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Il caso Santanché e lo spettro del rimpasto scuotono la maggioranza

Il rinvio a giudizio richiesto dalla Procura di Milano nei confronti di Daniela Santanché, fa tremare l’esecutivo. E non c'è solo quello

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
Il caso Santanché e lo spettro del rimpasto scuotono la maggioranza

Sul far della sera un terremoto scuote la maggioranza. Non basta la pioggia che si abbatte per tutto il giorno a Roma. Il rinvio a giudizio richiesto dalla Procura di Milano nei confronti di Daniela Santanché, fa tremare l’esecutivo. Giorgia Meloni si ritrova sul tavolo il dispaccio in cui si spiega che secondo l'accusa, non solo in quel periodo, dal "31 maggio 2020 al 28 febbraio 2022", ad amministrare Visibilia Editore e Concessionaria, ossia a prendere le decisioni, erano Daniela Santanchè e Dimitri Kunz, ma entrambi, assieme a Concordia, sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto «indebitamente»,  per un totale di 13 dipendenti, la cassa integrazione in deroga «a sostegno delle imprese colpite dagli effetti» della pandemia Covid.

Si tratta di vera grana per Meloni e il suo governo. Cosa fare?

La diretta interessata non proferisce parola, resta in silenzio. Come tace per l’intera giornata la presidente del Consiglio. «Cosa dovrebbe dire?», si interrogano i meloniani in Transatlantico. L’opposizione non ha perso tempo ed è partita all’attacco. Dimissioni subito, è il refrain che viene ripetuto da tutti i partiti che compongono la compagine avversa alla maggioranza. Escono in batteria diversi esponenti del M5S, del Pd, di Alleanza Verdi e sinistra e di Azione. Insomma, per un giorno l’opposizione si mostra compatta. 

Ora dopo ora la preoccupazione cresce

La notizia arriva nel pieno di una campagna elettorale che si gioca molto sulla polarizzazione destra-sinistra. Oltretutto Meloni l’ha voluta personalizzare rendendola di fatto una sorta di referendum sul governo. Ecco perché ora dopo ora la preoccupazione cresce. Il terrore è che da ora in avanti l’opposizione chieda ogni giorno le dimissioni della ministra del Turismo per senso di responsabilità nei confronti delle istituzioni. Monopolizzando così il dibattito. Più o meno era successo lo stesso con il caso Sgarbi. E sanno tutti dalle parti di Palazzo Chigi come sia andata a finire: dimissioni del sottosegretario alla Cultura e tutto risolto. Questa volta l’affaire investe una dirigente di Fratelli d’Italia, per di più a poche settimane da un voto che avrà un impatto nazionale essendo un test per il governo. E allora cosa succederà? 

Ma parlare di rimpasto è prematuro

Parlare di rimpasto è prematuro, perché Meloni non intende servirsi di uno strumento che appartiene alla vecchia politica, come usano dire a via della Scrofa. Semmai potrebbe succedere dopo le elezioni europee. A quel punto i tre leader - Meloni, Salvini, Tajani - si siederanno attorno a un tavolo e ragioneranno sulla basi dei nuovi equilibri coalizionali. Il ministero che guida Santanché è un dicastero su cui puntano sia Forza Italia sia la Lega di Salvini. Ma, se come preconizzano i sondaggisti, gli azzurri supereranno il Carroccio, Meloni potrebbe decidere di lasciare la casella vacante al partito guidato da Tajani. Lo stesso Tajani che nel pieno del terremoto politico ha provato a minimizzare: «Le opposizioni le chiedono ogni due minuti le dimissioni. C'è una richiesta, quando ci sarà una decisione poi ne parleremo. Non crea nessun imbarazzo al governo. È una questione di sensibilità personale, sarà Santanchè a decidere. Io sono garantista, come ho fatto con Decaro non vado ad accanirmi con le persone». 

È insomma una giornata complicata per l’inquilina di Palazzo Chigi

Qualsiasi intervento potrebbe essere interpretato in un modo o nell’altro. Ecco perché resta in silenzio. Di sicuro avrà un colloquio con la ministra del Turismo. Palazzo Chigi fa sapere che il presidente del Consiglio «ha ricevuto oggi il presidente della Confederazione Svizzera, Viola Amherd. I colloqui hanno permesso di confermare la solidità delle relazioni italo-svizzere, con particolare riferimento alla dimensione trasfrontaliera, e l’interesse a lavorare sulle prospettive di rafforzamento della collaborazione bilaterale in ambito economico e sui principali dossier dell’agenda internazionale, inclusa la rinnovata attenzione nei confronti del Continente africano».

L’opposizione non perde tempo e cavalca la richiesta di dimissioni 

Nel frattempo fuori dai palazzi l’opposizione non perde tempo e cavalca la richiesta di dimissioni provando così a mettere difficoltà Meloni e la sua compagine di governo. Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra è il primo a uscire sulle agenzie: «La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per Daniela Santanché e due società nell'ambito del caso Visibilia, relativo alla presunta truffa aggravata ai danni dell'Inps nella gestione della cassa integrazione durante il periodo del Covid-19. L'unica reazione accettabile in questa situazione è la seguente: dimissioni. La permanenza di Santanché nel suo ruolo sarebbe uno schiaffo agli italiani e alla trasparenza che ogni governo dovrebbe garantire. Giorgia Meloni non può rimanere in silenzio o rinviare questa decisione, poiché è in gioco la credibilità della sua maggioranza». Il refrain dei partiti che si oppongono al governo è «dimissioni subito». Seguita da un’altra domanda: che fine ha fatto Giorgia Meloni, perché si nasconde? Il leader del M5S Giuseppe Conte si serve dell’ironia: «Peccato che le liste europee siano ormai chiuse. Ora che per la ministra Santanchè è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per truffa sui fondi Covid che servivano a imprese e lavoratori, Meloni non farà più in tempo a farla dimettere e a candidarla per le Europee in compagnia di Sgarbi».  

Il campo progressista torna compatto

Subito dopo tocca a Elly Schlein prendere di mira Meloni e il suo partito: «Fratelli d'Italia è quel partito che esprime una ministra rinviata a giudizio per truffa all'Inps sui fondi Covid, e contemporaneamente candida un no-vax appena sotto Giorgia Meloni. Ci aspettiamo che la presidente del Consiglio abbia un minimo di rispetto per le istituzioni e chieda le dimissioni di Daniela Santanché». Insiste Nicola Fratoianni: «La domanda che dovrebbe porsi in queste ore la presidente del consiglio Meloni è molto semplice: può una persona che va a processo accusata di aver truffato lo Stato continuare ad essere ministra della Repubblica? Ed è pure molto semplice la risposta che si dovrebbe dare e che dovrebbe dare al Paese: no, nella maniera più assoluta». Chi chiede le dimissioni ma in altra chiave è il leader di Azione, Carlo Calenda: «La richiesta di rinvio a giudizio per la ministra Santanché? A noi non interessa perché per noi la Santanché deve dimettersi per il comportamento, è una valutazione politica, nella vicenda giudiziaria la Santanché è innocente fino all'ultimo grado di giudizio. Si deve dimettere per come si è comportata, per come ha usato fondi pubblici, per come ha gestito le sue aziende, che non la rendono adatta a fare questo lavoro». 

Chiara Gribaudo: "L'unica che non ne azzecca una è la Santanchè"

A tarda sera il portavoce della ministra del Turismo  risponde alla segretaria del Pd: «La segretaria del Pd Elly Schlein non ne azzecca una, parla di Santanchè rinviata a giudizio mentre la nuova/vecchia notizia è solo la preannunciata e scontata richiesta di rinvio del Pm in attesa della fissazione dell'udienza preliminare; la grande differenza la conoscono anche i sassi». Replica che innesca la controazione del Pd con la vicepresidente del Nazareno, Chiara Gribaudo: «L'unica che non ne azzecca una è la Santanchè: in un Paese normale ci si dimetterebbe dopo un minuto. Lei invece resta ancora lì, protetta dalla destra che se ne frega dei diritti di chi lavora». 

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
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