[Il ritratto] Fico, il presidente M5s quasi vergine. L’uomo contro che ha sfidato Vespa, Fazio e i privilegi della casta

È stato impiegato in un call center, responsabile della comunicazione per un ristiorante albergo di un suo parente e perfino l’importatore di tessuti dal Marocco. Tutto questo prima di lanciarsi anima e corpo nella politica, la sua grande passione assieme alla fisarmonica e ai film di Stanley Kubrick. Quasi tutti gli osservatori hanno sottolineato il fatto che la sua elezione è stata voluta da Di Maio «per depotenziarlo e dissuaderlo dal prendere posizioni polemiche contro l’alleanza» più che probabile con la Lega

[Il ritratto] Fico, il presidente M5s quasi vergine. L’uomo contro che ha sfidato Vespa, Fazio e i privilegi della casta
Adesso lo descrivono tutti come il grillino di sinistra duro e puro. Che sarà magari vero, anche se lui ha sempre rifiutato questa etichetta, definendosi semplicemente «post ideologico». Ma Roberto Fico, il nuovo presidente della Camera, è qualcosa di diverso da questo stereotipo giornalistico, perché in realtà rappresenta tutto quello che il Movimento sembrava e che forse non è più, e non c’entrano la destra o la sinistra.
 
Come nell’amore, gli inizi non durano tutta la vita. Il fatto è che lui non ci è arrivato per opportunismo o convenienza dentro al M5S. Lui ci credeva, quando la bellezza di 18 anni fa fondava il meet up Amici di Grillo dentro a una grotta di tufo, a Napoli. Da allora s’è fatto tutte le battaglie, con i volantini davanti al Maschio Angioino a gridare contro Rosa Russo Iervolino e il consiglio comunale a porte chiuse sul tema della discarica di Chiaiano «Voi non siete un fortino», e a battere le strade come candidato sindaco o presidente della Regione, fra una manifestazione ambientalista e l’altra. Le percentuali erano quelle degli albori, l’1,3 per cento e l’1,40, ma lui diceva: «Vedrete fra qualche anno».
 
Abbiamo visto, e più in fretta persino di quello che pensava. Poi come succede quando si vince, si imbarca un po’ di tutto, anche quelli che dichiaravano di rinunciare ai soldi e se li riprendevano subito, o che baravano sulle note spese, anche gli amici degli amici e a volte pure quelli pericolosi. I carri dei vincitori sono fatti così.
 
Roberto Fico è un’altra cosa. In tutti i sensi. Anche se qualcuno di quelli che non si scandalizzava leggendo il curriculum della Fedeli ministro dell’istruzione senza laurea e candidata pure senza vergogna addirittura alla presidenza del Senato, ha già cominciato a spulciare nel suo cercando invano qualche virgola sbagliata. In realtà, il «movimentista» Fico, con la sua barba folta e i primi capelli bianchi, è uno quasi vergine. Di sicuro, non farà come i suoi predecessori magari di sinistra che parlavano tanto della politica che doveva avvicinarsi alla gente, ma poi quando c’era da togliersi un euro tiravano subito fuori «il decoro delle istituzioni» e nemmeno si porterà mai dietro la fidanzata sull’aereo di Stato per seguire qualche funerale in Sudafrica.
 
Lui, nel lustro in Parlamento che si è appena chiuso, da presidente della Vigilanza Rai ha rinunciato all’indennità di funzione cui avrebbe avuto diritto (30mila euro) e all’auto blu. Certo, non avrà ricevuto i complimenti di Bruno Vespa: «Per cinque anni non ha fatto altro che chiedere la chiusura di Porta a Porta». E neppure quelli di Fabio Fazio, che aveva attaccato nel giugno 2107 per il suo sostanzioso stipendio: «E’ il classico comunista con il cuore a sinistra e il portafogli a destra». In compenso per ora si è preso una bella razione di camplimenti bipartisan in Parlamento, da Zanda alla Boldrini a Giorgetti, passando per altri elogi più o meno sinceri dalle truppe di centrodestra.

Figlio di un impiegato del Banco Napoli, dopo la maturità al liceo Umberto e la laurea a Trieste con 110 e lode in Scienza delle comunicazioni, ha fatto un mucchio di lavori e lavoretti, cominciando in un tour operator a Genova, la Kuoni Gastaldi, per la quale ha progettato la rete internet. Poi, più o meno di seguito, è stato impiegato in un call center, responsabile della comunicazione per un ristiorante albergo di un suo parente e perfino l’importatore di tessuti dal Marocco. Tutto questo prima di lanciarsi anima e corpo nella politica, la sua grande passione assieme alla fisarmonica e ai film di Stanley Kubrick.
 
Quasi tutti gli osservatori hanno sottolineato il fatto che la sua elezione è stata voluta da Di Maio «per depotenziarlo e dissuaderlo dal prendere posizioni polemiche contro l’alleanza» più che probabile con la Lega. Lui non è solo quello che aveva detto: «Vi garantisco che non saremo mai alleati con loro dopo il voto: siamo geneticamente diversi». E’ anche, secondo la lettura un po’ di routine che ne danno i cronisti, il punto di riferimento degli ortodossi e di chi vuole mantenere un presidio contro eventuali derive a destra.
 
Ora, detto che nel Movimento tutte queste categorie paiono ormai abbracciate insieme, è vero però che più di una volta ha preso le distanze da Di Maio. Se il candidato premier dei 5 Stelle si era schierato a difesa di Virginia Raggi e dell’operato delle forze dell’ordine che avevano sgomberato con gli idranti a Piazza Indipendenza gli extracomunitari, lui aveva invece subito commentato: «Uno Stato così non mi rappresenta». E dopo i fatti di Macerata, riferendosi al bullo nazista che aveva sparato contro alcuni uomini di colore, aveva affermato che quell’episodio non era «solo razzismo, ma anche terrorismo, esattamente come quello dell’Isis». E aveva aggiunto: «La democrazia prevede vicinanza ai più deboli e cooperazione, accoglienza e dialogo. L’unica forma di Paese che riconosco è quella di un Paese non violento e contro ogni idea che inciti al razzismo e alla violenza».
 
A rileggere queste parole, sembra davvero una persona quasi inconciliabile con le politiche del centrodestra, che Di Maio - volente o nolente - è costretto a corteggiare. Ma bisogna stare attenti. In realtà Roberto Fico è la splendida figura di un uomo contro. Uno che vuole davvero e sinceramente l’abolizione degli scandalosi privilegi della casta politica e che farà tutto il possibile dal suo scranno per accelerare il voto sui tagli e su altre prebende. Temiamo solo che poi si scontri contro la volontà di un Parlamento che non avrà nessuna voglia di seguirlo su questa strada. I fatti non sempre corrispondono alle idee.
 
In ogni caso alla Camera hanno eletto l’esatto opposto del Presidente del Senato. Non solo politicamente, visto che da un a parte c’è la pasdaran che si era vestita a lutto in completo nero il giorno della decadenza di Berlusconi e dall’altra colui che lo stesso giorno aveva tuonato: «Spero che Berlusconi esca dalle vite politiche delle persone. Lui è un incubo». Fico è favorevole al matrimonio gay, allo ius soli e perfino all’eutanasia per i malati terminali. Definire Maria Elisabetta Casellati contraria a tutto ciò è riduttivo. Dentro a questa separazione di idee così netta c’è tutta la nuova legislatura, con il pd in mezzo che fa il possibile per cancellarsi definitivamente. Per adesso nessuno ha ancora capito da che parte penda davvero la bilancia. E se basterà, quello che diceva Giovanni Falcone, uno dei miti del Presidente della Camera: «Possiamo sempre fare qualcosa». Già. Bisogna vedere che cosa.