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Venti di guerra sì, ma in Italia, tra Draghi e Conte sulle spese militari. La trattativa appesa a un filo

Guerini usa parole dure: “Mantenete gli impegni”. Tutti in attesa dell’incontro a due di domani sull’aumento delle spese militari ma anche su tutto il resto che divide il principale partito di maggioranza del premier

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Giuseppe Conte e Mario Draghi (Foto Ansa)
Giuseppe Conte e Mario Draghi (Foto Ansa)

Una giornata iniziata male, sul fronte della ‘guerra interna’ (quella che sta per scoppiare tra il M5s di Conte e il premier Draghi, una sorta di guerriglia alla Zelensky-Conte contro Putin-Draghi, questo almeno nei ‘film’ a cinquestelle) finisce quasi benino. Domani, con l’incontro a due tra Conte e Draghi le tensioni – sull’aumento delle spese militari ma anche su tutto il resto che dividono il principale partito di maggioranza dal premier – potrebbero scemare e aprirsi quelle ‘trattative di tregua’ che potrebbero portare alla tanto agognata ‘pace’. Anche perché l’alternativa, ‘la guerra’, sarebbe la crisi di governo con conseguenze inimmaginabili, pari a quelli di un’arma nucleare tattica, sulla politica.

Oggetto del contendere, l’aumento delle spese militari

Ma prima di arrivare al vertice di domani ce ne vuole ancora di strada da fare. Il chiarimento è solo agli inizi, tra partiti della maggioranza (M5s in testa) e Governo sull'aumento delle spese militari per raggiungere la percentuale del 2% fissata dagli accordi Nato sottoscritti dai Governi dei Paesi membri nel 2014. Venerdì scorso in conferenza stampa a Bruxelles, al termine della due giorni di summit dell'Occidente Europa-Usa sul conflitto in Ucraina con il presidente americano Joe Biden, il premier Mario Draghi ha sottolineato la necessità che le forze politiche diano prova di massima compattezza interna e con le scelte dell'Occidente, necessaria in presenza di un conflitto aperto con la Russia.

Unità e affidabilità a cui anche il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, nei giorni scorsi messo esplitamente all'indice da Mosca, richiama stamani il Parlamento con una lettera al quotidiano la Stampa, a sua volta oggetto di denuncia pubblica alla Procura di Roma dal Governo di Roma per una presunta istigazione a mezzo stampa all'omicidio di Vladimir Putin.

La festa ‘cento meno uno’ dell’Aeronautica

La lettera di Guerini, come pure le sue parole alla festa ‘cento meno uno’ con cui l’Aeronautica militare italiana ha festeggiato, ieri, in una cerimonia intensa e solenne, tra labari, bandiere, inno nazionale e medaglie al valore conferite, il suo 99 anniversario di nascita e fondazione (è del 1923), all’aeroporto militare di Ciampino, alla presenza del Capo di Stato maggiore dell’Am, Luca Goretti, del Capo di Stato maggiore della Difesa, Cavo Dragone, e di molte altre autorità, sono state di rara chiarezza.

Alla cerimonia, prima nel discorso ufficiale e poi in modo informale davanti ai giornalisti, Guerini ha ribadito “la centralità” assunta dalla missione di Air Policing in Romania, con il raddoppio dei velivoli Eurofighter della task force 'Black Storm', “che ha rassicurato i nostri Alleati e ha contribuito all'affermazione della coesione dell'Alleanza nella ferma risposta all'invasione dell'Ucraina”. Poi Guerini è volato a Costanza, sul mar Nero, in Romania, dal contingente italiano, per esprimere la vicinanza del governo e sua personale alla nostra Aviazione. La deterrenza, in buona sostanza, si ottiene con armi migliori, più moderne ed efficienti e – ha ribadito il ministro – “Gli investimenti nel settore della difesa sono importanti e funzionali alla sicurezza, presupposto imprescindibile per la pace, e alla capacità di deterrenza, fondamentale per difendere i valori fondamentali delle nostre società e le conquiste della nostra democrazia, recentemente e drammaticamente messe a repentaglio dalla sanguinosa invasione dell'Ucraina", spiega il ministro. Ricerca, difesa e capacità di deterrenza, dunque, si tengono. E proprio e non solo perché ieri era la loro festa, Guerini ricorda che "In questa tragica attualita' che affligge i nostri pensieri ma rinsalda la nostra volonta' collettiva, sottolineo il prezioso contributo dell'Arma azzurra che ringrazio per l'enorme impegno profuso con professionalita' a tutela dello spazio aereo dell'Alleanza atlantica".

Già, ma per farlo servono fondi, ricerca, mezzi, uomini. L’attuale spesa militare non può bastare. Ecco il perché della richiesta di un discreto aumento che, peraltro, tutte le nazioni europee stanno portando avanti, dalla Germania in giù.  

Guerini ricorda gli impegni assunti dall’Italia

E qui, ma nella lettera inviata a La Stampa, Guerini ricorda “gli impegni assunti nel 2014, al vertice in Galles, dai Paesi membri dell'Alleanza atlantica e quindi anche dall'Italia, sul raggiungimento dell'obiettivo del 2% del Pil per le spese della Difesa dei singoli Stati entro il 2024. Impegno sottoscritto dall'allora Governo italiano in carica e riaffermato da tutti i presidenti del Consiglio, nessuno escluso (cioè anche i due governi Conte, ndr.), negli anni seguenti nelle dichiarazioni formali conclusive sottoscritte alla fine di svariati summit e confermate anche a quello di Londra, nel dicembre 2019". “’Nelle relazioni internazionali la reputazione dell'affidabilità è una risorsa più importante della dimostrazione di abilità tattiche', scrive Kissinger in un bel libro di qualche anno fa, Ordine mondiale. Non credo che sul punto ci sia molto da aggiungere: la credibilità di un Paese e, a mio giudizio, dei suoi leader, è un capitale fondamentale sul piano delle relazioni internazionali. Probabilmente il più importante”.

Il decreto che invia armi all’Ucraina al Senato

Lettera aperta, quella di Guerini, non a caso pubblicata a inizio della settimana in cui il Senato (oggi con il voto delle commissioni riunite Esteri e Difesa) e mercoledì o al più tardi giovedì è chiamato a convertire definitivamente in legge il decreto per i primi aiuti umanitari economici e militari dell'Italia all'Ucraina. Aiuti militari compresi, dunque. La Camera lo ha già approvato dieci giorni fa, con voto unanime compreso quello della opposizione di Fdi e la sola defezione di Sinistra Italiana di Fratoianni e Verdi europei, contrari all'invio delle armi, più gli ex M5s dell’Alternativa (oggi nel Misto) e un piccolo, ma ancora sparuto, manipolo di pentastellati ortodossi e dissenzienti.

Il rischio rappresentato dall’odg di Fratelli d’Italia

Come alla Camera, dove è passato un odg della Lega, votato da tutti (M5s compresi) sull’aumento della quota da destinare, nel Pil, alle spese militari, anche al Senato Fdi accompagna il suo voto favorevole con il deposito di un ordine del giorno che impegna il Governo ad aumentare la spesa militare. Respinto dalla maggioranza a Montecitorio (con inevitabile spaccatura dunque del centrodestra sulle armi, ma poi è passato quello della Lega che diceva la stessa cosa), l'odg se rivotato a palazzo Madama rischia stavolta spaccare l'intera maggioranza (e il centrosinistra) per il cambio di linea dei Cinque Stelle, passati nel frattempo al no all'aumento delle spese militari, dopo aver detto sì al loro aumento per anni, governi Conte I e II in testa. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento M5s Federico D'Incà e il Sottosegretario Pd alla Presidenza con delega alla Ue Enzo Amendola lavorano al compromesso per tentare di tenere insieme unità e affidabilità reclamate da Draghi e Guerini e la richiesta di Conte di "ascoltare le richieste dei Cinque Stelle con l'attenzione che si deve alla prima forza parlamentare di maggioranza".

La solita soluzione: mettere il voto di fiducia

La soluzione possibile di un voto di fiducia del Senato sul decreto che annullerebbe quello sugli odg ha però il difetto di estromettere l'opposizione di Fdi dal voto a favore, andando in senso contrario alla conclamata unità di tutte le forze parlamentari. Una possibilità è semmai quella di far accogliere dal governo l'odg di Fdi con l'effetto di evitarne la votazione, ove Fratelli d'Italia consenta. Molto dipendeva dal consulto in videocall governo-maggioranza di ieri sera. E, più in generale, dal chiarimento che Draghi avrà oggi con Conte e con gli altri leader delle forze di maggioranza in vista del Def che il Governo deve mandare in Parlamento entro il 10 aprile. Non solo le spese militari, ma quelle per la transizione energetica, per l'attuazione del Pnnr dovranno essere riviste, condivise e sottoscritte insieme, avendo l'invasione della Russia in Ucraina di fine febbraio cambiato completamente lo scenario politico internazionale con inevitabili riflessi su quello nazionale.

La riunione di maggioranza di ieri sera

Il primo step, dunque, ma non risolutivo, è stata la riunione di maggioranza, alla presenza del governo e dei componenti delle Commissioni Difesa ed Esteri del Senato, che si è tenuta ieri sera alle 20. Partecipavano il ministro per i Rapporti con il Parlamento D'Inca', il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Amendola, i sottosegretari Mule' (Difesa) e Della Vedova (Esteri), i presidenti delle due commissioni (Petrocelli di M5s e la dem Pinotti), i capigruppo nelle rispettive commissioni dei partiti di maggioranza (o i delegati dai gruppi parlamentari per il provvedimento) e i capigruppo di maggioranza a palazzo Madama.

Ma, a ieri sera tarda, il braccio di ferro sull'aumento delle spese militari era ancora in corso e anche la prospettiva di un ordine del giorno unitario della maggioranza appariva sempre piu' lontana. I tentativi di cercare un accordo per ora sono falliti. Al momento, dunque, non c'è una 'exit strategy', ma il primo nodo da sciogliere è cosa fare con l'ordine del giorno di Fratelli d'Italia. Perche' FdI chiederà che il suo odg, che ricalca il testo approvato alla Camera, si voti già in Commissione. Il voto è previsto oggi ma potrebbe slittare a mercoledì (quando il decreto Ucraina è atteso in Aula) e dopo il faccia a faccia tra il premier Draghi e il leader M5s Conte. Se il governo dovesse dare parere favorevole all'odg di FdI sull'aumento delle spese militari, il Movimento 5 stelle voterebbe contro: da qui il rischio di una drammatica spaccatura. Tanto che la richiesta all'esecutivo è di non dare l'ok al testo dell'opposizione.

Il rischio di una drammatica spaccatura

Il Pd è favorevole a discutere della tempistica dell'incremento delle spese militari e a rimarcare la necessità di inserire i fondi in un contesto di Difesa europea, ma resta fermo sulla necessità di rispettare gli impegni presi con la Nato. M5s al contrario è netto, nessun passo indietro, a costo anche di votare contro il Def. E attende che dal governo arrivi una posizione di ragionevolezza.

Conte resta convinto che non sia questo il momento di aumentare la spesa pubblica per il riarmo anziché fronteggiare il caro bollette e il caro carburante. Renzi lancia l'affondo: Conte "per avere un like in più, nel difficile confronto elettorale che deve portarlo a fare il leader dei Cinque Stelle (una storia incredibile: è l'unico candidato, si confronta con la sua ombra, ma non riesce a farsi eleggere perché sbagliano le regole e perdono i ricorsi), ha minacciato la crisi di governo in caso di aumento delle spese militari. Quelle stesse spese militari che Conte ha aumentato più di noi e che si è ulteriormente impegnato ad aumentare nei vertici Nato cui ha partecipato". E il dem Marcucci rincara la dose: "Se nel Movimento 5 stelle prevale Di Battista nessun dialogo con il Pd". Calenda dice lo stesso. Insomma, per Letta i problemi di far ‘digerire’ i 5stelle all’ala liberal, riformista e moderata del partito sono sempre maggiori. Il warning di un peso massimo come Guerini ne è solo l’esempio.

Problemi interni al M5s dietro l’altolà di Conte

Decisivo, a questo punto, diventa il vertice di Conte che incontrerà il premier Draghi oggi pomeriggio alle 17,30. L’ex premier prima aspetta l'esito della votazione sulla leadership M5s (i termini scadevano ieri sera alle 22) e intanto ha riunito i componenti dei comitati. Ma continuano a serpeggiare malumori in chi ritiene che l'ex premier non sia legittimato a utilizzare i fondi del Movimento per costruire - questa la tesi di chi si oppone alla guida del giurista pugliese - un partito all'interno del partito e pensa che il quadro cambierà dopo le amministrative. Sullo sfondo c'è lo spettro di nuovi ricorsi portati avanti dall'avvocato Borre' ma nei gruppi parlamentari c'è anche chi teme provvedimenti per chi non si allinea al Capo. 

Dietro le quinte c'è chi si appella al garante Grillo e chi auspica che in caso di flop ai prossimi appuntamenti elettorali (oltre alle comunali ci saranno le Regionali in Sicilia) si possa ripercorrere la strada del direttorio a cinque o di affidare il Movimento ad altre figure, come l'ex sindaca di Roma Virginia Raggi. Ma l'ex presidente del Consiglio tira dritto. Nell'agosto del 2021 prese oltre 67mila preferenze, per ora ne sono arrivate 50mila, nel primo giorno di voto. Poche. Ma lui ha fatto sapere che se non arrivasse una legittimazione piena farebbe un passo indietro. "Mi aspetto - afferma - che la comunità faccia una scelta chiara e forte. Abbiamo bisogno di andare avanti con forza, determinazione e coraggio. Mi aspetto un'investitura chiara". E indica la rotta: "le priorità del Paese - osserva - sono lavoro, giovani, contrasto al precariato, salario minimo, pensioni". Ripete di non volere una crisi di governo ma anche di non voler fare alcun passo indietro: "Una corsa al riarmo sarebbe inutile, sarebbe un prendere in giro gli italiani". Quello del dl Ucraina è il primo scoglio che si troverà ad affrontare. Alcuni pentastellati, riferiscono fonti parlamentari, hanno già fatto sapere che non saranno presenti in Aula per votare il decreto sul quale il governo sta valutando di porre la fiducia, considerato lo stallo in Commissione. Il problema è tuttavia che la fiducia al Senato fa decadere odg e emendamenti in Aula, ma non in Commissione. Quindi molti dei voti a ieri previsti sono a rischio.

Il voto sul neo-leader sarà un vero plebiscito?

Insomma, nel giorno che dovrebbe sancire la sua conferma a leader del Movimento 5 Stelle - il risultato del voto tra gli iscritti si saprà tra poche ore, ma l'esito appare scontato – Conte sembra davvero aver ricompattato 'in presenza' il partito. Riunisce i Comitati politici e tematici allo Scout Center di Roma e annuncia che il M5S "non farà passi indietro" e continuerà a dirsi contrario all'aumento delle spese militari, a "un riarmo inutile che sarebbe una follia". E a chi gli chiede se questo possa portare a uno strappo con il Governo, assicura: "Il Movimento 5 Stelle è un pilastro di questa esperienza di governo. Non è il Governo dei nostri sogni ma lo sosteniamo con responsabilità". Nessuna crisi in vista. Dunque, ma il messaggio che l'ex premier vuole lanciare è quello di unità rispetto a un tema, quello del 'no' al riarmo, diventato ormai un mantra 5 stelle. Andiamo avanti", dice Conte aprendo la 'due giorni' pentastellata, che vede riuniti fino a stamattina un centinaio di esponenti tra parlamentari e membri del Governo. Decisivo resta e resterà il suo vertice previsto domani pomeriggio, alle 17.30 a Palazzo Chigi, con il presidente del Consiglio Mario Draghi.

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