Un ulteriore miliardo circa viene indicato dal Ministero dell'economia dalle “rivalutazioni delle partecipazioni” mentre 743 milioni sono il risparmio nel 2023 dal taglio delle prestazioni del reddito di cittadinanza. Previsti anche 138 milioni di maggiore gettito dai tabacchi, oltre agli 800 milioni di risparmi di spesa dei ministeri previsti dal Pnrr. Il ministro Giorgetti ha annunciato un “taglio della spesa previdenziale” senza specificare la cifra dei risparmi che deriverebbero dalle misure tra le quali una più bassa rivalutazione delle pensioni di importo elevato. Dalla tregua fiscale (azzeramento cartelle sotto i mille euro; rateizzazione e sconto per quelle fino a 5 mila ma anche qui è ancora tutto molto incerto) sono attese ulteriori risorse che però al momento non sono state quantificate.
La legge di bilancio deve indicare coperture certe e reali. Altrimenti Bruxelles non approva. E già ieri la Commissione s’è fatta sentire denunciando “timore e preoccupazione” per i paesi con un debito alto. In cima alla lista c’è l’Italia. Giorgia Meloni ha però dimostrato, in questo primo mese di governo, di voler essere molto attenta al giudizio di Bruxelles e delle cancellerie. Una istituzionalizzazione - al di là del grave incidente diplomatico con la Francia - e un approccio che sono certamente una buona notizia per tutti. Forse meno per il suo elettorato, diciamo così, più nativo. Come che sia entro poche ore devono saltare fuori i circa 5 miliardi che mancano all’appello. A naso, le uniche voci utili sono un ulteriore taglio ai bonus edilizi (oltre al 110% che scende al 90% su cui Giorgetti non retrocede di un millimetro) e la previsione di un condono fiscale per i patrimoni che rientrano dall’estero. Da questa voce è stimato un incasso per lo Stato di 2-3 miliardi. Al momento pare non esserci. Ma tutti ne parlano. Basta aspettare il decreto fiscale che come sempre sarà allegato alla legge di bilancio. Dove ci potrebbero essere anche altre sorprese.

Le uscite, numero per numero

Tutto chiaro invece sulla colonna delle uscite. Il capitolo caro-energia è quello che assorbe più risorse. Coprire per 3 mesi il rinnovo dei crediti di imposta alle imprese, rafforzati sia per le energivore che per le altre aziende, costerà 9 miliardi di euro. A questa somma c'è da aggiungere l'ampliamento della platea del bonus sociale (fino a 15 mila di Isee; cuba altri 9 miliardi), l'azzeramento degli oneri di sistema sull'elettricità e sul gas e il taglio dell'Iva al 5% sul gas. In tutto si tratta di 21 miliardi di euro destinati solo al caro-bollette.
La seconda voce più consistente è il taglio del cuneo fiscale, a cui sono destinati, ha spiegato Giorgia Meloni, 4,2 miliardi di euro. Per il capitolo “famiglia”, comprensivo del potenziamento dell'assegno unico e del congedo parentale, sono stanziati 1,5 miliardi di euro. Alla sanità sono destinati 1,9 miliardi e 3 miliardi ai Comuni comprensivi della voce trasporti. Per le pensioni (Quota 103, Opzione donna, Ape social e bonus Maroni, cioè il 10% in più a chi resta al lavoro oltre l’età della pensione) serve un miliardo mentre il rinnovo del Fondo di garanzia per le Pmi costa 1 miliardo di euro. Il rinvio di plastic e sugar tax comporta coperture per 600 milioni di euro, mentre la Carta acquisti per i nuclei a basso reddito (distribuita dai Comuni e sostitutiva del taglio dell’Iva per pane e pasta) prevede uno stanziamento di 500 milioni di euro.

Ma la maggioranza è già in pressing

La riunione notturna del Consiglio dei ministri è filata via liscia. “Di fronte ad una Manovra che concede poco alle piccole questioni io non ho visto egoismi” ha sottolineato la premier. Ci sono stati però molti nodi da sciogliere. E che in maggior parte sono stati rinviati al dibattito parlamentare. Nella riunione a palazzo Chigi durata tre ore sia il ministro dell'Economia Giorgetti che il vice Leo hanno illustrato le misure. Hanno parlato della “carta risparmio” (erogata dai comuni per i redditi sotto i 15 mila euro) pensata in sostituzione dell’eliminazione dell'Iva sui beni di prima necessità. E hanno indugiato molto sul taglio del reddito di cittadinanza, la misura che sta facendo più discutere e che porterà in piazza il Pd (17 dicembre) e anche il Movimento 5 Stelle (al momento sono due piazze diverse). Il taglio dopo le 8 mensilità previste nell’arco del 2023 riguarderà 404mila nuclei, alle altre 635mila famiglie non accadrà nulla. Poi dal 2024 tutto sarà sostituito da una nuova norma di sostegno per i poveri e una nuova norma per le politiche attive sul lavoro. “Nel nostro programma c’era l’abolizione del Reddito di cittadinanza - ha detto Meloni - che non vuole dire lasciare senza sostegno i poveri. Ci hanno votato per questo e noi lo facciamo”. Dal 2024. L'accordo tra i partiti era stato siglato nel vertice di governo precedente al Cdm. In Parlamento si aprirà la discussione. Meloni auspica il “contributo delle opposizioni se non è pregiudiziale”.

Il dossier pensioni

Tra i principali dossier anche quello delle pensioni (non è contento Berlusconi che pure ha ottenuto una rivalutazione delle minime da 535 a 600 euro) e della riduzione dello sconto sui carburanti (da 35 centesimi a 15) che potrebbe innescare la protesta degli autotrasportatori. In queste ore ci sono le varie riunioni delle forze politiche di maggioranza. Quelle di opposizione aspettano il testo scritto. “Prima o poi deve arrivare, inutile parlare prima tanto tra il dire e lo scrivere cambia tutto” dicevano ieri due ex ministri dem tra le Commissioni e il Transatlantico. Stamani alle 12 Salvini vedrà i parlamentari della Lega. “E' un ottimo inizio” ha detto ieri il vicepremier in conferenza stampa. Ma il partito di via Bellerio dovrebbe chiedere al governo maggiore coraggio sulla rottamazione delle cartelle e anche sul tema dell'uscita dal lavoro. Chiederà maggiore “coraggio” anche Berlusconi sempre aggiornato dal vicepremier Tajani sull’andamento dei lavori al Mef. Il Cavaliere ha apprezzato l'impianto della Manovra e i segnali di apertura su alcune battaglie del partito azzurro. Anche Forza Italia vuole però uno scatto in più sulle pensioni minime, maggiore incisività sulla decontribuzione dei giovani under 36 che vengono assunti, l’ accelerazione sul processo di sburocratizzazione. Berlusconi è preoccupato anche per la stretta al reddito di cittadinanza, più volte in passato ha difeso la misura pur chiedendo modifiche sulle politiche attive sul lavoro. Tra i forzisti preoccupa una possibile erosione del consenso. Forza Italia potrebbe chiedere un incontro al ministro Giorgetti per sbloccare i crediti del superbonus nel dl aiuti quater. Ma il titolare del Mef non sente da questo orecchio. “Sapete che continuo a ripetere il termine prudente - ha detto ieri - però la prudenza qualche vola implica il coraggio politico. In tanti invocavano sforamenti di qua, sfondamenti di là, si aspettavano che facessimo un po' di follie, mi dispiace non aver assecondato questo tipo di aspettative”.
Una rivendicazione in linea con quella della premier che ha sottolineato come il governo, pur tenendo i conti in ordine (la Manovra è come il bilancio familiare perché “quando mancano le risorse non sei lì a preoccuparti per il consenso ma su cosa sia giusto fare”), ha cominciato ad attuare il programma di centrodestra.

Opzione donna o opzione mamma?

Pur non essendoci ancora un testo scritto, spuntano qua e là bandierine identitarie. Opzione donna, uno scivolo pensionistico per le donne, sarà rivista introducendo un bonus mamme. Chi ha due o più figli può andare in pensione a 58 anni; chi ha un figlio a 59; chi non ha figli rigorosamente dai 60 in avanti. Il Pd ha subito alzato le barricate: “E’ opzione donna e non opzione mamma”. Una discriminazione in linea che l’idea della donna che deve avere come priorità la maternità. L’altra bandierina identitarie è la stretta contro gli “apri e chiudi”, stranieri titolari di partita Iva che aprono attività, le chiudono prima dei pagamenti di Iva e altre imposte, spariscono e poi rispuntano con altri nomi facendo lo stesso giochino. D’ora in poi la Prefettura valuterà a chi ritirare in via preventiva la partita Iva. E’ un vecchio cavallo di battaglia della Lega sempre respinto e che ora potrebbe trovare la strada dell’approvazione.
La manovra non sarà blindata. Meloni ha aperto a possibili modifiche: “Credo nel lavoro del Parlamento, ascolteremo le proposte della maggioranza e dell'opposizione e poi faremo le nostre valutazioni”. In attesa di leggere un testo compiuto. E di valutarne le coperture.