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Atreju, la forza, la debolezza, il vittimismo. I “nemici” di Meloni sono Saviano e la Ferragni

Non la povertà né la crescita debole. La replica dello scrittore: “Dimmi chi ti attacca e ti dirò chi sei”. Il video messaggio di Fedez: “I problema di questo Paese è mia moglie?”. Si è conclusa così ieri la kermesse di Fdi. Un comizio di 70 minuti che ha scaldato poco e detto ancora meno. Un discorso pieno di omissioni, contraddizioni e vittimismo. Migliaia e migliaia i presenti

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Foto Ansa
Foto Ansa

L’applausometro non mente. Quasi mai. E l’applausometro ieri è impazzito tre volte nei settanta minuti del comizio di Giorgia Meloni nel tendone-serra (causa sole bellissimo) sul fianco sinistro di Castel Sant’Angelo: quando la premier ha attaccato Chiara Ferragni e Saviano, pur senza nominarli, e quando si è messa sola nel bunker “sotto attacco ma con la forza del popolo che mi sostiene alla guida della Nazione”. Il già noto vittimismo. “Io non mollo e sebbene facciano e faranno di tutto per levarmi di mezzo, usando ogni mezzo anche non legittimo, non c’è verso, io vado avanti” ha detto alzando la voce e l’enfasi retorica. La solita “eroina” vittima di un sistema mediatico e di una narrazione - ieri anche di una brutta raucedine - che la dipingono sempre sull’orlo del baratro, sul punto di crollare e mollare. “Io non so perché sia stato dato a me questo compito. Ma state certi che sono molto resistente e vedremo chi arriverà in fondo. In vita mia non sono scappata mai”. A parte che non si vede all’orizzonte, al momento, chi possa sostituirla - né della sua parte né tra le opposizioni -un leader politico che è anche Presidente del Consiglio, è appena tornato da un vertice a Bruxelles che ha lasciato in sospeso importanti dossier economici e deve ancora iniziare le votazioni sulla legge di Bilancio, avrebbe dovuto e potuto avere ben altri argomenti su cui intrattenere i presenti e i collegati.

Dunque se Ferragni, Saviano (sebbene non nominati) e il vittimismo sono stati i passaggi più applauditi, è lecito chiedersi quale sia la vera cifra politica della leader di partito e della premier soprattutto. Domanda che ieri ha attraversato la testa anche di molti dei presenti, migliaia sotto il tendone e altrettanti fuori, nel villaggio di Natale, davanti ai maxischermi. Assai meno infatti hanno scaldato altri passaggi del comizio, quelli sul superbonus, sul reddito cittadinanza, sulle riforme e sull’Ucraina. Che invece, sulla carta, avrebbero dovuto essere i passaggi forti.

La forza e la debolezza

Alla fine della tre giorni di Atreju, la festa dei giovani della destra cui proprio Giorgia Meloni 25 anni fa fece fare i primi passi, il bilancio è certamente positivo: sempre il pienone di pubblico complici le belle giornate, il delizioso villaggio di Natale con tanto di pista su ghiaccio (curiosità: pagamento solo in contanti)  e il parterre di ospiti e dibattiti certamente di livello. Il paradosso è che la giornata meno brillante sia stata proprio quella in cui hanno chiuso i tre leader della maggioranza, Antonio Tajani, Matteo Salvini e la premier, appunto. Dopo i fuochi di artificio sabato di Rishi Sunak, Edi Rama e Elon Musk, doveva essere la volta di un altro caro amico di Giorgia, Santiago Abascal, leader di Vox. Il politico spagnolo ha parlato solo cinque minuti, nella quasi indifferenza, per dire di “non aver mai detto che il premier spagnolo Sanchez finirò appeso per i piedi. La sinistra è uguale da tutti le parti, sa solo mentire”. Sette giorni per smentire, in Italia, una cosa detta in Argentina una settimana fa al quotidiano Clarin. E comunque la regia della festa (la sorella Arianna che guida il partito e Giovanni Donzelli che ne cura l’organizzazione) ha preferito ridimensionare la sua presenza che ha alimentato polemiche in tutta la settimana passata.  

Alleati, nemici-amici

La premier ha parlato dopo il vicepremier Matteo Salvini. “Qualche giornale ha scritto oggi: Salvini arriva ad Atreju da secondo - ha detto il leader della Lega che nei sondaggi resta intorno al 10% - Io dico che da secondo si sta benissimo soprattutto se si è secondi a lei. Se l’alternativa è la Schlein siamo condannati a governare vent'anni. Dio ce la conservi”. E dopo Antonio Tajani, il leader di Forza Italia che sogna di portare Meloni e i Conservatori in alleanza col Ppe. “Nessuno pensi che il centrodestra possa dividersi alle Europee” ha detto sul palco. Diciamo che sono solo in tre famiglie politiche diverse. Rispetto agli errori del passato, al fascismo e alla Storia, ha aggiunto: “Giorgia ha sempre espresso parole di condanna severe, io vorrei che le stesse parole le dicessero i rappresentanti del Pd quando si parla del comunismo, di quello che ha fatto Palmiro Togliatti”. Poi i tre si sono fatti immortalare nella classica foto di famiglia. E Salvini ha fatto un bagno di folla e di selfie nel villaggio di Natale. Cosa che Meloni non ha fatto.  

Gli attacchi a Schlein e 5Stelle

Appena presa la parola, la premier ha   voluto ricordare Silvio Berlusconi (lungo applauso della platea). Poi ha iniziato il comizio. E un discorso rivendicativo, tutto all’attacco ma senza novità.  Primo obiettivo, la segretaria del Pd Elly Schlein. Citando Ecce Bombo (“e dai vedi che faccio anche una citazione di sinistra” ha celiato Meloni) che diceva “Mi si nota di più se vengo e sto in disparte o se non vengo”, ha accusato la “cara Elly” di scegliere come meglio crede ma “questo non ti deve autorizzare a parlare male di chi invece ha accettato il nostro invito e pur pensandola diversamente ha partecipato ai nostri dibattiti”. Per il resto, “fatti dire che hai rifiutato l'invito alla più bella manifestazione di pensiero, di confronto, passione e militanza politica che esista in Italia”.  Poi Meloni si è rivolta a Giuseppe Conte che invece “se l’è presa per non essere stato invitato”.  Il partito, lo ha accusato, “autoproclamatosi degli onesti” ha finito “per favorire i furbi e arricchito i disonesti”. Con il superbonus ha creato “un buco di 140 miliardi” e riguardo la cancellazione del Reddito di cittadinanza “lo rifarei mille volte. E’ giustizia”.

Nel mirino della leader di Fdi c’è soprattutto la sinistra che è “anti-italiana”, ha tifato contro la revisione del Pnrr, a favore del crollo dei mercati, che è “abituata a banchettare sulle tragedie per raggranellare qualche consenso”, che ha puntato sul salario minimo che però “rischia di essere un favore alle grandi concentrazioni economiche”.  

“Contro di noi un racconto livoroso”

La rivendicazione è per il lavoro fatto al governo: spread, borse, tasso di occupazione, vendita dei titoli di stato, “sono tutti successi di questo governo”. Un governo che “rappresenta Italia che non vuole svendersi”, che “non sarà un fuoco di paglia della politica” e andrà avanti “con la schiena dritta, a testa alta, con le scarpe piene di fango e le mani pulite”. Mes, Patto di stabilità, legge di bilancio, crescita molto bassa, l’inflazione ora rallentata ma che per un anno ha mangiato almeno un quarto del potere di acquisto delle famiglie, famiglie sempre più povere così come gli stipendi, fermi da decenni e i peggiori di tutta Europa, per non parlare dei 900 mila che da gennaio - il dato è di Bankitalia - resteranno senza alcun sostegno perché il Reddito di cittadinanza cesserà del tutto: ecco, nulla di tutto ciò è stato evidenziato nei 70 minuti di comizio. Va tutto bene. Anzi, benissimo. “Non sto dicendo questo” ha voluto precisare. Però “lo voglio dire a quella stampa ha alzato la cortina fumogena del racconto livoroso, a chi ci accusa di austerità quando la nostra è serietà”.

Gli attacchi a Saviano e Ferragni

Sempre esaltando l’azione del suo governo, parla di Caivano ed attacca Saviano (senza nominarlo). “Le storie da raccontare - dice - sono quelle delle forze dell'ordine che presidiano quel territorio, di chi ha scelto la libertà e la legge. Peccato però, aggiunge, che “nessuno scrittore scrive di questo forse perché i camorristi fanno vendere molto di più, ci si fanno le serie televisive e arrivano celebrità, ricchezza e magari un pulpito da New York da cui dare lezioni di legalità agli italiani, sempre si intende a pagamento”. Resta innominata anche Chiara Ferragni ma è a lei che pensa Meloni quando dice che “il modello da seguire non sono gli influencer” che sui social promuovono “carissimi panettoni il cui ricavato servirà solo ad arricchire cachet”.

Le repliche sono arrivate nel pomeriggio. Prima Saviano. “Fanno politica vendendo la Fontana di Trevi” dice in un video su Instagram. “Ogni anno” Meloni “mi cita, ogni anno ha bisogno di trovare un bersaglio contro cui riversare la rabbia della sua banda. Scrivere di mafia per arricchirsi oppure le serie che innescano la diffusione del male, sono vecchi adagi, parole usate dalle organizzazioni criminali. Dunque non è neppure una novità”. Arriva la citazione di Giorgio La Pira: “Dimmi chi ti attacca e ti dirò chi sei”. Su Caivano, poi: “Ma questa figura politica crede veramente che una militarizzazione probabilmente temporanea possa risolvere qualcosa?”. Poi Fedez, per conto di Chiara Ferragni che ha taciuto ieri ma solo perché ha deciso di percorrere altre strade. “Mia moglie impugnerà la sanzione (la multa per pubblicità ingannevole, ndr) pur non godendo dell'immunità parlamentare che ha ad esempio la ministra Daniela Santanché”. L’attacco frontale è a Meloni: “E’ questa la priorità della nostra presidente del Consiglio?”. Il siparietto ha offerto l’assist a Matteo Renzi per twittare: “Va in scena lo scontro tra le due celebrità social del Paese: a Palazzo Chigi abbiamo un’influencer, non una premier”.

Contraddizioni, omissioni e “anelli”

Nei 70 minuti oltre alle omissioni - sul Pnrr ad esempio non c’è alcuna chiarezza su dove stanno andando i soldi e che fine faranno le migliaia di progetti tagliati; così come non si riesce a capire cosa farà il governo su Patto di stabilità e Mes - ci sono anche le contraddizioni. Clamorosa quella sulla maternità. “Non è un business - dice - i figli non si comprano e non si vendono, l’utero in affitto diventerà presto reato universale”. Peccato che il suo ospite d’onore Elon Musk, anche lui molto preoccupato sula scarsa natalità, sia padre undici volte provando tutti i tipi di maternità e di gestazione. Sull’immigrazione Meloni ha parole di buon senso, inattaccabili.  Ammette che “i risultati non sono quelli che ci si attendeva. Non mi interessano però le scorciatoie e sono pronta a pagare un prezzo in termini di consenso immediato per fare quello che non si è riuscito a fare fin qui per dare una risposta vera strutturale”. Cita il comandante Todaro che, con buona pace delle intenzioni del regista De Angelis, diventa un'icona per il pantheon in costruzione della destra. Peccato che nessuno ieri da quel palco abbia speso una parola per i 61 dispersi della notte precedente con qualche domanda da farsi sulla nave della ong che era nei paraggi del naufragio ma non è potuta intervenire. Ad Atreju non poteva mancare una citazione di Tolkien: “Aveva ragione: quell'anello è insidioso, ti lusinga. C'è una cosa sola più forte di quell'anello: si chiama compagnia. Persone perbene. Allora so che quell’anello non ci avrà mai. Noi siamo oggi le stesse persone che eravamo ieri. E porteremo quel compito a termine, costi quel costi, ciascuno nel suo ruolo come un solo uomo”.

Riforme ed Europee

Meloni ha quasi glissato su altri due temi caldissimi: riforme ed europee. E’ stata una scelta precisa.  Ancora una volta entrambi i temi sono stati declinati in chiave personale. Le riforme le facciamo “perché abbiano avuto questo mandato dal popolo”. Non una parola, ovviamente sul famoso e anche scomodo merito delle cose. E chi sogna di usare l’arma del referendum confermativo “per mandarmi a casa” (“si scateneranno tutti quelli che hanno bivaccato sulla debolezza della politica”) e spera che “io possa fare la fine di Renzi”, resterà delusi. Il pronunciamento degli italiani sulle riforme infatti “non sarà su di me” ma “sul futuro di questa nazione” e “quel futuro - sarà nelle mani non dei partiti, non dei giornali, ma degli italiani che sono molto più consapevoli di certo mainstream che li rappresenta”.

Aveva cominciato con la voce bassa e dolorante. “Oggi è dura, non so se ce la faccio” ha ripetuto più volte. Ha parlato 70 minuti. Un sorso d’acqua. E “grazie tesò” a chi stava nelle prime file.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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