[Il punto] Manovra del Popolo bocciata su scuola e futuro dei giovani. Ecco perché
Scuola e università sono i grandi assenti della Legge di Bilancio. E questo nonostante i dati internazionali descrivano una situazione drammatica per il Paese
La prima manovra finanziaria varata dal governo del Cambiamento di innovativo ha poco o niente. In estrema sintesi si può affermare, senza timore di smentita, che sotto nuova veste ha riproposto lo stesso schema di gioco usato per anni dai governi della Prima Repubblica: privilegiare i pensionati a scapito dei giovani e alimentare l’assistenzialismo. In fin dei conti, il modo più semplice per creare consenso elettorale.
Questione giovanile: un ritardo inquietante
Ma spesso e volentieri la cura del consenso elettorale non combacia con quella dei mali del Paese che sono noti da tempo: mancanza di crescita economica e problema giovanile. Su questi due fronti la Legge di Bilancio contiene poco o niente, e quel poco è addirittura dannoso o penalizzante. La questione più macroscopica è probabilmente quella giovanile. I dati Ocse (che raggruppano i paesi più avanzati del mondo) descrivono un quadro cupo. Nel 2017 solo il 27% dei giovani italiani con una età compresa tra i 25 e i 34 anni era in possesso di una laurea contro la media Ocse del 44%. Il numero dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non lavora, non studia e non cerca una occupazione (i cosiddetti Neet ovvero not in education, employment or training) raggiunge il 25% che sale al 30% restringendo la forbice a 20-24 anni. La media Ocse è del 16%.
La protesta dei sindacati della scuola
Di questi argomenti non c’è traccia nella politica del governo gialloverde e di conseguenza nel dibattito pubblico. In Manovra scuola e università sono stare totalmente trascurate e in fretta e furia l’esecutivo ha dovuto addirittura smentire il varo di tagli consistenti. Il giudizio dei sindacati di categoria è stato molto negativo. Hanno denunciato penalizzazioni e la mancanza di investimenti aggiuntivi ed hanno già annunciato di essere pronti alla mobilitazione per chiedere una svolta nelle politiche scolastiche.
Il silenzio sull'università
Il grande buco nero è l’università. Non esiste al momento nessun dibattito politico sulla qualità della formazione erogata e sull’incapacità dei percorsi universitari di rispondere alle esigenze di un mondo del lavoro in continua evoluzione. I dati Ocse parlano chiaro: i nostri laureati fanno più fatica a trovare un impiego rispetto a quelli degli altri paesi avanzati. Perché questo grande silenzio? L’unica spiegazione plausibile è che annunciare (per l’ennesima volta) il taglio degli stipendi dei parlamentari da una stazione sciistica porta più voti che non promettere una dura battaglia contro i baroni che da decenni controllano e asfissiano le università italiane. D’altronde, cosa importa ai giovani di potersi laureare con profitto se possono contare sul reddito di cittadinanza?