Si spacca la Lega. Ma anche i 5 Stelle. E Draghi, con Giorgetti, va avanti con il decreto Concorrenza
Salvini sfida il suo numero due: sarà un congresso entro fine anno a decidere la linea. Non certo Giorgetti. Ma nel congresso Salvini ha maggioranze bulgare. Si spacca a metà il gruppo M5s al Senato in una sfida tra contiani e anticontiani
Nell’armageddon dei partiti che si sta realizzando intorno al governo, Mario Draghi va avanti con la tabella di marcia prevista. Reduce dai successi personali e internazionali del G20 e di Glasgow, ieri ha presieduto la cabina di regia sul decreto Concorrenza che con quasi tre mesi di rinvii oggi va in consiglio dei ministri. E’ un pezzo importante del Pnrr - l’Italia non mette mano alla concorrenza da circa 25 anni - e ogni partito ci ha messo del suo nel ritardare il provvedimento. Che arriva “dimagrito” - stralciate le liberalizzazioni per spiagge e ambulanti - ma arriva. Il ministro proponente e colui che lo presenta in cabina di regia è proprio Giancarlo Giorgetti, il titolare dello Sviluppo economico che ha innescato l’ultima fase dell’armageddon dicendo, nei fatti, a Salvini che o cambia approccio e compagni di strada oppure finisce in un “binario morto”. Giorgetti è apparso “molto tranquillo, sereno, sicuro di sè, in qualche modo consapevole di aver fatto la cosa giusta”. Assai meno Salvini che fuori da palazzo Chigi ha scatenato la guerra dentro e fuori il partito. Assai più nervoso in cabina di regia è invece apparso il ministro Patuanelli (M5s) portatore di una rimostranza piuttosto dura rispetto al governo “colpevole” di consegnare sempre all’ultimo momento i documenti relativi ai vari provvedimenti.Non è un caso che proprio il Movimento 5 Stelle ieri abbia dato il primo vero segnale di insofferenza rispetto alla gestione Conte.
Spaccati anche i 5 Stelle
Nella scelta del nuovo capogruppo in Senato, il gruppo si è spaccato esattamente a metà: 36 voti per il candidato contiano, l'uscente Ettore Licheri; 36 voti per la sfidante Mariolina Castellone. Un pareggio alla prima votazione che è un chiaro messaggio ai vertici del Movimento: i malumori sono forti e il gruppo non gradisce l'atteggiamento del nuovo corso, proprio alla vigilia di appuntamenti fondamentali come la legge di Bilancio e, soprattutto, la scelta del nuovo capo dello Stato. In particolare, raccontano fonti parlamentari grilline, non è piaciuto il tentativo di alcuni membri del nuovo board pentastellato di fare una sorta di “campagna elettorale per Licheri”. Questo “ha reso ancora più tesi gli animi, già irrigiditi dal fatto che ora la voce del Movimento è rappresentata solo dai 5 vicepresidenti scelti da Conte e gli altri sono stati messi da parte”. Il leader Giuseppe Conte prova a spegnere ogni focolaio di polemica. "La votazione per il rinnovo del capogruppo al Senato è il sintomo positivo di una dialettica interna sana e costruttiva. Non ho riscontrato - dice l’ex premier - traccia di spaccature né elementi che possano accreditare l'immagine distorta che qualcuno ha interesse strumentalmente a diffondere per alimentare nuove divisioni”.
La lista dei malumori
I malumori, però, esistono e resistono. Dipende se li vuoi vedere. Meglio, ascoltare: non è piaciuta la nomina dei 5 vice, tutti contieni doc; è piaciuto ancora meno il fatto che solo i 5 -“portati in processione nella trasmissioni come fossero la madonna pellegrina e le sue repliche” - potranno andare in tv perchè così ha deciso la comunicazione del capo politico (cioè Casalino); non è piaciuta affatto la linea ondivaga di Conte rispetto a Draghi, Quirinale e durata della legislatura. I gruppi parlamentari vogliono che Draghi resti a palazzo Chigi fino al 2023, non vogliono interrompere la legislatura e le indennità mensili (uno su tre non tornerà in Parlamento) e non concepiscono che Conte vada in tv a dire che Draghi può anche andare subito al Colle purché non si vada a votare. Così come non hanno gradito le critiche con cui Conte ha relegato il G20 tra i meeting falliti. O quasi. Per non parlare del rapporto con il Pd: i 5 Stelle non ci stanno a fare da stampella in una coalizione a trazione Pd. Inutile quindi che Conte vada a pranzo con Letta. Leadership e programmi e alleanze sono ancora patrimonio della base del Movimento. Non a caso il 22 novembre è attesa la decisione del tribunale di Napoli sulla validità delle votazioni che hanno eletto Conte e approvato il nuovo Statuto.
I risultati del voto in Senato sono arrivati ieri nel tardo pomeriggio mentre Luigi di Maio presentava a due passi da palazzo Chigi il suo libro “Un amore chiamato politica”. C’erano una cinquantina circa di parlamentari. Tra loro anche i compagni di viaggio della prima ora: da Alfonso Bonafede a Vincenzo Spadafora, Riccardo Fraccaro, Pietro Dettori, Sergio Battelli, Giulia Grillo, Federica Dieni, Dalila Nesci. C'è anche Virginia Raggi, alla sua prima uscita pubblica dopo aver lasciato il Campidoglio. Si è notata l'assenza di Conte assente giustificato in Puglia. “Almeno uno dei suoi 5 vicepresidenti poteva farsi vedere” bisbigliano i deputati presenti. Conte comunque ha rinviato la nuova votazione al Senato per trovare una sintesi.
La reazione di Salvini
I 5 Stelle si sono contati ieri. La Lega lo farà oggi. E sarà “una conta” molto più complicata perchè non ci sarà un voto ma un’intera assemblea da misurare e pesare. Alla sfida di Giancarlo Giorgetti (“molla i sovranisti europei e porta la Lega nel Ppe”; “smetti di fare Bud Spencer, i western non vanno più di moda”; Draghi subito al Colle inaugurando un nuovo semipresidenzialismo), Matteo Salvini ha reagito rilanciando e sfidando a sua volta. Sulla collocazione europea del partito; sulla linea interna un po' di lotta e un po' di governo; sui rapporti di forza nel partito. Stasera ha riunito a Roma il Federale (la direzione del partito) che era stato già convocato per fare il punto dopo amministrative e referendum ma adesso dovrà cambiare ordine del giorno. Le questioni poste da Giorgetti non possono essere risolte o affrontate a mezzo stampa in un vortice di dichiarazioni. Ecco che Salvini ha annunciato “un’assemblea programmatica che entro l’anno valuterà quale linea per il partito rispetto ad alleanze interne ed europee”. Una sorta di congresso della Lega dove le varie anime si potranno confrontare alla luce del sole. Peccato che nessuno oserà sfidare il segretario che poi sarà quello che farà le liste quando si tratterà di andare a votare, subito, tra un po’ o tra un anno. “Nella Lega la linea la decide il segretario. È sempre stato così ed è così anche oggi. Il partito è con Salvini”.
Ne resterà uno solo?
E Salvini va avanti come nulla fosse nella doppia veste di leader di lotta e di governo. Se Giorgetti lo invita a ragionare su un ingresso nel Ppe, Salvini fa uscire la notizia che ieri mattina ha fatto una videoconferenza con Orbàn e i conservatori polacchi. Tema: il nuovo gruppo europeo, altro che Ppe. Infine la presentazione di un emendamento sul referendum cannabis contro una decisione del governo Draghi. Tre fatti distinti, un unico messaggio, che i fedelissimi di Salvini riassumono così: “Nessuno vorrà aprire una scissione, anche chi non ha nulla da perdere come Giorgetti alla fine lascerà perdere e andremo avanti così”. Risulta difficile immaginare oggi che Giorgetti possa restare in Lega se non ci sarà un cambio di rotta. Ma è difficile anche immaginarlo mentre organizza una scissione. Così come è difficile immaginare un cambio di rotta da parte di Salvini che sembra prigioniero di un ruolo.
Oggi nel Federale Salvini proporrà anche emendamenti al Reddito di cittadinanza, nel continuo gioco di partito di lotta e di governo. I leghisti “di lotta” ieri hanno presentato emendamenti contro la decisione assunta dal governo di prorogare i termini della raccolta firme per il referendum sulla cannabis. Gli emendamenti sono stati respinti grazie al presidio fisso garantito da Ceccanti (Pd) e Magi (+Europa), due in grado di annusare per tempo blitz e trappole ordite nei tecnicismi della Commissione Affari costituzionali.
“Bocciato l'emendamento soppressivo Iezzi (Lega), referendum salvi” ha potuto tuittare poco prima delle venti Stefano Ceccanti.
La concorrenza, finalmente
In mezzo a tutto questo caos, a tarda sera da palazzo Chigi è uscita la bozza del decreto Concorrenza. Niente liberalizzazioni delle spiagge o per gli ambulanti. Ma una mappatura delle concessioni in vista di una futura riforma. Il premier alla fine ha scelto la via della mediazione pur di approvare un provvedimento atteso da anni che dovrà in sostanza “alleggerire i vincoli e spingere le attività economiche e gestionali di servizio”. Il testo, al momento, è di 34 articoli ma sarà rivisto e corretto fino all'ultimo in vista del Consiglio dei ministri. Ci sarebbero ancora questioni aperte, a partire dall'idea di una delega per rivedere le regole per taxi e Ncc.
Sulle concessioni in generale si prende tempo, scegliendo di procedere come con il catasto: per ora una mappatura dello stato dell'arte, una sorta di “operazione trasparenza”per avere intanto un quadro chiaro di chi le detiene, da quanto tempo e quanto paga che possa fare da base a eventuali futuri interventi sui meccanismi della messa a gara. Anche sulla questione delle concessioni idroelettriche, che sollevava dubbi in particolare nella Lega (e nei governatori del Nord) il punto di caduta sarebbe una spinta alle Regioni ad accelerare le gare insieme a un rafforzamento dei poteri sostitutivi dello Stato, che interverrebbe però solo quando le Regioni sono in ritardo.
Un taglio alle autorizzazioni
Con il ddl dovrebbe arrivare un pacchetto di misure sui farmaci per migliorare la distribuzione e accelerare l'immissione in commercio di nuovi medicinali, ma anche nuove norme per le nomine dei dirigenti medici, rivedendo i poteri dei direttori generali. Sui servizi pubblici non di linea l'ultima bozza (in via di riscrittura, con norme che ancora entrano ed escono come quelle sui notai) indica una delega, che dovrebbe riprendere un ordine del giorno votato in Parlamento a fine ottobre. Su altri temi controversi, come i servizi pubblici locali, si sceglie la via della delega anzichè delle norme subito operative, per avere più tempo per mettere a punto gli interventi e trovare le intese nella maggioranza.
In diversi settori arriveranno presto novità, dalle gare per l'installazione delle colonnine di ricarica, alla banda larga fino all'obbligo di risarcimento diretto anche per le compagnie assicurative con sede all'estero, oltre ad un elenco di una serie di attività che non avranno più bisogno di autorizzazioni per partire. Semplificazioni sono in arrivo sulla gestione dei rifiuti, fissando peraltro standard qualitativi sulla parte recupero che i gestori sono tenuti a rispettare.