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L’ostruzionismo della maggioranza (a se stessa) pur di non votare il Mes. Ma così rischia la legge di bilancio

E’ la minaccia delle opposizioni: “State facendo ostruzionismo ad un decreto del governo pur di far slittare ad anno nuovo il voto sul Mes”. Un’altra giornata molto difficile in Parlamento. La Manovra è ferma in Commissione al Senato. La maggioranza continua a presentare emendamenti (e non doveva farlo). Intanto Meloni “capopopolo” sventola in aula carte riservate dell’allora ministro Di Maio. E grida al complotto. La difficile missione a Bruxelles

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
L’ostruzionismo della maggioranza (a se stessa) pur di non votare il Mes. Ma così rischia la legge di bilancio
Foto Ansa

Prima allude ad una intervista ad un premier straniero che “siccome parlava troppo bene di me, non è stata pubblicata da un quotidiano”. La faccia è tirata, lo sguardo dritto sull’emiciclo ma Giorgia Meloni non dirà il nome del premier censurato nè quello del giornale che avrebbe operato la censura. Poi sventola un foglio con i timbri consolari e del Mae, ministero Affari esteri: risale al 2019, c’è la firma di Luigi Di Maio allora ministro degli Esteri e quello di un ambasciatore - in questo caso ne legge nome e cognome - che ha l’incarico di notificare a Bruxelles l’intenzione di governo e parlamento italiano di ratificare la modifica del Mes. Il fondo salva-stati, infatti esiste dal 2010, è nato per creare una riserva di sicurezza qualora mai si dovesse verificare una crisi, politica ma anche naturale è sanitaria. Allora era in carica l’ultimo governo Berlusconi, Fitto, Meloni, Mantovano, erano già nella squadra. Quello di cui si parla oggi, da tre-quattro anni, è la ratifica di una modifica. E quel foglio significa poco o nulla. Ma tant’è: è il colpo di teatro a favore di telecamere ciò che conta. Non si è mai visto un Presidente del Consiglio sventolare nelle aule del Parlamento un documento si presume con qualche riservatezza per colpire una parte dello stesso Parlamento anche se avversaria. Anzi sì, si è visto di recente: quando gli onorevoli Donzelli e Del Mastro, entrambi fedelissimi della premier, hanno rivelato documenti secretati del Dap per usarli contro il Pd.  Si vede che è un’abitudine della casa. Ma c’è un’asticella di etica comportamentale sotto la quale non si può e non si deve andare.

Saltata l’asticella del buon senso

E insomma, anche ieri la “Giorgia 3”, la capopopolo comiziante, alla fine ha messo la testa avanti e oscurato la “Giorgia 1”, la presidente del Consiglio di un paese fondatore della Ue, seria, posata, istituzionale. Tutta colpa di “Giorgia 2”, la premier tesa, nervosa e preoccupata per una maggioranza rissosa che sta bloccando la legge di bilancio che a sedici giorni dalla fine dell’anno è ancora in attesa di sub emendamenti in prima lettura in Commissione Bilancio al Senato. La “Giorgia 2” è anche la premier che ieri pomeriggio è arrivata a Bruxelles per affrontare un Consiglio europeo molto complicato tra politica estera e dossier di politica economica-finanziaria, una matassa peggiore del cubo di Rubik che ingloba le nuove regole europee del Patto di stabilità e crescita e i criteri per l’assegnazione dei fondi del bilancio e, sullo sfondo, il famoso “pacchetto” che mette insieme Mes, unione bancaria e armonizzazione fiscale europea.

Basterebbe già questo piccolo ma intenso elenco per capire il nervosismo di Giorgia Meloni e perché “Giorgia 1”, “Giorgia 2” e “Giorgia 3” non sia un gioco ma la complicatissima dimensione politica-esistenziale della premier che è a Bruxelles ma deve tenere occhi e orecchie a Roma, sul Parlamento, sui suoi stessi gruppi parlamentari.

Il secondo tempo delle Comunicazioni

L’incidente è dietro l’angolo nonostante anche ieri nel secondo tempo - al Senato - delle comunicazioni della premier in vista del Consiglio europeo, la presidente abbia rivendicato le meravigliose performances dell’economia italiana tra crescita (“i migliori in Europa”), occupazione (“al 62%, dati Istat, mai così alta”) e promozione delle agenzie di rating. “Ma se l’Italia cresce e gode di grande prestigio come dice lei – le ha ricordato in aula il senatore Matteo Renzi  – non si capisce perché la legge di bilancio sia una manovra di austerity e perché, a proposito di prestigio, quando c’era da nominare il presidente della Banca europea degli investimenti siamo arrivati terzi su tre. Per tacere di Expo, anche lì terzi su tre, dopo la Corea. Alle Olimpiadi quando si arriva terzi si prende la medaglia di bronzo. Qui tocca avere la faccia di bronzo. Fossi in lei mi farei due domandine sul reale peso diplomatico del nostro Paese”. Che sarebbe il jolly che Meloni cala sempre sul tavolo: il peso del proprio standing internazionale. 

La legge di bilancio è ferma. Da che doveva essere approvata “presto, entro metà dicembre” (sic Meloni) non è ancora chiaro quando arriverà in aula al Senato per la prima lettura. Era prevista il 18. “Ma a questo punto, per come si sta comportando la maggioranza, potremmo slittare ulteriormente” avvisa Beatrice Lorenzin (Pd), l’ex ministro della Sanità che gira per il Senato con i tomi della Manovra segnati pagina dopo pagina. Premier e vicepremier erano stati tassativi: la maggioranza non presenterà emendamenti.

Emendamenti “col favore delle tenebre”

Il governo ne ha presentati quattro. “Uno – prosegue Lorenzin - ha ulteriormente pasticciato la norma sulle pensioni. Non va bene neppure questa versione e se ne renderanno conto”. I sindacati, medici e infermieri hanno infatti confermato l’astensione dal lavoro (il 18). Un altro emendamento ho tolto 50 milioni dal Fondo migranti e minori per darlo a forze dell’ordine e della difesa per aumenti e indennità mettendo contro due mondi - sicurezza e immigrazioni - che una certa propaganda di destra insiste nel sovrapporre. Un altro ancora ha tolto due miliardi e mezzo dal Fondo europeo di coesione per le regioni del sud per darlo al Ponte sullo Stretto sotto forma della partecipazione alle spese delle regioni. “Stanno facendo un pericoloso gioco delle tre carte, a Bruxelles– ha aggiunto Lorenzin –qualcuno potrebbe sollevare obiezioni su come stiamo destinando i soldi dei Fondi coesione”. Tutto per fare un favore a Matteo Salvini. Il colmo è stata la paginata e mezzo di nuovi emendamenti che i tre relatori, uno per ogni forza della coalizione, ha presentato nella notte tra martedì e mercoledì.  “Per l’appunto - ha accusato la senatrice Malpezzi (Pd) col favore delle tenebre”.  Negli emendamenti dei relatori c’è di tutto: dalle colonnine di emergenza collegate alle forze di polizia al recupero di un immobile a Poggio Reale a Trapani all’asilo nido a Montereale Valcellina, delizioso comune in provincia di Pordenone di 297 abitanti. E poi i guard rail per la protezione delle moto e altre cose curiose ma certo non urgenti. Marchette, si potrebbe dire, tranne il fondo per l’Alzheimer (35 milioni) scippato al Pd, nel senso che lo aveva presentato Lorenzin ma se lo è preso la maggioranza.

Superbonus nel Mille Proroghe?

“Il bello è che la somma di questi emendamenti ha un costo pari a 123 milioni mentre il totale a disposizione del Parlamento è cento milioni” denunciava ieri Stefano Patuanelli, capogruppo M5s. Di questi cento, 60 andrebbero a soddisfare le richieste della maggioranza e 40 per le opposizioni. Difficile scommettere su questa ripartizione. La maggioranza è riuscita per ora a mettere da parte le tensioni sul superbonus edilizio. L’ha spuntata il ministro Giorgetti ma il senatore relatore Guido Liris (Fdi) ha rilanciato: “Ce la faremo nel Mille proroghe”. A giudicare dalla faccia sorridente di Barelli, capogruppo di Forza Italia alla Camera e primo sponsor della proroga, la soluzione è stata trovata. Con quali soldi, però, non è chiaro.

Oggi alle 15 scade il tempo per i subemendamenti alla Bilancio. Ma il clima non è buono e sembra difficile far approdare il testo in aula visto che la Commissione Bilancio deve almeno esprimersi sugli emendamenti della maggioranza e sui 2600 delle opposizioni. “Se la Manovra arriva da noi alla Camera blindata il 27 dicembre, giuro che il 31 dicembre alle 12 gliela rimandiamo al Senato, tanto un errore tecnico ci sarà per forza. Non possiamo farci umiliare in questo modo” è la promessa di un senior Pd.

La minaccia dell’esercizio provvisorio

Perché oltre alle questioni di merito dei provvedimenti e di certi comportamenti, il Parlamento, dal Senato alla Camera e ritorno, è attraversato da una pericolosa questione di metodo: l’insofferenza per il totale azzeramento delle funzioni parlamentari. “Altro che riforma costituzionale con elezione diretta del premier, qui siamo già alla dittatura del premier”  il commento più gentile arrivato ieri al governo dai banche dell’opposizione. Il colmo è andato in scena ieri sera alla Camera: la maggioranza ha fatto ostruzionismo sugli ordini del giorno del decreto Anticipi (arrivato alla Camera lunedì, passaggio formale in Commissione e subito in aula con la fiducia e così va con ogni decreto) per prendere tempo e far slittare, senza rinviarlo, il voto sul Mes. “Smetta di fare melina, votiamo il Mes, fate esprimere il Parlamento, qual è il problema?” l’invito retorico di Renzi – e non solo - a Meloni. Eh già, qual è il problema? Di sicuro Giorgia Meloni non può trattare a Bruxelles su Bilancio e Patto di stabilità mentre il Parlamento affossa il Mes con maggioranze per giunta variabili. L’ordine di palazzo Chigi è stato chiaro: “Il Mes non deve arrivare in aula questa settimana, fate in modo che non ci arrivi”. E così è andata in scena l’umiliante  messinscena di una maggioranza che fa ostruzionismo a se stessa.

Tutto per far slittare il Mes

Il Mes oggi è il terzo punto all’ordine del giorno e non può essere votato. Poi stasera i deputati hanno il trolley pronto e un’altra settimana se ne è andata. La prossima si vedrà. “E' la prima volta che mi capita di vedere questo atteggiamento da parte della maggioranza - ha tuonato dal banco Federico Fornaro (Pd) e membro dell’ufficio di Presidenza del gruppo alla Camera. “Pensate di andare avanti per altri quattro giorni facendo ostruzionismo a voi stessi per evitare di discutere del Mes prima di Natale? Pensate che non reagiamo alla lesione di un diritto delle opposizioni a vedere votare un provvedimento in quota minoranza? Fermatevi o dall'opposizione vi sarà una reazione parlamentare: la legge di bilancio sta arrivando con ritardi che potrebbero portare all'esercizio provvisorio”.

Capite perché “Giorgia 3” alla fine abbia sempre la meglio sulle altre versioni di se medesima. E perchè da Bruxelles debba tenere d’occhio soprattutto quello che succede a Roma.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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