[Il retroscena] Altro che restituzioni, i 332 parlamentari Cinquestelle si tengono lo stipendio da 15 mila euro al mese

Il capo politico del M5s, assorbito dalle trattative per il governo, non ha ancora scritto il nuovo regolamento per le “restituzioni”. Intanto deputati e senatori hanno incassato le buste paga intere, da quasi 15 mila euro. Il conto corrente ricco sembra ingrossare le file dei pentastellati pronti a sostenere un governo pur di evitare le urne: sono 25, eletti nei collegi maggioritari del Sud o plurinominali del Nord. Anche sul taglio ai vitalizi a Montecitorio si procede a rilento 

[Il retroscena] Altro che restituzioni, i 332 parlamentari Cinquestelle si tengono lo stipendio da 15 mila euro al mese

Mentre il Parlamento e le segreterie dei partiti erano impegnati a fare altro, e Di Maio era occupato a flirtare a giorni alterni un po’ con il capo della Lega, un po’ col centrodestra e un po’ col Pd, i 332 eletti coi Cinquestelle, alla Camera come al Senato, hanno già incassato la loro prima busta paga. I deputati non residenti a Roma si sono ritrovati sul conto quasi quindicimila euro, i senatori qualcosina di più,  e qualcuno già si sta spendendo - legittimamente - il guadagno in nuovi telefoni più performanti, pc, capi di abbigliamento o accessori.  Sono belle cifre per chiunque.

I tira e molla di questi due mesi tra il capo politico grillino e Matteo Salvini, le due esplorazioni, i tre giri di consultazione e la minaccia continua delle urne non solo hanno infatti ritardato la promessa cancellazione dei vitalizi, ma, soprattutto, la scrittura e l’approvazione delle nuove regole per le cosiddette “restituzioni”. Si chiama così la prassi inventata da Beppe Grillo con cui gli eletti col Movimento “restituiscono” allo Stato larga parte dei loro emolumenti e ne trattengono solo una parte necessaria a “vivere dignitosamente”. Fino al 4 marzo deputati e senatori versavano  la parte eccedente i tremila euro su un conto corrente del ministero dello Sviluppo economico creato per finanziare le micro imprese mediante un bonifico i cui riferimenti venivano poi pubblicati sull’apposito sito tirendiconto.it .

Tutto bene, finchè Le Iene hanno scoperto la “rimborsopoli” grillina: alcuni eletti sono stati presi con le mani nella marmellata a revocare i bonifici per le “restituzioni” entro le ventiquattro ore in cui è possibile farlo, tenendosi per sé l’intera indennità. Evidentemente il meccanismo andava modificato e Luigi Di Maio, nel corso della prima assemblea degli eletti,  lo scorso 9 marzo all’hotel Parco dei Principi di Roma, è corso ad annunciare che le regole per la rendicontazione sarebbero cambiate. Scartato il sistema dei rimborsi per mezzo di scontrini e ricevute, considerato troppo oneroso in termini di tempo e poco trasparente, su consiglio della Casaleggio e Associati, i pentastellati avevano deciso di introdurre un sistema di restituzione forfettaria direttamente su  un conto corrente intestato al Movimento. Le cose sono andate come sono andate, e se  ben cinque deputati  - il più noto è Andrea Cecconi, il candidato che ha battuto Marco Minniti nel suo collegio maggioritario a Pesaro - e due senatori sono stati tenuti fuori dal Gruppo parlamentare perché “colpevoli” di mancata restituzione, oggi la questione  sembra aver perso tutta l’urgenza e la gravità che sembrava avere.

A due mesi e quattro giorni dal voto, infatti, il M5s non ha ancora deciso le nuove regole e, quindi, non le ha ancora illustrate agli eletti. “Non abbiamo un iban, la tempistica, insomma un “decreto attuativo” del nuovo sistema”, ha raccontato un deputato alla seconda legislatura. Nessuno, al momento, - ovviamente, verrebbe da dire - è andato in pressing sui capigruppo, che dovranno convocare una nuova assemblea dei gruppi per presentare il regolamento ancora da scrivere. Il nuovo conto “di passaggio” dovrebbe essere intestato ai due tesorieri, Sergio Battelli e Nunzia Catalfo, ai quali toccherà poi di destinare le risorse raccolte a diverse iniziative benefiche. Se le cose in questa diciottesima legislatura appena iniziata dovessero precipitare - come pare - il nuovo regolamento per i versamenti potrebbe arrivare però quando le Camere saranno state sciolte e i soldi già spesi. “Vedrete che si abitueranno agli agi del Parlamento, a stipendi che non avevano mai immaginato, e non vorranno certo andare a casa”, aveva pronosticato Silvio Berlusconi qualche giorno dopo il voto, dicendosi sicuro che alcuni parlamentari pentastellati sarebbero finiti “sul mercato” molto presto. Sicuramente per deputati e senatori “vendersi” ad un governo di tregua, del presidente, di centrodestra e comunque lasciare il M5s, conviene: potrebbero incassare quasi diecimila euro in più al mese, 120 mila euro all’anno, quasi mezzo milione in tutta la legislatura. Presto, infatti, nel caso la legislatura dovesse continuare, a incrementare gli emolumenti ci saranno anche le indennità  per le presidenze  e per le attività delle Commissioni.  

Ad agitare i sonni di Luigi Di Maio, però, ci sono anche i rumors sulle possibili diserzioni dei suoi. In principio erano venti, oggi sono “almeno venticinque, e vengono dati in crescita costante”. Loro si definiscono willings, qualcun altro li chiama “nuovi responsabili”. Sono i deputati e i senatori eletti coi Cinquestelle tentati di mollare la casa-madre  in nome della stabilità e, soprattutto, per evitare le elezioni anticipate che potrebbero costare loro il posto, un posto - per il momento - molto ben remunerato. Quelli “attenzionati” sono soprattutto gli eletti che erano posizionati a metà lista alla Camera e al Senato nei collegi plurinominali delle Regioni del Nord - dove la Lega è fortissima ed è data in crescita -  e gli eletti nei collegi maggioritari del Sud, dove i Cinquestelle hanno fatto cappotto ma dove, con la retromarcia sul reddito di cittadinanza, rischiano ora di arretrare pesantemente. 

I rischi sono così forti che Luigi Di Maio, nel corso dell’animata assemblea dei gruppi di lunedì sera, è stato costretto a garantire a tutti la ricandidatura. “Liste fotocopia” sì, ma chi può assicurare ai 332 uscenti la rielezione? E così è toccato a Danilo Toninelli, il capogruppo pentastellato al Senato, darsi da fare per infondere sicurezza, dimostrando un ottimismo forse eccessivo: “Con le elezioni a luglio penso che ce la facciamo ad arrivare al 40 percento e ad essere autonomi”. A Dimartedì', la trasmissione di La7, anche Di Maio si è profuso in rassicurazioni, garantendo che nessuno dei neo eletti si è affezionato troppo alla poltrona. “C’è stata l’assemblea dei parlamentari M5S. Due terzi di loro sono appena arrivati in Parlamento, ma sono d'accordo con la proposta di votare subito. Non era scontato”, ha detto ospite del programma di Giovanni Floris.

Intanto, a fare il tifo dalle curve per un rapido ritorno alle urne potrebbero essere proprio gli arcinemici dei grillini, cioè gli ex parlamentari eletti prima di quindici anni fa che ancora percepiscono i vitalizi maturati con i contributi figurativi. La loro abolizione doveva essere la priorità della presidenza di Roberto Fico, ma le cose sono del tutto in alto mare: ancora si è in attesa di fare il primo passo, con la “relazione tecnica” commissionata al questore grillino Riccardo Fraccaro. Campa cavallo...