Effetti del Coronavirus: slitta anche la legge Zan contro l’omofobia
Se ne doveva discutere alla Camera dei Deputati il 30 marzo prossimo ma niente di fatto. Nel frattempo buone notizie e una delusione per l’Italia dalle Nazioni Unite

Niente da fare, almeno per ora. Il Coronavirus ostacola anche il mondo legislativo e la Camera dei Deputati dove il deputato Alessandro Zan aveva annunciato la proposta di legge che porta il suo cognome contro l’omo-bi-transfobia. Stando alla rimodulazione del calendario dei lavori per il mese di marzo, i parlamentari saranno in aula solo il mercoledì e prenderanno in esame solo gli “atti indifferibili e urgenti”. Pertanto, la proposta di legge Zan che non rientra ingiustamente tra questi ultimi, sbarcherà alla Camera ad aprile, sempre che finisca l’emergenza Coronavirus.
La proposta di legge
La tanto attesa ‘legge Zan’ andrebbe ad estendere la già esistente legge Mancino - che punisce ogni forma di violenza e discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali - anche all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Si andrebbero a colpire così tutte quelle istigazioni all’odio e alla violenza omotransfobica, introducendo sanzioni e pene per chi istiga a commettere oppure commette direttamente violenza e odio di tipo transfobico.
Le reazioni dell’associazione “Pro Vita & Famiglia” e l’hashtag #Restiamoliberi
I primi ad esultare per il rinvio della proposta di legge alla Camera sono stati Toni Brandi e Jacopo Coghe, rispettivamente presidente e vice presidente di Pro Vita & Famiglia, fautori della campagna #Restiamoliberi (“il nostro appello contro chi vuole toglierci la libertà”) e dell’intervento politico dei Capogruppo Lega in commissione giustizia alla Camera e Senato. “In questo momento di emergenza del Paese – hanno dichiarato - si stava tentando un colpo di mano per approvare la legge senza audizioni in commissioni giustizia procedendo speditamente verso la discussione in aula. Zan e Cirinná sono avvertiti: continueremo a vigilare e a denunciare quanti tenteranno nel silenzio di mettere l’acceleratore su una legge tanto divisiva, inutile e ideologica che uccide la libertà di pensiero e di espressione”.
La Revisione Periodica Nazionale, l’Italia e le Nazioni Unite
Nel frattempo giungono notizie che ci riguardano anche dalle Nazioni Unite. Poco fa sono state rese note le risposte del nostro Governo alle raccomandazioni fatte dalle delegazioni di 121 Paesi nell’ambito della Revisione Periodica Nazionale (la Universal Periodic Review), cui l’Italia è stata sottoposta lo scorso 4 novembre a Ginevra nell’ambito della 34° sessione del Gruppo di lavoro. Il nostro Paese ha accettato 292 raccomandazioni su 306 complessive raccolte nel documento finale. Delle 17, riguardanti i diritti umani delle persone Lgbti (ben 9 in più di contro alle sole 8 del 2014), il Governo ne ha accettato 16, tra cui anche quella sulla creazione di un’istituzione nazionale indipendente per i diritti umani, come quelle riguardanti una legge contro l’omotransfobia, il divieto di interventi chirurgici cosmetici su bambini intersex e la protezione dei rifugiati Lgbti.
La delusione per l’Italia
Delude invece la scelta dell’Italia di limitarsi a prender nota della raccomandazione dell’Islanda sulle adozioni e la genitorialità arcobaleno. “Sul diritto all’uguaglianza e dei figli dei genitori dello stesso sesso ad avere entrambi i genitori riconosciuti – ha spiegato Yuri Guaiana, presidente dell’Associazione Radicale Certi Diritti - non si transige e continueremo a batterci per ottenerlo”. In ogni caso, ha aggiunto, “l’accettazione di 16 raccomandazioni sui diritti umani delle persone Lgbti è uno straordinario successo del nostro lavoro. Ora occorre subito una road map per l’implementazione delle raccomandazioni accolte con il pieno coinvolgimento della società civile, come richiesto anche dalle Nazioni Unite”. Per tutto il resto, bisogna solo (ancora) aspettare.