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[L’analisi] L’Italia alla prova del fuoco. La “manovra del popolo” è sotto assedio. E il governo rischia tutto

L’Europa eviterà lo scontro frontale con uno dei grandi paesi membri dell’eurozona? Si può contare sui risparmiatori italiani per sorreggere il debito pubblico? I mercati finanziari hanno ancora fiducia nell’economia italiana? Cominceremo a capirlo nei prossimi tre giorni. Per evitare il duello, sarebbe stato forse sufficiente, dal punto di vista di Bruxelles, che Roma congelasse lo smantellamento della riforma Fornero sulle pensioni, vista l’attenzione che le istituzioni comunitarie riservano alla sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico. Ma non è mai stata materia di trattativa

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci, editorialista   
[L’analisi] L’Italia alla prova del fuoco. La “manovra del popolo” è sotto assedio. E il governo...

L’Italia è in trincea. Arroccata intorno alla Manovra del Popolo, assediata dall’Europa e dai mercati. Come andrà a finire? Ce lo chiediamo da agosto. La partita è ancora lunga, ma, da domani a venerdì, arriveranno tre risposte che getteranno un po’ di luce sul cammino che ci sta davanti. Almeno, chiariranno se le ipotesi, su cui il governo gialloverde ha scommesso in queste settimane per puntellare la propria strategia, siano solo pericolose illusioni. L’Europa, al dunque, eviterà lo scontro frontale con uno dei grandi paesi membri dell’eurozona? Si può contare sui risparmiatori italiani per sorreggere il debito pubblico? I mercati finanziari hanno ancora fiducia nell’economia italiana? Cominceremo a capirlo nei prossimi tre giorni.

DOMANI - La Commissione europea presenta mercoledì le sue conclusioni sul debito pubblico italiano, dopo che il governo italiano ha inviato le sue controdeduzioni alle critiche che aveva subito avanzato Bruxelles, davanti all’impianto della manovra finanziaria 2019. Nessuno si aspetta che la Commissione faccia sconti. Del resto, è stato un dialogo fra sordi, come dimostra l’isolamento di Tria nel vertice di ieri dei ministri finanziari dell’area euro. Le accuse più severe al governo di Roma  sono venute dal ministro austriaco e da quello olandese, cioè da due governi che puntano  ad aumentare le responsabilità nazionali nella gestione dell’economia europea, limitando gli interventi degli organismi comunitari. Esattamente come piace a Salvini. Ma sia il ministro olandese, sia quello austriaco hanno chiarito che le responsabilità nazionali non possono allargarsi fino a minacciare l’edificio comune, come avverrebbe se una crisi finanziaria italiana minacciasse l’euro. Questo No alla Manovra del Popolo da parte dei governi più euroscettici si salda, in un accerchiamento perfetto, al brusco richiamo al rispetto delle regole comuni che viene dai paesi, come Germania e Francia, che puntano, invece, su una maggiore integrazione. Il piano presentato da Parigi e Berlino per un bilancio comune dell’eurozona, forse, non farà molta strada nella pratica, ma sancisce principi su cui esiste, nelle capitali europee, un solido consenso: chi non rispetta le regole, a cominciare da quelle sul disavanzo e sul debito, non avrà aiuti. Un principio che si estende a possibili interventi di Draghi e della Bce. In caso di crisi sui mercati, l’Italia sarà sola, come è già sola al tavolo dei vertici dell’eurogruppo. A meno di non farsi commissariare.

Tutto questo si concreterà in una procedura d’infrazione che la Commissione avvierà domani, anche se, nei fatti, gli effetti si vedranno solo dopo il via libera dei governi, probabilmente a gennaio. La campagna elettorale per le europee di maggio sarà, dunque, un lungo braccio di ferro sul ruolo, o meno, dell’Europa nella politica italiana. Prima ancora che multe e sanzioni, il problema è quello di un’Italia, nei prossimi anni, sotto tutela o sotto scacco. Per evitare il duello, sarebbe stato forse sufficiente, dal punto di vista di Bruxelles, che Roma congelasse lo smantellamento della riforma Fornero sulle pensioni, vista l’attenzione che le istituzioni comunitarie riservano alla sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico. Ma non è mai stata materia di trattativa. Più in generale, comunque, la situazione sembra scappata di mano al governo di Roma già da settimane. Lo si vede dall’insistenza con cui Tria indica l’obiettivo del 2,4 per cento del Pil per il disavanzo pubblico come uno scostamento non epocale, sostanzialmente gestibile. Ma, nel frattempo, i paletti si sono spostati. Per Bruxelles, in base ai conti dei suoi tecnici, la manovra italiana punta ad uno sfondamento non del 2,4, ma del 2,9 per cento. Solo per tornare al 2,4 per cento, il governo gialloverde dovrebbe rimettere nel cassetto il reddito di cittadinanza.

GIOVEDI’. Per resistere all’assedio, il governo gialloverde può contare sui risparmiatori italiani? Nella singolare rincorsa agli anni ’80 (tutt’altro che felici, in realtà, per l’economia) che sembra dominare i desideri dei ministri della Lega e dei 5Stelle, c’è la nostalgia per i bei tempi di 30 anni fa, quando quasi il 60 per cento dei titoli del Tesoro era nelle mani dei piccoli risparmiatori nazionali. Oggi, è il 6 per cento. Tutt’altro che sorprendente, visto  che negli anni ’80 non si poteva investire all’estero e oggi sì. E’ una tendenza che si può invertire? Probabilmente no. Almeno questo dice l’asta dei Btp Italia, un titolo indicizzato all’inflazione, pensato apposta per i piccoli risparmiatori. Si chiude giovedì, ma la partenza è stata un flop: collocato meno di mezzo miliardo di euro, contro i 2,3 miliardi della prima giornata dell’emissione di un titolo analogo a maggio. Solo nel giugno 2012, il primo giorno era andato peggio. Come prevedibile, insomma, il risparmiatore italiano, in una finanza globalizzata e sofisticata, con le banche sempre più attrezzate a guidare e gestire gli investimenti dei clienti, si muove a specchio con l’investitore estero e non è affatto un’alternativa.

Il mercato è, insomma, uno solo ed è a questo mercato che, nei prossimi mesi, il governo gialloverde si dovrà rivolgere per finanziare i suoi programmi. Il Tesoro deve rastrellare 400 miliardi, di cui 250 miliardi a medio-lungo termine. Vuol dire convincere gli investitori – stranieri e italiani – a sborsare 250 miliardi per comprare titoli che arriveranno a scadenza e rimborso, dopo più di un anno. Per convincerli bisogna essere affidabili, ma anche offrire tassi d’interesse appetitosi  che, visti dal Tesoro, sono un costo gravoso. Quanto gravoso? Le prospettive sono tutt’altro che buone.

VENERDI’. La verifica la faremo venerdì, quando i mercati chiuderanno per il weekend e gli operatori bilanceranno i loro conti. Ma la settimana si è aperta all’insegna dello sbandamento e dell’incertezza. I titoli pubblici italiani sono tornati a ballare come un mese fa, all’apice del caos sulla manovra. Lo spread - ovvero la differenza fra il tasso d’interesse su un Bund tedesco e sull’analogo titolo italiano – è tornata a quota 321. Tria ha più volte detto che, alla lunga, quota 300 (per quello che significa per i conti del Tesoro e delle banche) non è sostenibile. Il differenziale si è allargato non per i movimenti del Bund tedesco, ma per lo scivolamento del Btp italiano, che è tornato a tassi record del 3,60 per cento.

Qualcuno scorge anche i primi segni di una ondata speculativa montante, che potrebbe scatenarsi nei prossimi giorni. Il titolo italiano a 2 anni - quello preferito dagli operatori più attivi - è balzato in poche ore all’1,75 per cento, contro un rendimento di poco più dell’1 per cento all’apertura delle contrattazioni, segno di un crollo dei prezzi. Contemporaneamente, in Borsa, i titoli bancari sono nuovamente sotto pressione.

Maurizio Riccidi Maurizio Ricci, editorialista   
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