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[L'intervista] "Ero Maria e sono Gianmarco, primo sindaco transgender d'Italia. Questa è la mia storia"

Dallo scorso maggio Gianmarco Negri è primo cittadino di Tromello. Una comunità che lo conosce dalla nascita e che lo ha fortemente voluto. Ma ci sono stati momenti durissimi e dolorosi, fino alla sua trasformazione

Cristiano Sanna Martinidi Cristiano Sanna   
Gianmarco Negri, sindaco di Tromello (Pv). Nel riquadro, quando era una donna
Gianmarco Negri, sindaco di Tromello (Pv). Nel riquadro, quando era una donna

Maria non esiste più. E in quella identità ci stava così male da aver a lungo lottato con depressione ed anoressia. Maria è diventata Gianmarco, e da qualche mese è il primo sindaco transgender d'Italia. Tromello, provincia di Pavia, è un comune di circa 4000 anime, ma in spregio al vecchio detto "il posto è piccolo e la gente mormora", l'elezione di Gianmarco Negri a primo cittadino è stata una specie di plebiscito, tanto più in un territorio dove la Lega dilaga con la sua visione di famiglia che si sostanziava nel discusso Ddl Pillon, poi bloccato con il rimpasto di governo che di fatto ha messo la Lega fuori dall'esecutivo e riavvicinato in un matrimonio politico problematico M5S e Pd. Il sindaco Negri ha accettato di buon grado di parlare della sua trasformazione, del rapporto con la comunità e di alcuni punti sensibili della lotta LGBT che non vengono accettati in modo univoco dagli stessi esponenti "arcobaleno". 

Sindaco, come nasce il suo impegno politico? All'interno di un partito o in una lista civica?
"Mi sono proposto con una lista civica slegata dai singoli partiti ma che ha una composizione mista, dunque ospita esponenti di diversi colori politici. Ci auguriamo che continui ad esprimere il buono che c'è nella visione delle varie parti. Sono stati cinque ragazzi, attraverso un avvocato (anche Negri è un legale, ndr) a contattarmi per chiedermi di candidarmi come sindaco". 

Un piccolo trionfo la sua elezione, possiamo dirlo.
"Beh, oltre 700 voti su circa 4000 abitanti sono una bella dimostrazione di fiducia. Dallo scorso maggio sto esercitando il mio mandato. Essendo un centro piccolo, ed è qui che sono nato, tutti mi conoscono da sempre e la gente mi consulta di continuo, anche fermandomi per strada. Le cose da fare sono moltissime, e anche quando possono sembrare banali, come un tombino messo male, si rivelano invece per quello che sono: parte fondamentale della qualità della vita di tutti. Quel che vogliamo fare è restituire un paese diverso da quello che abbiamo avuto in amministrazione".

Avete iniziative anche sul fronte LGBTQIAPK (la sigla si è allargata a comprendere: lesbiche, gay, bisessuali, trans, intersessuali, asessuali e amanti delle pratiche kinky, diciamo particolari) che riguardino la vostra comunità?
"Quando mi occupo del fronte gender lo faccio soprattutto da volontario, non vincolandomi alla mia attività di avvocato e di sindaco. Ma capita che questi fronti si incrocino. Sto attento a non fare troppe cose perché voglio farle bene. Quindi: al momento non ho ancora progetti sul fronte "arcobaleno" per Tromello ma ci sto pensando. Con un dispiacere: sentire sempre parlare di divisione netta fra mondo Lgbt e mondo etero. A me la richiesta di candidatura è arrivata da persone di tutti i generi, è un segnale che ci indica che le zone di contatto ci sono. Se un domani io andassi in una scuola a parlare dell'identità di genere ai ragazzini, vorrei avere la sensibilità e accortezza di capire come può sentirsi un teenager che magari non farà mai la transazione ma che vive la sua identità come una variazione interna al genere in cui è nato. Serve quindi una maggiore sensibilità e un approccio meno integralista, da tutte le parti".

Per intenderci: trova positivo che quello che si chiamava Gay Pride oggi venga inteso come Human Pride comprendendo ogni tipo di unione e famiglia, comprese quelle etero?
"Certamente. E' importante che si partecipi ad una parata in cui si rivendichino le battaglie per i riconoscimenti di certi diritti ma anche che lo si faccia oltre la comunità 'arcobaleno'. Serviamo davvero tutti".

Veniamo alla sua storia, che comprende i conflitti con la propria identità e gli inevitabili contraccolpi familiari. Lei si ricorda il momento in cui ha preso la decisione di cambiare sesso?
"I contraccolpi familiari, che ci sono ovunque, si sono ricomposti dopo una fase delicata. Mia madre, con cui non ho mai interrotto i rapporti, era rimasta ferma alla mia omosessualità e il fatto che non riuscisse ad accettare quel mio lato creava problemi. Il conflitto faceva parte di un rapporto comunque strettissimo, io e lei non ci siamo mai persi. Ricordo nettamente la disperazione che attraversava la mia vita. Per accontentare gli altri, evitare conflitti, battute pesanti, occhiatacce, per molti anni ho represso la mia sofferenza. Dicevo: cercherò di dare meno fastidio possibile. Mi sono fatto crescere i capelli, le meche, quell'aspetto di ragazza mascolina infastidiva gli altri che poi infastidivano me. Ogni mattina sembrava di doversi svegliare con addosso un'armatura. A 35 anni ho chiamato il consultorio perché avevo difficoltà con la compagna di allora che per come la vedevo io, dipendevano dalla nostra relazione. Di fronte alla dottoressa che si occupava di me dissi: 'Non sono una donna, mi aiuti'. Pensavo che sarebbe cascato il mondo, ora non tacevo più, parlavo, tiravo fuori cosa c'era dentro tanti anni di silenzio assoluto. E badi, il dolore che sentivo in quel momento era dovuto al temere di rovinare la vita alle persone care attorno a me. Dopo un anno di terapia, contattai il Niguarda per avviare il percorso di transizione sessuale". 

A 35 anni Maria diventa gradualmente Gianmarco. Oggi vive con serenità l'identità che sentiva come sua. Vorrei da lei pareri su alcuni temi che dividono la comunità Lgbt. Riprendo anche le parole di Platinette e dell'intellettuale e scrittore omosessuale Walter Siti. Platinette, ad esempio, è contrarissimo a stepchild adoption, nozze gay, utero in affitto e farmaci che arrestano lo sviluppo ormonale degli adolescenti. Lei che ne pensa?
"Su stepchild adoption e utero in affitto non ne so abbastanza per pronunciarmi in modo compiuto. Sul farmaco che impatta sugli ormoni, direi che quel genere di percorso viene affrontato con molta attenzione, spesso partendo da un minore a cui la psicoterapia non riesce a dare sollievo, e con sofferenza tale da poterlo spingere a togliersi la vita. Ma è un protocollo che prevede molti passaggi e tutti sotto stretto controllo, certo non si agisce a cuor leggero. Torno al mio caso: io ho due cicatrici sul petto che vanno da un'ascella all'altra. Ne avrei fatto volentieri a meno, io di fronte al mio sviluppo ormonale che faceva spuntare il seno ho pensato di non mangiare più perché non volevo crescere. Mi sono fatto del male".

Sugli altri punti non si sente di dire proprio nulla?
"Qualcosa provo a dirla, ma con tutte le cautele dal caso perché non sono un esperto della materia. A proposito di stepchild adoption e utero in affitto, la mia personale opinione è che quando le persone adulte prendono decisioni consapevoli delle conseguenze, non vedo grandi criticità. Parliamo, alla fine, di atti d'amore, per questo lo stralcio della stepchild dalla Legge Cirinnà a me è molto dispiaciuto. Mettere al mondo un figlio e adottarlo mette in moto gli stessi sentimenti, anche in coppie gay. Ma di fronte all'adozione il salto nel buio è a mio avviso ancora maggiore. Lo si fa per far del bene a un bambino che altrimenti sarebbe solo, spaesato e soffrirebbe. Io ho perso mio padre che ero piccolo, so qual è lo stato d'animo che viene da questa mancanza".

Per concludere, eccoci alle parole di Walter Siti, scrittore, autore tv e accademico gay. Il quale ha detto in diverse occasioni che il bello della vita da omosessuale era anche il testimoniare la propria decisione di vivere fuori dai riti sociali della borghesia, del perbenismo facile, del moralismo. E che con le nozze gay, le adozioni, le carte da firmare, questo approccio alla realtà, questa diversità si perderanno. In parte sono già stati normalizzati dall'ampio ricorso a opinionisti, protagonisti e ospiti omosessuali che fa la tv italiana per il grande pubblico. Col rischio magari di rendere questi personaggi "macchiette". Che ne pensa?
"Penso che nessuno è obbligato alle unioni civili. Se una coppia omosessuale vuol vivere con una filosofia diversa avrà tutto il diritto di farlo. Ma è anche vero che certi diritti garantiti dalla legge danno possibilità e tutele in più. Forse siamo al paradosso del 'non siamo come tutti', ma anche se fosse così è vero che nessuno è come chiunque, penso anche alle coppie etero che non si sposano ma costruiscono la loro unione scegliendosi a vicenda giorno dopo giorno. Di mio dico che se da uomo mi dovessi innamorare di un uomo non perché c'è la Legge Cirinnà mi sentirei obbligato all'unione civili con lui. Quello sarebbe il tradizionalismo a cui si sentono legati molti etero, pensiamo ai tanti giovani che convivono per anni ma si considerano perfezionati solo dal matrimonio perché è sempre stato così. Quanto all'uso televisivo dei gay o dei trans pure quella è una libertà personale. Ma chi va in tv deve avere coscienza che il suo essere lì avrà un impatto sul pubblico con delle ricadute, e che c'è un rischio strumentalizzazione che si può evitare riconoscendolo in tempo".  

Cristiano Sanna Martinidi Cristiano Sanna   
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