Il muro dell’Anm, l’inchiesta ligure, la separazione delle carriere, le elezioni: è la tempesta perfetta
ll Congresso dell’Associazione nazionale dei magistrati ha approvato all’unanimità la relazione di Santalucia: “Invitateci ai talk tv, anche noi abbiano il bisogno di comunicare e spiegare”. La promessa è: nessuna trattativa. Inizia una settimana decisiva per l’inchiesta di Genova
E’ la tempesta perfetta. Con quattro ingredienti micidiali. C’è l’inchiesta della procura di Genova, novemila pagine che aumentano i sospetti ma non chiariscono ancora in quale momento sia stato superato il confine tra quella che il governatore Toti definisce “azione di governo”, cioè fare delle scelte per fa procedere le cose ma senza vantaggio privato, e per i magistrati è invece un “collaudato sistema corruttivo” con tanto di falsi, finanziamenti illeciti e aggravanti mafiose. C’è il disegno di legge del governo - ancora nessuno conosce il testo - che ha come obiettivo la separazione delle carriere: la chiamano “riforma della giustizia” ma non è certo alzando le barricate tra la pubblica accusa e i giudici che in Italia si vince la burocrazia e i tempi troppi lunghi dei processi. C’è la mozione finale del congresso dell’Associazione nazionale magistrati che, dopo aver ospitato vari leader politici e il ministro Nordio, promette “mobilitazione culturale e comunicativa” per spiegare alla gente la posta in palio e che i magistrati “non sono una casta, bensì l'argine all’arretramento dei diritti e delle garanzie costituzionali che il governo vorrebbe invece realizzare usando il piccone delle riforme. Quarto e ultimo elemento: mancano 25 giorni alle urne di un turno elettorale molto importante e delicato, con fin troppe implicazioni politiche a livello nazionale ed europeo. Se chiudiamo gli occhi sembra di essere tornati a momenti di svolta come lo furono le elezioni del 2001, il 2006 o il 2008 e il 2013. Quelle erano per le politiche nazionali. Stavolta il turno, al netto dei quattromila comuni, riguarda le Europee ma mai, come questa volta e con due guerre alle porte, l’Europa è casa nostra.
Le toghe si organizzano
I magistrati, dunque, sono uno dei quattro elementi della tempesta perfetta. Ieri hanno chiuso a Palermo il loro 36° congresso nazionale. Giuseppe Santalucia, presidente dell’Anm, ha spiegato che per i magistrati “non si tratta di discutere di diritti dell’impiegato magistrato. È un problema di cultura istituzionale e costituzionale. Noi non dobbiamo trattare, ma dobbiamo parlare alla politica e alla società per dire che questa Costituzione ha ancora molto da dire e non va toccata almeno per quanto riguarda la giurisdizione”. Nessuna trattativa, quindi, con il ministro Carlo Nordio sulla riforma della giustizia. Cioè sulla separazione delle carriere.
La mozione finale del congresso, approvata per acclamazione, è un documento che ha nella chiarezza la propria forza. “Siamo determinati ad assumere ogni utile iniziativa per informare l'opinione pubblica sui motivi per cui siamo contrari alla riforma”. Informare è un atto politico. L’invito a tutti gli iscritti è per una “mobilitazione culturale e comunicativa” in modo da spiegare ai cittadini che la riforma della giustizia di cui tanto si parla, ovverosia la separazione delle carriere, non solo è un falso problema ai fini di una giustizia più efficace ma “è anche un rischio per l’effettiva tutela dei diritti dei cittadini e per la scrupolosa osservanza delle loro garanzie costituzionali”.
Magistrati invitati ai talk Tv
I nodi sono due: separazione delle carriere e “indebolimento” del Csm, Su entrambi non è ammessa alcuna trattativa, perchè “la Costituzione non si tocca”. Santalucia parla di “cattivo” e “pericoloso” progetto di riforma. “Non c’è nessuna chiusura corporativa, nessun atteggiamento da casta. Si tratta di magistrati, quindi di una porzione di cittadinanza, che vuole dire la propria. Poi che la politica decida”.
La mozione è molto esplicita sul bisogno e sulla necessità di parlare al pubblico. “Rivendichiamo l'importanza della partecipazione di tutti i magistrati al dibattito pubblico, non solo in quanto cittadini dotati di pari diritti rispetto agli altri, ma anche come portatori di esperienza, cultura, principi, ispirati ai valori costituzionali ed alla legalità”. Il magistrato “non deve stare in una zona d’ombra, in silenzio coatto. I magistrati possono e devono partecipare alla discussione pubblica e lo devono fare - chiaramente - con lo stile e il profilo del magistrato”.
Nordio capirà ma…
Al ministro Nordio che sabato ha teso la mano invitando al dialogo, Santalucia ha spiegato che “non si tratta di essere contrari alle riforme ma devono essere buone”. In questo caso, invece, pur in assenza di un testo scritto, sembra evidente che la separazione di cui ha parlato Nordio “non porterebbe - secondo Santalucia - alcun beneficio alla giustizia e metterebbe invece in pericolo l'indipendenza della magistratura”. E poi, se Nordio ripete che non è in discussione l’indipendenza del pubblico ministero, “perchè cambiare e non tenersi l’indipendenza che abbiamo già?”. Piuttosto, ribadisce la mozione finale, la separazione delle carriere “non è affatto funzionale a garantire la terzietà del giudice, ma è uno strumento per indebolire in modo sostanziale il ruolo del pubblico ministero e, conseguentemente, la funzione di controllo di legalità e potrebbe essere agitata come strumento di ritorsione e minaccia nei confronti della magistratura tutta”.
“Riforma sbagliata”
Separare il pubblico ministero dal giudice, distinguere le carriere all’accesso e dal punto di vista ordinamentale, separare gli organi di autogoverno, “porterebbe alla istituzione di un pubblico persecutore” molto lontana dall'attuale organo dell'accusa, E potrebbe avere “gravissime ripercussioni sull'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale indispensabile per l'attuazione del principio di eguaglianza del cittadino dinanzi alla legge”. Ce n’è anche per il Csm.
Le riforme prospettate “indebolirebbero fatalmente il Csm, riducendone le competenze, eliminando quelle di maggior rilievo, compromettendone l'autorevolezza e alterando la proporzione tra componenti laici e togati”. Erano anni, una dozzina ormai, che la magistratura non ritrovava tanta unità e determinazione.
Settimana importante per l’inchiesta di Genova
Fin qui la posizione dei magistrati. In attesa di capire, quando vedrà la luce, il testo del governo della riforma della giustizia. Indiscrezioni da palazzo Chigi dicono che potrebbe andare in Consiglio dei ministri il 20 maggio, lunedì della prossima settimana. Da qui ad allora saranno proteste, polemiche. Muro contro muro
Da qui ad allora ci saranno anche, si spera, gli sviluppi dell’inchiesta. E gli interrogatori di garanzia. Aldo Spinelli, lo 'zar' del porto, uno degli imprenditori ai domiciliari per corruzione a Genova sarà stamani davanti al gip. Dopo di lui anche Francesco Moncada, ormai ex consigliere di amministrazione di Esselunga: è indagato per aver finanziato una pubblicità Esselunga sulla Terrazza Colombo di Genova. Secondo gli inquirenti, si tratterebbe di un “finanziamento illecito” (120 mila euro) alla Lista Toti, in cambio dello sblocco di due pratiche pendenti in regione. Oltre a Moncada sarà interrogato anche il figlio di Aldo Spinelli, Roberto. Infine verrà interrogato l'ex presidente dell'Ente Bacini in porto Vianello che secondo gli inquirenti avrebbe corrotto l'ex presidente dell'authority portuale Signorini per ottenere nuove cariche. Oggi interrogatorio di garanzia anche per i fratelli Testa, Arturo Angelo e Maurizio, ormai ex esponenti di Forza Italia in Lombardia (sono stati sospesi il 7 maggio). I due sono accusati di corruzione elettorale, con l’aggravante mafiosa: alle regionali in Liguria del 20 e 21 settembre 2020, avrebbero promesso posti di lavoro per far convogliare i voti del loro “clan” verso la lista “Cambiamo con Toti Presidente” e verso il candidato Stefano Anzalone (che è indagato ma non colpito da ‘misure’).
Il ruolo di Cozzani
Interrogatorio di garanzia anche Matteo Cozzani, ex capo di gabinetto di Giovanni Toti ed ex sindaco di Portovenere. Cozzani è la figura centrale dell'inchiesta spezzina e, seguendo lui e i suoi impegni, gli investigati sono arrivati a Toti. Cozzani è agli arresti domiciliari per corruzione elettorale aggravata perché commessa al fine di agevolare il clan mafioso dei Cammarata di Riesi e di corruzione per l'esercizio della funzione. Anche Cozzani - e non è certo l’unico tra i venti indagati - ha negato tutti gli addebiti. “Posso spiegare tutto” ha detto. Analoghe parole a quelle fatte trapelare da Toti tramite i sui legali.
Al di là del merito ci vorrà del tempo per far cadere la polvere da tutta questa storia. Novemila pagine di atti, quattro anni di indagine, fanno capire che razza di lav è stato quella della procura di Genova. Ma si tratta di indizi, non prove, materiale ancora tutto da dimostrare.