Gori papabile candidato premier del centrosinistra, tutti gli indizi
Nella coalizione di centrosinistra o, meglio Campo Largo, si ragiona per ipotesi sulla scelta del candidato presidente del Consiglio
Le elezioni politiche con ogni probabilità distano ancora quasi tre anni, visto che nulla fa presumere che la maggioranza di Giorgia Meloni possa andare in crisi o restare vittima di manovre di Palazzo. Ogni tanto, in qualche mondo liberal e progressista, si ipotizza che Forza Italia possa staccarsi dal resto della maggioranza per fare un accordo su nuove basi con il Pd, ma sembrano davvero i sogni di una parte degli azzurri e soprattutto del Pd, piuttosto che una concreta prospettiva politica.
Meloni semre più stabile
Anzi, a differenza di ciò che è capitato a Matteo Renzi prima e a Matteo Salvini e al MoVimento Cinque Stelle poi (il caso di Silvio Berlusconi è ancora diverso), la presidente del Consiglio non sembra subire l’erosione di consensi connaturata all’arrivo al governo, soprattutto come nel suo caso quando si entra a Palazzo Chigi dopo aver sparato a palle incatenate contro i precedenti governi, unico partito rimasto all’opposizione per tutta la legislatura precedente.
Insomma, tutto fa pensare che Giorgia resterà tranquilla e serena a Palazzo Chigi e che sarà la candidata presidente del Consiglio anche nella prossima legislatura, apprezzatissima dagli elettori anche per la sua capacità di tenere sulle sue spalle un esecutivo, una maggioranza e un partito con alcuni esponenti francamente imbarazzanti.
Sogni e politica
Insomma, sembra destinato a rimanere un sogno dei retroscenisti il governo Pd-Forza Italia, con dentro ovviamente anche pentastellati, Alleanza Verdi e Sinistra e frattaglie varie, più tutti coloro che appoggerebbero qualsiasi governo pur di restare in Parlamento fino alla fine della legislatura, anche perché come accade da anni ed anni parliamo di miracolati che sono alla Camera e al Senato solo perché messi in lista in posti comodi, ma senza alcuna vera legittimazione popolare, che non avrebbero i voti nemmeno per entrare nel consiglio comunale di un paesino.
Quindi per la coalizione di centrosinistra o, meglio Campo Largo, resta la scelta del candidato presidente del Consiglio.
Il candidato premier del centrosinistra
E qui il nome che rimbalza sempre più spesso, per ora sotterraneo, nel mondo del centrosinistra è quello di Giorgio Gori, ex sindaco di Bergamo, l’unico rieletto nella storia dell’elezione diretta nella città orobica, ed attuale eurodeputato del Pd, eletto con oltre 211mila preferenze, 211mila 426 per la precisione, tutta gente che ha scritto il suo nome sulla scheda, altro che le liste bloccate, nel collegio Nord Ovest, Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.
Per la cronaca, Gori era collocato solo al sesto posto nella lista del Partito Democratico, ma questo non gli ha impedito di prendere 11.610 preferenze nella sola città di Bergamo – dove ha letteralmente trascinato il Pd, primo partito con oltre il 36,78 per cento dei voti, circostanza che invece solitamente non è la normalità, Bergamo non è Bologna, e il dato è ancora più significativo perché l’affluenza è stata superiore al 60 per cento, molto di più della media nazionale – ottenendo più di 51mila preferenze in provincia di Bergamo, 30mila in quella di Brescia (quasi 10mila delle quali a Brescia città), superando le 21mila e 500 a Milano, per un totale di 178mila preferenze solo in Lombardia.
Il candidato ideale
Un risultato straordinario che fa pensare a molti che Gori possa essere il candidato ideale per il centrosinistra nella prossima competizione elettorale. E non solo per le vittorie in serie inanellate, che non sono state intaccate nemmeno dalla mancata elezione a presidente della Regione Lombardia quando si candidò, perché quella volta nemmeno Superman sarebbe stato eletto con il centrodestra allora invincibile in Lombardia. Insomma, praticamente è come se Gori avesse sempre vinto.
Ma, soprattutto, l’ex sindaco di Bergamo ha una serie di caratteristiche che sembrano perfette per un mondo politico che – falliti tutti i tentativi di spezzare il bipolarismo – sembra sempre più polarizzato. Dove, quindi, le elezioni si vincono conquistando il centro e sulla credibilità dei candidati.
Tranquillizza i moderati
Gori, ad esempio, è assolutamente tranquillizzante nei confronti dei moderati: fisiognomicamente, dialetticamente, politicamente, persino storicamente con la sua provenienza professionale da Mediaset, direttore di Canale 5 e di tutte le reti, ma mai politicamente omologato a Berlusconi. Anzi, con lui (e poi anche quando si mise in proprio fondando la casa di produzione Magnolia) si sono visti gli ultimi veri tentativi di innovazione del linguaggio televisivo delle reti del Biscione, ora rimaste molte simili al modello originario scaturito dalla genialità aziendale del Cav.
Ma Gori sembra perfetto anche per la sua capacità di parlare con tutti: essendo riformista ha chiaramente appoggiato Stefano Bonaccini nella battaglia congressuale che poi ha portato Elly Schlein ad essere eletta con i gazebo che hanno ribaltato il voto degli iscritti, quasi certamente con i suffragi (legittimi, per carità, le regole erano quelle) di esterni al partito.
Ma, una volta che Elly è stata eletta segretaria, pur non abiurando rispetto alle proprie idee e anzi facendo più spesso un passo avanti sul fronte riformista, Gori ha appoggiato lealmente il partito, fino a mettere tutto se stesso nella battaglia delle Europee, con i risultati di cui abbiamo detto.
Compatibile col Campo Largo
E poi, ad esempio - pur avendo salutato Matteo Renzi quando sarebbe stato per lui molto più conveniente rimanere lì, diventando come minimo ministro – la sua storia è perfettamente compatibile con l’inclusione del centro del Campo Largo, anzi risultando il volto più credibile di un’alleanza che non sia una sommatoria di sigle, ma sia basata su un programma realmente riformista. Del resto, il suo impegno politico iniziò proprio un giorno che sentì parlare Matteo Renzi, allora esponente del Pd, e gli scrisse una mail: “Mi chiamo Giorgio Gori, mi piacerebbe dare una mano a creare un’Italia riformista”. Le strade poi si divaricarono, ma il concetto è chiaro.
Così come è chiaro che Gori è inclusivo anche nei confronti di coloro che al congresso hanno votato diversamente da lui. Ad esempio, alle recenti regionali liguri è stato fra i pochi eurodeputati che hanno dato realmente una mano ad Andrea Orlando, mettendoci la faccia e scendendo in Liguria in più occasioni, incontrando anche mondi diversissimi dal suo come quello della portualità, che si è messo immediatamente a studiare, da secchione qual è. Parlando con i camalli e anche con gli orlandiani segretari provinciale genovese e regionale ligure Simone D’Angelo e Davide Natale, oltre che ovviamente con lo stesso Orlando e puntando a includere, non a escludere.
Merce rara. Sembra l’identikit di un perfetto candidato presidente del Consiglio di centrosinistra.