‘Bella, ciao!’. Elly scende in campo. Lei è “coraggiosa” ma non è sola
Tutti i big e tutte le correnti dem sono silenziosamente al suo fianco nel congresso del Pd contro Bonaccini
Gli ‘schleiniani’ forse non esistono, ma il peso delle correnti e dei vari big è tutto con Elly… “Facciamolo insieme – dice Elly Schlein -. Io insieme a voi voglio diventare la segretaria del nuovo Pd!”. E qui scattano l’urlo liberatorio di ‘Bella ciao!’, i pugni chiusi, l’emozione calda, nonostante il clima da freddo inverno, romano. Elly Schlein, dimostra buoni doti oratorie, sa muoversi tra gli slogan e le astuzie della politica. Si presenta, innanzitutto, al Monk, locale assai noto nella scena musicale indie romana che sta al quartiere di Portonaccio, a due passi dalla stazione Tiburtina, molto fuori dalla Ztl. Un ritrovo della sinistra alternativa, tra capannoni e fabbriche dismesse, ma tutt'altro che ‘proletario’. Chi ci va, di solito, ha il portafoglio gonfio. Sedie disposte a circolo, piccolo leggio al centro, anche il pubblico presente è da ‘ceto medio riflessivo’: persone canute, di mezz’età, mischiati a vari under 40, stile‘Sardine’, non a caso numerose e, non a caso, già attive. Jasmine Piromallo – alter ego di Mattia Santori – è presente al Monk e tal Carneade Lorenzo Donnoli invita le altre ‘sardine’ “prendere la tessera del Pd per votare Elly” (caso non nuovo di partito usato come taxi).
I militanti e simpatizzanti (pochi gli iscritti al Pd) stanno dentro, al caldo, non si perdono una parola del discorso di auto-investitura di Elly Schlein, il cui slogan per la campagna è "Parte da noi!", slogan ripetuto tutt'attorno dai cartelloni in sala. Gli ambasciatori e plenipotenziari delle correnti che ne appoggiano la corsa stanno fuori, a fumare e disegnare scenari. Elly mostra un volto fiero, battagliero (“siamo un onda, non una corrente, gli ‘schleiniani’ non esistono a causa del cognome”), ma le correnti l’appoggiano eccome. Anzi, è lei la candidata da battere, almeno al ‘primo giro’, le primarie tra gli iscritti, per la prima volta aperte anche ai non iscritti, nel senso che ci si può iscrivere fino all’ultimo momento (31 gennaio 2023) e anche con la tessera di altri partiti (sic). Lei per prima, da anni senza la tessera del Pd, si iscriverà questa settimana. Dario Franceschini (Area dem) è main sponsor: ieri c’erano il fidato Alberto Losacco, Marina Sereni, l'ex vice ministra degli Esteri e riferimento di AreaDem, per cui rappresenta "una ventata di aria fresca di cui il Partito democratico ha grande bisogno'', e la moglie, giovane neo deputata, Michela De Biase. Sarà lei la portavoce della mozione Schlein mentre il coordinatore, con un colpo gobbo, potrebbe diventare Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, che si ritirerebbe dalla sua corsa iniziata tutta in solitaria ma mai davvero formalizzata, per sottrarre pezzi di sindaci e anche di centro Italia a Bonaccini. Andrea Orlando sta per fare il grande passo e appoggiare ufficialmente la corsa di Elly (ieri Cesare Damiano, della sua corrente, l’ha endorsata in modo palese, ormai pare fatta). Peppe Provenzano, ieri in prima fila, lo ha già fatto, ma non dispone di una corrente, a differenza di quella di Orlando, ben ramificata. Come l’ex-ex Vincenzo Vita, anima vagula blandula della sinistra radicale, Laura Boldrini, Erasmo Palazzolo (ex di LeU, poi passati al Pd) e Articolo Uno di Roberto Speranza. Ieri, il suo coordinatore Arturo Scotto, ha portato il peso di un ex partito già diventato corrente: gli iscritti ad Art. 1 voteranno, per la prima volta, al congresso di un partito che, da anni, non è più il loro (se ne andarono causa segreteria di Renzi nel 2017), e che, pur essendo poche migliaia, pesano eccome.
Poi ci sono gli zingarettiani, pure loro convinti, e ieri presenti con Marco Miccoli, Marco Furfaro, Cecilia D’Elia, Roberto Morassut, nonché diversi ufficiali di complemento a metà tra zingarettiani e lettiani. L’asse Zingaretti-Letta-Franceschini-Orlando-Provenzano, lo stesso che ha garantito l’elezione degli ultimi due segretari (Zingaretti alle primarie, Letta in Assemblea) è tutto con lei, con Elly. Bonaccini avrà vita dura, nel voto tra i circoli: con lui c’è solo Base riformista, forse i Giovani turchi, Delrio, aree di opposizione interna che non gestiscono più potere da anni e che, nella compilazione delle liste elettorali, sono stati falcidiati e, alle elezioni, decimati. Poi, alle primarie aperte si vedrà, è tutt’altra gara.
Che partito ha in mente, la pasionaria Elly? Una specie di partito radicale di massa…
Che partito ha in mente di costruire la Schlein? “Un nuovo Pd dal profilo e dall’identità chiara”, tutto spostato a sinistra, contro “il neo liberismo”, radicalissimo sui diritti civili e pure quelli sociali (“diseguaglianze, clima e precarietà le tre sfide”): ricorda più un partito radicale di massa che il Pd, una via di mezzo tra Podemos e il Psoe spagnolo, o tra Pasok e Syriza, barra tutta spostata a sinistra. Schlein, non a caso, non critica mai i 5Stelle, difende il reddito di cittadinanza, attacca Renzi a muso duro per le sue “scelte scellerate” (Jobs Act in testa) e, si capisce, si scaglia contro la Meloni. Tra tanti momenti di commozione (comprensibile quello per l’attentato alla sorella) e tanti applausi, il ‘noi ci siamo’ di Elly nasconde l’altro ‘noi’, quello delle correnti e dei big dem. Tutti con lei.
Sull’identità del partito cui mira la Schlein coglie bene il punto Alfonso Raimo sull’Huffington Post: “Vuole fare la segretaria di un altro partito. Il partito del lavoro o qualcosa di simile. Di certo non il Pd com’è oggi, e tanto meno come lo hanno fondato nel 2007. Quello va archiviato, salvando ben poco”. “Serve una cosa nuova”, dice Schlein ai militanti che l’hanno raggiunta al Monk. “Ad ascoltarla non solo idealisti di mezza età ma anche tanti giovanissimi uniti dall’idea che il Pd come lo hanno conosciuto non può essere quello vero” continua la cronaca diretta di Raimo. Che invece sia proprio quello glielo ricordano i tanti dirigenti e parlamentari, più o meno consapevolmente affiliati a un’area organizzata. Le truppe si dispongono più o meno così: nelle sale ad ascoltare i militanti, quelli che ci credono, in giardino i correntizzati. La maggior parte dei presenti sono simpatizzanti, non iscritti. E’ la base che vota, sempre di meno, tra mal di pancia e proteste. Tanti sono gli under 40. Entusiasti Laura Boldrini e la sardina Jasmine Cristallo. “Venite liberi o non venite affatto. Qui sono tutti sono sullo stesso piano. Siamo un’onda non una corrente”, tuona intanto dagli altoparlanti Schlein ma che ha bisogno come il pane di un ‘aiutino’ interno. Le correnti servono nel voto degli iscritti.
Correnti e militanti schleiniane (“non ci sarà una corrente, col mio cognome non è possibile”, dice sottovalutando l’estro lessicale dei Dem) sono uniti da un filo rosso.L’antirenzismo. Schlein lo sa e spinge sul tasto. Evoca la battaglia contro i 101 – “senza la base scordatevi le altezze”, dice tra gli applausi – e al leader di Italia viva riconosce il merito “di aver spinto” lei “e tanti altri fuori del Pd, con le sue scelte scellerate, di aver umiliato chiunque avesse un’idea diversa”. Renzi, il capo di quei 101 che “affondarono la candidatura di Prodi al Quirinale e impedirono a Bersani il governo del cambiamento”. La sala le tributa l’applauso più lungo. “Non ci faremo dire da chi ammicca alla destra cosa deve fare la sinistra”. E giù applausi. Subito dopo manda un abbraccio a Stefano Bonaccini, candidato degli ex renziani di Base riformista e presidente della giunta emiliano romagnola, di cui era vice. “Siamo la dimostrazione che le diversità possono governare insieme”. Ma il suo Pd non è quello di Bonaccini. “Non vogliamo una resa dei conti identitaria, ma far nascere un nuovo Pd che abbia profilo e identità chiara”, dice lei. Si parte dalla messa in discussione del “modello neoliberista che si nutre di diseguaglianze ed è inadeguato per il pianeta”, dice, prima di ricordare, tra la lacrime, Antonio Prisco, sindacalista e rider morto a 37 anni. Difende a spada tratta il reddito di cittadinanza – “ha impedito un milione di poveri” – mette il lavoro al centro – “ma non solo a parole, con 3 milioni di lavoratori poveri, vogliamo che lavoro e poveri non stiano nella stessa frase” – affronta la questione di genere puntando Giorgia Meloni: “Non ce ne facciamo niente di una premier donna che non difende le donne”. Bolla come secessionista il ddl Calderolisull’autonomia, annuncia battaglia contro le privatizzazioni in sanità, promette la difesa ad oltranza dei diritti. Le alleanze? “Verrà il momento di parlarne, intanto si possono fare battaglie in comune con le altre opposizioni”. Parla al plurale ma è chiaro: il feeling è con Conte e i suoi 5Stelle, non certo col Terzo Polo.
Su queste base Schlein “vuole fare la segretaria del Pd”, o meglio di un partito nuovo “la cui fase costituente non si chiude neanche con le primarie, neppure con il congresso”. Sembra guardare a un partito di sinistra, ben oltre gli steccati del Pd attuale. Erasmo Palazzotto, parlamentare ex Leu, vede in questo un passaggio inevitabile come spiega sempre a Raimo nel suo articolo. A costo di ulteriori abbandoni, come quello annunciato di Gori. “In Europa i partiti socialdemocratici che si sono rafforzati hanno scelto tra la loro destra e la loro sinistra. Anche il Pd va incontro a questo destino. Se non sceglie - spiega Palazzotto - rischia di fare la fine di Pasok e Psf, di ridursi al lumicino. Del resto vale anche per Bonaccini, se vince lui farà il segretario di qualcosa di molto simile alla Margherita”. Il che è falso, oltre che ingeneroso dirlo, ma tant’è. Dal congresso del Pd rischiano di uscire non un partito più forte, ma solo due partiti più piccoli.
Chi è Elly Schlein, la ‘coraggiosa’ e ‘vincente’
Anche ieri, nel suo discorso in stile ‘obamiano’ (lei al centro di un palco circolare, tutti intorno i militanti e simpatizzanti a dare l’idea del ‘noi’), per la neo-candidata al congresso del Pd è stata anche l'occasione per ricordare ilsuo curriculum politico: la nascita nel PD, la fuoriuscita dopo il siluramento di Prodi al Quirinale, il mandato al Parlamento europeo, la vittoria anche alle regionali in Emilia Romagna che l'hanno sospinta alla vicepresidenza accanto a Bonaccini. Che Schlein ringrazia, e gli augura buona fortuna come la augura a tutti gli altri candidati alla segreteria PD: "sarà una bella gara" dice, promettendo che qualunque sia il risultato, all'indomani delle primarie lei ci sarà per aiutare a ricostruire il partito nell'unità. Sono cose che dice anche per rintuzzare quelli che l'accusano "di occuparmi solo di diritti civili per via delle mie preferenze sessuali" (Elly è lesbica). Schlein è criticata da destra, dal centro e anche da sinistra; anche da certe frange femministe; qualcuno dice che è la candidata perfetta per il PD, o per finire di affossarlo, la "candidata delle ZTL", troppo benestante, troppo elitaria. "Il motivo per cui faccio questa scelta è che dopo la dura sconfitta elettorale mi sono arrivati tantissimi messaggi" dice lei a margine, "anche da dentro il PD, e da fuori, anche da elettori ed elettrici delusi che hanno una grande voglia di rinnovamento, che vogliono ricostruire una sinistra che sia europeista, ecologista e anche femminista”.
Aggettivi che la qualificano e la individuano. Ma la parabola politica di Elly Schlein, è più complessa e passa attraverso anni di battaglie e esperienze che l'hanno vista avvicinarsi, allontanarsi e ancora avvicinarsi al partito, componendo via via la figura di giovane donna (auto)vocata a rinnovare la sinistra italiana. Internazionale la storia della sua famiglia: il nonno materno, Agostino Viviani, era un noto avvocato senese e antifascista, mentre il nonno paterno, Harry Schlein era emigrato negli Stati Uniti da una famiglia di origine ebraica, dell'Europa Orientale. Nata in Svizzera nel 1985, da madre italiana e padre americano, Elly ha scelto Bologna come città per laurearsi in giurisprudenza e vivere. Oltre a Susanna, la diplomatica dell'ambasciata greca vittima nei giorni scorsi di un attentato, ha anche un altro fratello che vive all'estero. Volontaria in gioventù nella campagna elettorale di Barack Obama, esperienza che raccontò anche in un blog, nel 2013 Schlein lanciò insieme ad altri 'OccupyPd', nata per protestare contro i 101 che affossarono l'elezione di Romano Prodi al Quirinale e proponendo 102 (una in più) idee per cambiare il centrosinistra.
L'anno dopo fu candidata con le liste del Pd alle Europee e, un po' a sorpresa, venne eletta. Ma poi uscì dal partito, insieme a Pippo Civati e in aperto contrasto con Matteo Renzi, per fondare ‘Possibile’, altra esperienza da cui, però, presto poi si allontanò. Decise poi di non ricandidarsi alle elezioni Europee ed è tornata in campo per le Regionali di gennaio 2020, dando vita ad un rassemblement ecologista-progressista, Emilia-Romagna ‘Coraggiosa’, con l'obiettivo di raccogliere tutte le forze di sinistra che sostenevano Bonaccini, la cui giunta in quel momento era fortemente minacciata dal centrodestra. I sondaggi ventilavano una disfatta in uno dei suoi storici fortini e Matteo Salvini era impegnato a battere il territorio quasi ogni giorno per sostenere la candidatura Lucia Borgonzoni. In una di queste occasioni, a San Giovanni in Persiceto, il leader leghista trovò proprio Schlein, con un gruppo di attivisti, ad attenderlo fuori da un comizio e incalzarlo sulle politiche migratorie dell'Unione europea e non solo. Bonaccini alla fine vinse e si riconfermò presidente e Emilia-Romagna Coraggiosa contribuì con il 3,8, ma Schlein fu primatista di preferenze con 22mila voti personali, raccolti in tre collegi. A Bologna, da sola, ne prese più dei big del Pd. "Non vogliamo fare la sinistra della ztl, perché la sinistra può e deve tornare a parlare a quei territori che si sono sentiti un po' abbandonati", commentò. Di diritto entrò in giunta e Bonaccini le diede l'incarico di vicepresidente con la delega al Welfare, ruolo che ha rivestito per gli ultimi tre anni, attraversando tutto il periodo Covid, arrivato tra capo e collo appena il nuovo esecutivo regionale si era insediato. E da vicepresidente si è candidata alle Politiche, capolista, ottenendo un seggio alla Camera, pur rimanendo ancora non iscritta al Pd. Dopo un po’ di riflessione, con poche e mirate uscite pubbliche e due settimane dopo la discesa in campo di Stefano Bonaccini, ecco la sua scelta: correrà. Ma non da sola, stavolta. Con tutti i big al suo fianco.