[La storia] Alessia e la 'carriera Alias' per studenti transgender: quando l'Università dà lezioni di parità

E' un'identità fittizia che permette di anticipare, nel proprio percorso di studi, il cambio anagrafico di genere. Gli Atenei si attrezzano, la rettrice spiega: "Piano strategico di inclusione". Il racconto della studentessa

[La storia] Alessia e la 'carriera Alias' per studenti transgender: quando l'Università dà lezioni di parità

Un'identità fittizia "transitoria e non consolidabile" che permette agli studenti e alle studentesse in transito di genere di vivere in un ambiente di studio accogliente, lungo il percorso universitario in totale serenità. Gli atenei che hanno attivato la "carriera Alias" - in pratica un doppio libretto - sono già tanti. E il primo ad aver attivato quello che è un potente strumento di inclusione è l'Università di Pisa che già nel 2013 ha aperto le porte ad allievi e allieve transessuali. Da allora è stato un crescendo, ateneo dopo ateneo. Verona, Urbino, Bologna, Venezia, Cagliari, Roma, Varese e così via: quasi una reazione a catena per adeguarsi a sentenze giudiziarie e istanze pressanti di studenti e associazioni Lgbt.

Inclusione, solidarietà e parità di genere

"L'Università di Cagliari ha messo in campo un piano strategico che trova la sua sintesi nelle parole inclusione, solidarietà e parità di genere. Non solo parole ma atti concreti: la 'carriera Alias' introdotta nel 2017 o il progetto 'Asilo nido' per gli studenti e le studentesse con figli - spiega la rettrice, Maria Del Zompo - rispondono all'esigenza dell'ateneo di ottemperare alla missione che è quella del rispetto della parità e quindi del rispetto dei transgender". Si tratta di "un obiettivo trasversale - fa notare la Magnifica - caldeggiato dagli studenti e condiviso dal corpo docente e amministrativo: in Senato accademico l'introduzione del regolamento è stato approvato all'unanimità".  

La carriera di Alessia

La sostanza del pensiero della rettrice trova concretezza nel racconto di Alessia, transgenderstudentessa 21enne di Fisioterapia all'Università di Parma. "La carriera 'alias' è stata una svolta fondamentale nella mia vita di studentessa - spiega la giovane - grazie ad essa posso essere me stessa e lavorare senza stress per raggiungere i miei obiettivi". La nuova identità è scritta nero su bianco nel tesserino univeritario: accanto al suo cognome c'è il nome che lei ha scelto nel transito verso la sua vita da donna. "Dopo l'iscrizione del nuovo nome ho avuto dei miglioramenti nel mio rendimento negli studi - racconta -. Potersi segnare agli appelli o sostenere gli esami con il proprio nome è confortante: prima i professori mi facevano domande sul perché avessi un aspetto da donna e un nome da uomo. Molti, anche tra i colleghi, si sentivano a disagio o in imbarazzo, non era per niente facile". Insomma: la "nuova vita" è già adesso.

Alessia ha iniziato nel 2017 il percorso psicologico - presupposto essenziale per accedere alla carriera "alias" - che la porterà, nell'arco di qualche anno, alla sentenza giudiziaria che le darà per sempre la nuova identità anagrafica. "Poter partecipare alla vita universitaria come Alessia mi ha tolto di dosso buona parte del disagio. Posso fare il tirocinio presso ospedali o cliniche private, senza che i pazienti o il personale facciano domande sul mio aspetto: è confortante che sulla divisa ci sia scritto 'Alessia'". 

Poi è vero che nei rapporti interpersonali emergono difficoltà. "Nel tempo ho perso molti amici - ammette la studentessa - persone a me vicine che si sono allontanate perché si trovavano a disagio o si vergognavano di me. E anche a fare nuove amicizie faccio fatica, non lo nego". In ogni caso, aggiunge, "ho sempre incontrato solidarietà e non mi sono mai sentita discriminata o apostrofata con termini offensivi dovuti a quello che sono", sostiene.

E anche la famiglia lasciata a Ragusa, che mai ha accettato ciò che Alessia fosse, forse, prima o poi capirà. "Mi sono iscritta all'Università di Parma per allontanarmi da loro - spiega -. Il percorso di identità lo pago grazie alle borse di studio, i miei genitori non mi aiutano e le poche volte che torno a casa sono ancora costretta a vestirmi da maschio". La determinazione non le manca e, a ben vedere, nemmeno il coraggio. 

L'Università educa la società

"Il percorso che intraprende un transessuale è molto delicato e presuppone una serie di cautele - spiega Lorenzo Caddeo, ex presidente dell'associazione studentesca Lgbt di Cagliari che si è battuta per l'adozione della delibera e segue le carriere dei quattro studenti/sse attualmente iscritti nell'Ateneo sardo -. Quello dei transgender è un percorso in diverse fasi che può prendere il via solo quando si è maggiorenni e passa attraverso gli psicologi e le aule dei tribunali. La carriera 'alias' aiuta questi ragazzi/e ad avere una vita più facile e, per capirci, grazie a questa opportunità, dopo il cambio d'identità la persona non ha più bisogno di ratificare il perscorso di studi: è già tutto valido".

Il mondo accademico insomma apre la strada alla cultura dell'accoglienza che non senza difficoltà cerca di permeare la nostra società. "Il fatto che l’Università si preoccupi delle persone in transito di genere, proteggendole - chiude il cerchio Alessia -, aiuta la gente a superare la diffidenza e capire che noi non siamo sempre persone buttate per strada ma anzi siamo ragazze e ragazzi normali che studiano, lavorano e conducono una vita come tutti".