[Il retroscena] Da “La Catena” a “Recupero maltolto” fino al movimento mamme. L’Italia arrabbiata dei simboli elettorali. E il nome di Grillo non c’è più
Partite Iva, start up, buone maniere, pensionati, residenti all’estero e cervelli in fuga. Sono le mille facce di questo paese, le rabbie, i desideri, i progetti, le frustrazioni in cerca di riscatto, i problemi quotidiani in cerca di soluzione. Ieri il primo giorno per depositare i contrassegni dei vari partiti al Viminale. A sera ne sono arrivati una sessantina. Il tempo scade domani alle 16. Il nome del fondatore dei 5 Stelle esce dal simbolo, “siamo diventati grandi”. La Lega non chiede l’apparentamento con la quarta gamba. Forza Italia sì. C’è anche la Margherita ma per non farsi usare
Neanche a farla apposta si ritrovano accanto, sulla scalinata in pietra del Viminale, il numero 41 che è il "Partito delle buone maniere",nato per “riportare la buona educazione nella cultura italiana”; e il numero 42 che invece si chiama "La catena" ed è quello che dice il nome e il suo inventore, il signor Bruno Franco: "Altro che buone maniere, in Italia ci vuole la catena così vedi come la gente impara a rispettare le regole e a rigare dritto" dice al suo vicino sulle scale. E più uno mostra la catena e la evoca con le mani, l'altro sorride e mostra il simbolo color rosa e pervinca delle buone maniere. Si dovrebbe proporre la catena a Salvini, magari scatta un'attrazione. E chissà, anche una richiesta di apparentamento come prevede la legge elettorale.
Sei postazioni, 13 bacheche
Dentro il palazzo del Viminale, al piano terra, in fondo al corridoio, lato opposto all'ingresso, la Direzione centrale dei servizi elettorali ha allestito la grande sala con le sei postazioni titolate per ricevere le documentazioni per chi deve presentare simboli, programmi, apparentamenti e capo politico. Nel corridoio sono appese le 13 bacheche dove saranno esposti tutti i simboli ricevuti, salvo poi abolire quelli ripetuti, copiati, abusati. Qui davanti va in scena la cerimonia dei simboli. C'è chi l’aspetta quasi fosse il passaggio della cometa Hulley, ad esempio l'esperto di simboli, quarantenne autore di un paio di manuali che non si perde una parola delle varie interviste rilasciate sul posto, prende appunti e verifica con il suo archivio. È lui un archivio vivente. E ci sono loro, i protagonisti, quelli che ci provano, cinque minuti di gloria per poi tornare quasi sempre nell'anonimato. La testimonianza civile. La signora Marcella Cece, ad esempio: è suo il simbolo n.3, “Il Sacro romano impero cattolico”, color oro e rosso antico, “sono monarchica, guardia d’onore del Pantheon e mi onoro dell’amicizia dei reali”. Il suo è un volto noto agli uffici: presenta il simbolo sistematicamente, con qualche modifica grafica, dal 1992 ma “non ho mai raccolto le firme perché essendo monarchica, ritengo che tutti i problemi nascano dai partiti. Quindi non posso certo diventare un partito”. Perché lo fa? “Per educare, spiegare, illustrare…”. Tocca a Mattia Butto, 37 anni, docente di fisica all’università di Praga: è il capo politico di “W la Fisica”, esordio assoluto per le lista di cervelli in fuga, tutti laureati italiani in materie scientifiche costretti ad andare a lavorare all’estero, in Germania, Francia, Austria, Spagna. Il programma è in dieci punti per “attrarre scienziati, avere più scienza scuola, affinché istigare a non vaccinarsi sia reato”. E poi “Free flight to Italy”, la lista di residenti all’estero che chiede voli di rientro in Italia gratis; “MMM, Movimento mamme nel mondo”; “10 Volte meglio”, la lista delle start up; “Recupero maltolto”, la lista che vuole ripristinare l’articolo 18”; “SMS”, che sta “Stato-Moderno-Solidale”; il Mic- Italia nel cuore, storie di vita vera in un cuore rosso”; il Movimento Passione Italia; il “PPA, popolo delle partite Iva” e i “Pensionati”. Molte fiamme tricolore, qualche falce e martello e tanta famiglia, libertà, giustizia sociale e il “Partito del Valore Umano”.
Come un caleidoscopio
Alle otto di sera del primo giorno, su tre, per depositare simboli, programma, richieste di apparentamento e capo politico delle liste intenzionate a partecipare al voto del 4 marzo, sono occupate due bacheche delle 13 disponibili. In tutto sessanta simboli, qualcuno ripetuto per via delle declinazioni nelle minoranze linguistiche. Gli ultimi della giornata sono Forza Italia- Berlusconi Presidente (“ingannevole ma regolare” sentenzia un prefetto dell’ufficio elettorale), Fratelli d’Italia (è arrivato l’ambasciatore Giulio Terzi di Santagata) e la lista “Salvini-Berlusconi-Meloni” della coalizione di centro destra all’estero (depositata dal senatore Malan).
Stare qui una giornata è come guardare l’Italia in un caleidoscopio. Non è la grande politica ad essere protagonista, i big che stanno tutti i giorni sui giornali e nei tiggì. Sono invece le mille facce di questo paese, le rabbie, i desideri, i progetti, le frustrazioni in cerca di riscatto, i problemi quotidiani in cerca di soluzione, I Forconi (“noi siamo quelli originali, non i sovranisti” dice Orlando Iannotti mentre mostra il simbolo color nero), le start up, le partite Iva, i pensionati, le mamme e gli articoli 18, gli ambientalisti e i cattolici, chi vorrebbe la catena e chi, per fortuna, le buone maniere. Si aggirano anche quelli del COEMM (Comitato etico mondo migliore), i “salotti etici” fondati da un ex Cinque stelle, Maurizio Sarlo, una sorta di guru che promette 1.500 euro al mese. Ha circa centomila seguaci, si riuniscono in gruppi di undici (un capitano e dieci convenuti) ma per ora non risulta che qualcuno di loro abbia incassato i fatidici 1.500 euro. Si sono visti nei pressi delle bacheche, in attesa di depositare il simbolo ma poi sono spariti. Anche il simbolo, a ieri sera almeno, non risultava depositato. Un caleidoscopio, appunto. Colorato certamente. Allegro, è da vedere. La cerimonia dei simboli resta comunque una festa della democrazia.
Grillo show
Come si cambia in cinque anni. Nel 2013 questa piazza fu per Beppe Grillo uno dei tanti set dello Tsunami tour: arrivarono in tenda, la notte, si accamparono, la mattina all’alba – ed era anche allora fine gennaio - furono i primi a depositare i simbolo dei 5 Stelle con la scritta beppegrillo.it. Cinque anni dopo Grillo arriva con un Suv schermato, con lui Luigi Di Maio e Casaleggio jr, fanno colazione alle 7.40 nel bar qui davanti, un paio di ragazzotti hanno fatto la coda per poi farli entrare direttamente e senza indugio nel palazzo del Viminale. Hanno il numero 4 e il simbolo è infatti il quarto in alto. Solo che non c’è più il nome beppegrillo.it ma ilblogdellestelle.it. E’ la conferma dell’ulteriore passo di lato che il comico sta facendo rispetto alle sua creatura. Ieri mattina Grillo è sembrato il più amato ma anche il più lontano da quella scena che sapeva di costruito. Quanta distanza c’è ormai tra Grillo e Di Maio e Casaleggio, i volti e la facce di due stagioni diverse. Non una migliore o peggiore: diverse. “Siamo cresciuti” ha detto il comico. Che ha voluto mettere la giusta distanza con quei ragazzi che non riconosce più come una volta. Tanto per cominciare “parlare a noi di alleanze è come dire ad un Panda di mangiare la carne quando è noto che si nutre solo di bambù” ha precisato Grillo smentendo così ciò che ogni giorno, faticosamente, ripete, Di Maio. A parte i soliti apprezzamenti con i giornalisti (“perché fate domande che non hanno senso”), Grillo ha gigioneggiato con Davide Casaleggio. Lasciando il Viminale, tutti fermi sulla scalinata, selva di telecamere, ha detto forte: “Davide guarda bene le telecamere che col tuo sguardo magnetico prendiamo un paio di milioni di voti in più”. Ieri pomeriggio il mondo 5 Stelle si è spostato a Pescara per la convention in cui saranno presentate liste e candidati. Grillo non è andato perché è sempre più lontano e diverso dal Movimento che ha cambiato pelle più volte e ancora non è chiaro come.
Gli apparentamenti
Grillo e Calderoni si ritrovano fianco a fianco di scrivania alle otto del mattino mentre depositano il simbolo. “Che rapporti abbiamo con la Lega…” scherza il comico. E’ solo un caso ma è incredibile come i due partiti/movimenti più favoriti a fare bella figura il 4 marzo, si siano ritrovati qui al Viminale uno dopo l’altro. Al momento del deposito, il senatore leghista ha chiesto l’apparentamento con Forza Italia e Fratelli d’Italia. Ma non con “Noi con l’Italia”, la quarta gamba del centrodestra che la notte scorsa Salvini, che non l’ha mai sopportata, era quasi riuscito a far fuori. “La quarta gamba s’è rotta, ora vediamo se riusciamo ad ingessarla….” dice Calderoli di prima mattina. Pare abbia funzionato molto bene lo spettro di perdere una cinquantina di seggi al sud senza i “signori dei voti”, Fitto e Cesa tanto per fare due nomi, arruolati in Noi con l’Italia. La Lega dunque non risulta, ad oggi apparentata con Nci. “Chiunque può integrare una posizione, ha tempo fino alle 16 di domenica” ripete uno dei responsabili dell’Ufficio elettorale.
Diciamo che Calderoni poteva anche aspettare qualche ora invece di farsi prendere dall’entusiasmo e presentarsi al Viminale alle 8 di mattina del primo giorno. Una tipica calderolata…. Forza Italia, infatti, arriva la sera, pochi minuti prima della chiusura. Il fascicolo è in mano all’onorevole Gregorio Fontana che chiede, da copione, l’apparentamento con Fdi, Lega e Nci e si arrabbia, non poco, quando realizza la provocazione della Lega. Perché di questo si tratta: nel pieno di una discussione politica con un alleato non si fanno scelte a escludere. In genere si aspetta, ci si prende qualche minuto per pensare…
Ha chiesto l’apparentamento anche la lista Insieme (socialisti, verdi, civici prodiani) alleata con Pd, +Europa, Civica popolare. A ieri sera era l’unico simbolo di centrosinistra esposto in bacheca. Nessuna richiesta è valida se non c’è la reciprocità. Questo significa che la Lega dovrà tornare al Viminale per chiedere l’integrazione.
Non ha invece chiesto l’apparentamento Stefano Parisi, capo politico di Energie per l’Italia. La naturale alleanza con Forza Italia – Parisi ha corso come sindaco a Milano indicato da Berlusconi sfiorando il colpaccio – è saltata. Il simbolo è arrivato orgogliosamente in bacheca sulle sue gambe e dopo aver attraversato l’Italia in lungo e in largo.
Simboli a rischio, abusati o copiati
E’ una categoria tutta particolare, l’utilizzo illecito dei simboli grafici, su cui si sono consumate battaglie epiche. Il miglior modo di proteggerli è farli scendere in campo. Anche se poi non correranno (non hanno le firme). Francesco Rutelli ad esempio fa esporrere in bacheca la sua vecchia Margherita, non si sa mai che qualcuno provi ad usarla seppure in forme diverse (c’hanno provato Dellai e la Lorenzin). Il senatore Ferrara (Gal, il gruppo di “responsabili” che spesso ha prestato voti alla maggioranza in Senato) passa la mattinata al Viminale a fare il cane da guardia. “C’è stato un momento che dentro Gal ho avuto più di venti sigle, gente arrivata da altri gruppi e che ha preso anche il nome Gal. Non vorrei mai che qualcun avesse frainteso e me lo ritrovo qua…”. Il simbolo Gal, tra l’altro, non avrebbe bisogno di firme perché gruppo parlamentare dal 2013.
Da un primo colpo d’occhio, potrebbero rischiare la bocciatura una paio di simboli delle destre. “Italia agli italiani” è la lista che mette insieme i simboli grafici di Forza Nuova e Fiamma Tricolore. La fiamma, però è nel simbolo di Fratelli d’Italia della Meloni, e per questo potrebbe essere bocciato. Stesso rischio per la lista “Destre unite” che ricorda troppo il simbolo di Marie Le Pen. Suspence per il vecchio, originale simbolo della Democrazia cristiana, lo scudo crociato con la scritta Libertas. Diego Coroni che lo ha portato qui con orgoglio è sicuro di aver finalmente vinto la battaglia. “Questo è il simbolo storico del 1992, così come è stato riconosciuto da una sentenza della Cassazione…”. Sul simbolo della Dc si sono consumate battaglie inaudite. Quasi fosse oro. Vediamo come va a finire questa.
Primo step
Il deposito dei simboli è solo il primo step della marcia verso il voto. Avere il simbolo promosso non significa, come s’è visto, partecipare al voto. Il passaggio più difficile è la raccolta delle firme che vanno consegnate tra il 28 e il 29 gennaio nelle varie corti d’Appello. Anche passare l’esame del simbolo non è la cosa più semplice. Nel 2013 furono presentati 219 contrassegni ma solo 184 furono ammessi. La sensazione è che il 2018 sia molto più avaro anche di simboli.