Corsa al Colle. Berlusconi intigna, Salvini e Meloni dubitano, Letta chiede "armonia", Renzi "tenta" il centrodestra. Il centrosinistra si arrocca su Draghi e Mattarella
Attesa per il vertice dei leader di Lega, Fi e FdI per sciogliere il nodo della candidatura di Berlusconi al Quirinale. Dopo l'ok a un governo senza Draghi, Salvini frena
Salvini assicura: “per noi c’è solo Berlusconi”. Il punto politico della giornata politica, in vista delle elezioni del nuovo inquilino del Quirinale, che si avvicina a grandi passi, è presto detto. E la notizia del giorno non è certo quella – ovvia, allo stato delle cose – che snocciola Matteo Salvini. Il quale leader della Lega sostiene o finge di credere (forse per farsi coraggio) che “il centrodestra compatto e convinto nel sostegno a Berlusconi, non si accettano veti ideologici da parte della sinistra”. E poi aggiunge: “Spero che nessun segretario e nessun partito si sottraggano al confronto ed alla responsabilità”. La verità è che, da un lato, il Capitano finge fedeltà a Berlusconi e, dall’altro, pensa a un piano B (Letizia Moratti, Marcello Pera, Franco Frattini) nel caso in cui i numeri non fossero sufficienti. In realtà, nonostante la strenua difesa del Cavaliere e il sostegno alla sua candidatura, da parte dei partiti di Salvini e di Giorgia Meloni trapelano ormai molte perplessità sulla possibilità che il leader di Forza Italia possa salire al Colle. Ieri il capogruppo della Lega alla Camera, Roberto Molinari, aveva detto: “Dobbiamo capire se Berlusconi è davvero in campo. Dobbiamo però prepararci a un piano B, trovare un'altra figura di centrodestra che sia condivisibile anche dal centrosinistra”, aggiungendo “il Cavaliere è divisivo” con parole che riecheggiano quelle del leader del Pd Letta...
La Meloni frigge, i centristi vari pure…
Parole che il leader del Carroccio prova a smorzare, sebbene ieri Salvini stesso si sia smarcato da Berlusconi sostenendo, al contrario di Cavaliere, di non aver intenzione di sfilarsi dal governo ove mai Draghi andasse al Quirinale.
Intanto, Giorgia Meloni fa sapere che nel vertice di oggi, che si terrà a Villa Grande, sull’Appia, nuova residenza romana del Cavaliere, con gli alleati continuerà “a chiedere la compattezza della coalizione dall'inizio alla fine dell'elezione per il Colle, una compattezza che Fratelli d'Italia può garantire perché, lo sanno tutti, abbiamo sempre avuto una parola sola”. Tantomeno contano le parole che arrivano dall'Udc, il cui segretario nazionale, Lorenzo Cesa, ribadisce che “il centrodestra è compatto” sul Cavaliere.
La frase del giorno è quella di Gianni Letta che, in nome di Sassoli, chiede “armonia”…
Ma la ‘frase del giorno’ è di tutt’altra personalità che non ti aspetti proprio, e cioè quella del ‘Gran ciambellano’ della corte di Arcore, teorico segretario generale del Colle, ove mai Berlusconi ci andasse davvero. Infatti, a parlare di Quirinale, è uno che non parla mai di default è Gianni Letta – già sottosegretario di Berlusconi a palazzo Chigi, noto nei Palazzi del Potere come “l’eminenza azzurrina” - che, uscendo dalla camera ardente di David Sassoli, aperta sul Campidoglio di Roma, invita i partiti a ispirarsi proprio all'ex presidente del Parlamento europeo, “un uomo straordinario, con il desiderio da tutte le parti di contribuire a guardare agli interessi del Paese e non alle differenze di parte. Si tratta di una grande lezione, un grande contributo”. Poi Letta – ‘mister Armonia’ oltre che ‘mister diplomazia’ - aggiunge, col sorriso solito suo, sornione e delicato, che “Il clima che si respirava l'altro giorno quando è stato commemorato David Sassoli in Parlamento era straordinario, di serenità e di armonia, di desiderio da tutte le parti di contribuire a guardare agli interessi del Paese e non alle differenze di parte. Si tratta di una grande lezione, un grande contributo. Se i grandi elettori, parlamentari e non, procedessero così all'elezione del presidente della Repubblica David avrebbe un grandissimo merito”. Insomma, è come se l’uomo su cui il Cavaliere conta, forse più di tutti, per convincere gli indecisi a votarlo, nel segreto dell’urna, stesse dicendo al Cavaliere ‘fatti da parte, crea armonia e aiuta tutti a trovare una soluzione condivisa’. Parole che, probabilmente, il Cavaliere non gradirà e che mettono Letta in una luce ambigua. Del resto, non è un mistero per nessuno che Gianni Letta – a diversi interlocutori, sia del Pd che di FI – abbia detto che “Draghi sarebbe la scelta migliore in questa fase” e che “sto provando a convincere, fino all’ultimo, l’amico Silvio a desistere perché rischia di andarsi a schiantare quando invece può fare lui il king maker di un nome di alto profilo”.
Rispunta fuori il nome Draghi (e Mattarella)
Insomma, il nome di Draghi rispunta fuori, e con prepotenza, nei conciliaboli dei vari partiti, oltre che, ovviamente, la speranza nel Mattarella bis.
Su questa endiadi si attesta anche, per dire, il responsabile Enti Locali del Pd, Matteo Ricci, che oggi, in un’intervista al Foglio, chiede un tandem che, ad oggi, appare però impossibile: “Draghi (o Mattarella) al Colle e Draghi (o un governo forte, di alto profilo) a palazzo Chigi” e si mette ‘in scia’ di Letta (Gianni, non Enrico) chiedendo di “eleggere il nuovo presidente con il metodo usato per Ciampi, col consenso di tutti”.
E così, mentre i 5Stelle si attestano, con Conte, sul ‘no’ secco a Berlusconi e continuano a invocare il Mattarella bis, ma si dividono come una mela su chi dovrà condurre le trattative (i contiani vorrebbero solo Conte, gli anti-contiani vogliono che ci siano anche i due capigruppo) e mentre il Pd parlerà domani, riunendo Direzione e Grandi elettori, cresce la confusione ma nello stesso tempo decresce il tempo disponibile. Il 24 gennaio, giorno della prima votazione di Camere riunite per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica, sta arrivando a grandi passi. Il tempo stringe, ma le forze politiche continuano a giocare. Un gioco dell'oca, a cui partecipano tutti i partiti, che avrà passaggi importanti (salvo poi come nel Monopoli essere rimandati tutti alla casella del via) da oggi in poi. I due candidati di fatto - per ora – sono e restano, dunque, Mario Draghi e Silvio Berlusconi, sempre che, appunto, non rispunti Mattarella...
Il problema è che Berlusconi non molla, anche se oggi non intende sciogliere ancora la riserva
Il problema è, però, che Silvio Berlusconi non molla la presa, è convinto di farcela e l’operazione ‘scoiattolo’ cui ha dato vita (Vittorio Sgarbi sostiene di averne convinti già dieci, del gruppo Misto, a votarlo), va avanti. Oggi il Cavaliere darà prova di ottimismo davanti ai suoi commensali, i capi dei partiti di centrodestra, invitati a pranzo a Villa Grande per il secondo round in vista della partita. Il Cavaliere respingerà il pressing di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che pretenderanno garanzie sui numeri, ribadendo che, a suo avviso, il risultato di una sua elezione al Colle è assolutamente raggiungibile.
Ma il Cav dirà agli alleati - presenti anche i centristi Luigi Brugnaro (CI), Maurizio Lupi (NcI) e Lorenzo Cesa (Udc) - che non intende sciogliere la riserva domani. Non si è mai visto qualcuno che si candida al Quirinale è il ragionamento che si sente fare tra i corridoi della residenza romana del presidente azzurro. Quindi, nessuna ufficializzazione della sua candidatura, anche se Berlusconi è determinato.
Occhi puntati sulla quarta votazione, quando basterà la maggioranza assoluta dei parlamentari e dei delegati, ovvero 505 voti. Forte del vantaggio numerico del centrodestra, anche se insufficiente sulla carta per una cinquantina di voti, il Cavaliere non ha alcuna intenzione di rinunciare alla sfida. E non si fa spaventare dal tema dei franchi tiratori nel centrodestra che, stando a un calcolo dello stesso Vittorio Sgarbi, andrebbero sostanzialmente a pareggiare i nuovi sostenitori finora acquisiti da altri gruppi e dal Misto. Secondo fonti del centrodestra, Berlusconi sarebbe convinto di averne dalla sua comunque già tra i 10 e i 12 'grandi elettori'. Ma non bastano specie se ci saranno, come è certo, franchi tiratori e se il centrosinistra dovesse uscire dall’aula.
Il vertice di Villa Grande e i dubbi degli alleati
Una partita che rischia in ogni modo di essere al buio per il centrodestra e su cui Salvini e Meloni sono invece determinati a chiedere garanzie. Che si tratti di una sfida difficile lo testimoniano, appunto, anche le parole di Gianni Letta.
E se Salvini, correggendo il tiro dopo l'apertura di ieri all'ipotesi di un governo senza Mario Draghi, eventualità che Berlusconi, allo stato contrasta, cosi' come non vede di buon occhio un trasloco del premier al Colle, ribadisce che è il candidato del centrodestra, i suoi spargono molteplici dubbi.
“Noi restiamo su Berlusconi, ma auspichiamo possa avere numeri e nomi chiari – spiegano fonti vicine al segretario leghista -. Giustamente sarà lui a dover dire qualcosa. Puntiamo ad avere risposte concrete, perché mancano ormai dieci giorni”. Stesso ragionamento viene ripetuto dalle parti di Fratelli d'Italia: “Andiamo al vertice con lo spirito di chi vuole poter operare in lealtà”, scandisce un big di via della Scrofa. “Noi siamo abituati ad aver certezze prima di un definitivo impegno e le certezze ci sono se Berlusconi si candida ufficialmente, dimostra chanches comprovabili, elementi che diano concreta speranza. Non bastano i sogni ma servono solide certezze. Poi, se si dovesse optare verso altre soluzioni pretendiamo l'impegno a proseguire tutti insieme su nome condiviso”. Che poi è il timore di Meloni e Salvini, e cioè che Berlusconi, sconfitto e sanguinante, converga con i suoi voti su un nome del centrosinistra e non da loro. Sarebbe, per i due alleati, una doppia beffa.
Resta intatto il niet del Pd come dei 5Stelle
Ovviamente, sul Cavaliere, resta il niet del centrosinistra. “Noi vogliamo dialogare, siamo assolutamente disponibili a dialogare, ma abbiamo già detto che il dialogo deve avvenire su un nome condiviso, di una personalità istituzionale, non di un capo partito. Lo abbiamo detto in modo chiaro, mi sembra una cosa di buonsenso, non una cosa eccezionalmente originale o strana”, ha ribadito il segretario Pd Enrico Letta, che chiede da settimane al centrodestra di togliere il nome di Berlusconi come condizione per sedersi al tavolo. Il fatto che il leader della Lega si sia detto disponibile a restare al governo anche senza Draghi è un segnale positivo? – gli chiedono. “Trovo che in queste ore ci sia qualche elemento di dialogo positivo, ma siamo solo all'inizio”, ha risposto.
Ma la paura che il Cav possa farcela ‘fa novanta’, nel centrosinistra, ecco perché i 5S si aggrappano a Mattarella, chiedendogli di rimanere a tutti i costi e di certo facendolo, di molto, innervosire. Tra l’altro si dice che, con tanto di precedente (lettera di Ciampi ai presidenti delle Camere del 2007) Mattarella ha pronta una lettera ufficiale da spedire e in cui scrivere che è indisponibile ove mai qualcuno nei primi scrutini, volesse usare il suo nome in modo improprio.
La posizione ambigua dei centristi…
Nell'alveo del centrodestra è confermato l'ok 'condizionato' dei centristi. “Se il centrodestra avrà una posizione comune, il candidato comune avrà i numeri per provare la corsa al Quirinale anche fosse a maggioranza, il nostro gruppo politico lo appoggerà senza dubbio”, assicura il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti (CI). “Se non ci saranno le condizioni, - aggiunge, però - auspichiamo che vi sia un esteso consenso su un candidato che possa culturalmente rappresentarci e che sia realmente un arbitro, mi auguro che tutto questo si faccia in fretta”. “Ieri abbiamo riunito i nostri gruppi, con i nostri 32 'grandi elettori', che non sono pochi, e abbiamo una posizione molto responsabile”, aggiunge. Un sì molto ‘condizionato’ dunque e pure ambiguo.
Con i delegati regionali, lo schieramento di centrodestra, contando i tre partiti maggiori (Lega, FdI e Forza Italia) può contare al momento su 129 elettori di Forza Italia (79 Camera e 50 Senato) più 8 delegati regionali; 58 parlamentari FdI (37 Camera e 21 Senato), piu' 5 delegati regionali; 197 parlamentari Lega (133 Camera e 64 Senato), più 11 delegati regionali, per un totale di 408 grandi elettori. Mancano ancora tre regioni che li eleggeranno tra lunedì e martedì. Coraggio Italia alla Camera conta 25 deputati a cui si aggiungono i 7 senatori di Idea-Cambiamo, per un totale di 32; Noi con l'Italia conta 5 deputati. Il totale fa, appunto, 451 elettori, uno più, uno meno ma poi a Berlusconi tocca trovare 50 ‘scoiattoli’ nel gruppo Misto e l’impresa non è affatto facile.
Renzi ‘tenta’ Salvini: via Berlusconi ed eleggiamo insieme il nuovo Presidente…
Dall’altro lato dei centristi, quelli – in teoria – di centrosinistra, Matteo Renzi prova di nuovo a sparigliare, il leader Iv evoca uno scenario di "ballottaggio" nel caso in cui Silvio Berlusconi dovesse davvero tentare la scalata al Quirinale alla quarta votazione. L'ex premier è perplesso sull'idea di non partecipare al voto, ipotesi su cui ragionano Pd e M5s, perché sarebbe uno "sgarbo istituzionale" e soprattutto esporrebbe a un rischio: "E se poi lo eleggono?". Per questo, insiste, si potrebbe valutare "la conta", appunto "il ballottaggio", una sfida che a quel punto sarebbe "Berlusconi contro tutti, più che destra contro sinistra". Né, chiarisce Renzi, considera realistica l'ipotesi di un "Mattarella bis", sia perché il presidente uscente ha detto di non essere disponibile, sia perché "per rieleggere un presidente bisogna che glielo chiedano tutti e al momento Salvini e Meloni non ce li vedo che glielo chiedono". La sintesi è un chiaro invito al centrodestra: non perdete l'occasione di guidare voi la partita, fate un nome che possa raccogliere un consenso anche oltre il perimetro della coalizione. Di fatto, un invito a mettere da parte la candidatura di Silvio Berlusconi e a presentare un nome che sia anche "di area" ma votabile anche da chi non fa parte del centrodestra.
Sul Cavaliere Renzi non spiega esplicitamente la propria posizione, ma di fatto la fa capire: "Il mio Pd l'altra volta ne aveva 420, meno di quelli che ha il centrodestra oggi". Dunque, "se loro sono bravi e trovano un nome che va bene anche agli altri fanno Game, set, match". Ma, gli viene fatto notare, non può essere Berlusconi, visto che gli altri dicono no. "La sua sintesi mi sembra difficilmente smentibile vista la discussione in corso…". Renzi però non chiarisce se Iv voterebbe il Cavaliere: "Quello che penso della candidatura di Berlusconi se mi chiama glielo dico chiaramente o se il centrodestra ufficializzerà lo dirò in pubblico. Su questo sono molto lucido e determinato". Di sicuro, ha aggiunto: "Trovo molto sagge le parole di Letta - Letta zio - : il clima che si era instaurato per il ricordo di David Sassoli era di grande coesione e rispetto e questo dovrebbe essere il clima per eleggere il nuovo presidente". Il leader Iv, insomma, gioca la sua mano di poker, rilanciando mentre Pd e M5s aspettano di vedere la mossa del centrodestra. Renzi 'tenta' Salvini con la suggestione di un nome – che non sia quello di Berlusconi - indicato dal centrodestra e votato anche da altri partiti, probabilmente a cominciare da Iv e da buona parte dei centristi e che potrebbe in difficoltà il Pd e M5s. Nomi? Per ora non ne fa, ma se in cima ai suoi desiderata c’è Casini, ma potrebbe convergere sulla Moratti…