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Incontro cordiale Meloni-Von der Layen: bene sul Pnrr, fondo sovrano, Ucraina, meno sui migranti

L'occasione è stata utile per uno scambio di vedute in preparazione del Consiglio Europeo straordinario del 9-10 febbraio dedicato in particolare all'economia e all’immigrazione

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Foto Ansa
Foto Ansa

Poco più di un'ora di confronto, per riprendere il filo della discussione dal primo incontro a Bruxelles. Con un occhio, e forse entrambi, al prossimo decisivo Consiglio europeo del 9-10 febbraio. Ursula Von der Leyen ha varcato, ieri mattina, i cancelli di palazzo Chigi per l'atteso incontro con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Un'ottima occasione - spiegano da palazzo Chigi - per uno scambio di vedute in preparazione del Consiglio Europeo straordinario del 9-10 febbraio dedicato in particolare all'economia e all’immigrazione. Scambio di vedute che, come si legge fra le righe, non è però entrato nel merito della questione migranti, particolarmente cara all'esecutivo italiano che, a più riprese, ha chiesto un meccanismo di solidarietà europeo più efficace sulla gestione dei flussi e degli arrivi. Da questo punto di vista, invece, risposte utili pari a zero…

Al centro del confronto soprattutto il Pnrr

Al centro del confronto, a cui ha partecipato anche il ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, è stato invece il Piano nazionale di ripresa e resilienza: in tema di ripresa economica, riferiscono da palazzo Chigi, è stato riaffermato l'impegno del governo italiano sul Pnrr. Il Governo italiano si fa forte dei 55 obiettivi raggiunti nel 2022 ma è deciso a far valere le proprie ragioni sulla necessità di alcuni correttivi al Piano stesso, al netto dello scoppio della guerra in Ucraina e del conseguente aumento dei prezzi di energia e materie prime. "Ora - aveva già chiarito il premier nella conferenza di fine anno - inizia la parte complessa, in cui gli obiettivi del Piano devono diventare cantieri: qui oggettivamente ci sono delle difficoltà", aveva anticipato la Meloni, perché "il Pnrr è stato scritto prima del conflitto in Ucraina".

Il colloquio si sofferma molto sul Pnrr, primo banco di prova della credibilità di Meloni in Europa. Come si diceva, tra obiettivi e traguardi, il governo deve raggiungerne 149 per assicurarsi 38 miliardi di euro nel 2023. Sarà una corsa contro il tempo, tra burocrazie, cantieri da mandare avanti, prezzi delle materie prime in aumento che potenzialmente possono svuotare molte gare d'appalto. Ma nel suo colloquio con Meloni von der Leyen non scende nel dettaglio.

Il governo italiano è ben consapevole che il punto di vista di Bruxelles non cambia: disponibili a discutere la parte che riguarda i progetti, sensibili all'inflazione che sta facendo sballare i conti del piano, ma Roma deve rispettare l'iter delle riforme su cui si è impegnata. La presidente della Commissione non ha l'esigenza di ripeterlo, tanto più che in un'ora di incontro non c'è la possibilità di approfondire. Si limita a raccomandarsi che il Pnrr italiano, il più cospicuo dell'Ue, "vada avanti bene" per assicurare all'Italia crescita e solidità di bilancio.

Comune sentire sull’appoggio all’Ucraina

Invece, proprio il mantenimento del sostegno all'Ucraina è stato uno degli altri temi trattati nell'incontro, ha spiegato la presidente Von der Leyen, che ha evidenziato su Twitter come si sia discusso anche della garanzia di energia sicura ed economica, della promozione della competitività dell'industria europea e del progresso sul patto sulle migrazioni. Nel corso dell'incontro è stata anche condivisa la condanna per gli atti violenti in Brasile e la solidarietà alle istituzioni democratiche del Paese. Soddisfazione, infine, per la firma, prevista oggi, a Bruxelles, della Dichiarazione congiunta Ue-Nato.

Qui la fede atlantista di Meloni, ben più pronunciata di quella europeista, non lascia spazio a dubbi: von der Leyen 'l'americana', come la chiamano a Bruxelles, e la premier italiana affrontano il tema in tutta scioltezza nel loro colloquio. Intesa massima, anche se pure qui, confermano fonti governative, non si scende nel dettaglio dello scudo anti-missile chiesto dagli Usa all'Italia per l'Ucraina.

L’occasione data dal ricordo di Sassoli

Occasione formale dell'incontro è stata la presenza a Roma della presidente Von der Leyen che, ieri mattina, ha voluto partecipare all'evento organizzato al teatro Quirino per l'uscita dell'ultimo libro di David Sassoli, il presidente del Parlamento europeo scomparso meno di un anno fa. Insieme a lei anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, l'ex premier Romano Prodi, il segretario del Partito democratico Letta e lo stesso ministro Fitto. Dal palco, la presidente ha parlato di "un uomo con una grande passione per la democrazia e l'Europa. Un uomo gentile che sapeva lottare per la giustizia sociale e per cio' in cui credeva". Parole che hanno commosso anche i familiari del presidente Sassoli. 

L’incontro del disgelo tra le due presidenti

Certo è che Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni non si vedevano dal 3 novembre scorso, quando, fresca di nomina a Palazzo Chigi, la premier era andata a Bruxelles per un primo incontro con la presidente della Commissione Ue. Fu, quello di allora, un faccia a faccia molto istituzionale, sotto l'ombra delle tensioni di campagna elettorale e della diffidenza reciproca. Quello di ieri a Roma è l'incontro del disgelo, così lo descrivono le relative fonti. La leader tedesca in Ue e il capo del governo italiano si intendono sull'immigrazione, sul sostegno a Kiev, sull'idea di un nuovo fondo sovrano europeo per contrastare l'inflaction act varato dall'amministrazione Biden a sostegno delle imprese Usa. Anche sul Pnrr von der Leyen fa un'apertura di credito: "Deve andare avanti bene", si raccomanda con Meloni, alla presenza di Fitto, responsabile dell'attuazione del piano di ripresa e resilienza. Ma questo non significa che i dossier che stanno più a cuore all'Italia siano destinati a subire un'accelerazione, nei prossimi mesi.

L'incontro romano sblocca il rapporto tra le due presidenti, ma non le pratiche europee sui migranti e sul sostegno alle imprese made in Italy.

Le manovre di successione alla von der Layen

Per Meloni e von der Leyen è stata di sicuro, però, l'occasione per conoscersi più a fondo. Finora la premier italiana, presidente dei Conservatori europei, ha avuto più frequentazioni politiche con il capo del Ppe, il tedesco Manfred Weber, non certo un alleato della presidente della Commissione Ue. Sciolto il ghiaccio con von der Leyen, da oggi in poi potrebbe iniziare un'altra storia, nel senso che i Conservatori europei potrebbero anche appoggiare la riconferma della tedesca alla presidenza della Commissione Ue dopo le europee del 2024, anziché puntare su Roberta Metsola, altra esponente del Ppe, presidente del Parlamento europeo impegnata a salvarsi la reputazione delle Istituzioni Ue sul Qatargate. Ma chi sarà il vero candidato dipende da Weber, dagli equilibri interni al Ppe, partito con il quale - questo è sicuro - i Conservatori a guida Meloni vogliono stabilire un'alleanza strutturale ed esclusiva, che tagli fuori i socialisti.

Se questa era la cornice politica, a maggior ragione la visita di von der Leyen a Palazzo Chigi conferma che la Commissione europea non vuole ingaggiare scontri con il primo governo sovranista tra i paesi fondatori dell'Ue. Ursula arriva in pace, in Italia, e ne viene ricambiata.

C'è inoltre intesa tra von der Leyen e Meloni sull'idea di un nuovo fondo sovrano europeo per sostenere le imprese del continente e contrastare le distorsioni sul mercato che potrebbero scatenarsi con l'adozione da parte Usa del piano anti-inflazione a supporto delle aziende statunitensi. E von der Leyen comprende il linguaggio della premier quando sottolinea che l'Italia ha bisogno di una "risposta europea" sull'immigrazione perché un conto è accogliere i profughi ucraini, flussi che interessano maggiormente l'est e il nord Europa, altro è gestire le rotte del Mediterraneo. Nel primo caso, i migranti sono in maggioranza interessati a tornare a casa appena possibile. Nel secondo, sono interessati a restare in Europa. Non ci sono frizioni nemmeno sull'ultimo decreto del governo che limita l'attività delle ong attive in mare, criticato da molti osservatori europei. Von der Leyen non vuole scintille con Roma e le evita. Ma ciò non si traduce in corsie preferenziali per i dossier che stanno più a cuore all'Italia.

Resta aperto il tema scottante dei migranti

Ma sia il nuovo fondo sovrano che una nuova intesa europea sull'immigrazione sono temi destinati a non compiere decisivi passi in avanti nei prossimi sei mesi. La presidenza di turno svedese, che inizia a gennaio, ribadisce di essere scettica sia sulla creazione di un nuovo strumento europeo per contrastare la crisi economica, sia su una revisione del regolamento di Dublino. Se ne discuterà comunque al summit dei leader il 9 e 10 febbraio in Svezia, ma gli sponsor di questi dossier - in primis, il presidente francese Emmanuel Macron - guardano già al prossimo semestre ancora, quello a presidenza spagnola, come occasione certamente più propizia per spingere sull'acceleratore. Ad ogni modo, von der Leyen ne parlerà giovedì a Stoccolma con il premier svedese Ulf Kristersson, a capo di una coalizione di destra che ha l'appoggio esterno dei Democratici svedesi, colleghi di Meloni nella famiglia dei Conservatori europei. È uno dei tanti in casi in cui l'affiliazione politica viene sacrificata dagli interessi nazionali divergenti.

Certo è che, soprattutto dopo il colpo di freno tirato dalla Svezia, a cui spetta il compito di guidare il Consiglio dell'Unione europea fino al prossimo 30 giugno, proprio sulla riforma del sistema di gestione dei flussi migratori, resta il fatto che con l'Europa ci sarà molto da discutere nei prossimi mesi, da parte dell'Italia che però ribadisce i suoi punti fermi sul tema migranti e su chi, dentro la Ue, deve sobbarcarseli (cioè tutti).

Se son rose fioriranno…

Dunque, cosa dire in conclusione dell’incontro – più che cordiale – tra Meloni e von der Layen? Che se son rose fioriranno. Di certo, lo scontro non è nell'interesse di nessuna delle due. La prima lo evitò anche a ridosso del voto del 25 settembre, quando la presidente della Commissione minacciò di avere gli "strumenti" per agire in caso di mancato rispetto dello stato di diritto da parte del nuovo governo italiano. Allora, la scintilla la appiccò Matteo Salvini contro von der Leyen, ma per colpire Meloni. Da parte sua, la presidente della Commissione è in scadenza, esponente di un partito che ha scelto l'intesa con i Conservatori per il prossimo futuro. Non è aria di tensioni, ma nemmeno di promesse visto che, come sempre, l'ultima parola spetta agli Stati, con quelli del nord che restano recalcitranti rispetto alla revisione delle regole sulla governance economica o, appunto, proprio sull'immigrazione, i dossier più difficili per i paesi di frontiera e più fragili come è l'Italia.

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
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