Giornata contro l’omofobia: un arcobaleno necessario per ricordare che la società si arricchisce con le diversità
Si celebra oggi in tutto il mondo per ribadire il rifiuto assoluto di ogni forma di discriminazione e di intolleranza LGBTQI+ e riaffermare la centralità del principio di uguaglianza, ma la strada da percorrere è ancora lunga

La ferita inferta ad una singola persona offende la libertà di tutti. Le parole, a differenza di quello che è stato detto e scritto nelle ultime settimane, sono importanti, sono fondamentali e, purtroppo, sono troppi e ingiustificabili gli episodi di violenza, morale e fisica che, colpendo le vittime, oltraggiano l’intera società. La solidarietà, il rispetto e l’inclusione sono canali potenti di coesione sociale e di sicurezza ed è per questi e molti altri motivi, che è necessario celebrare una giornata come questa, la Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia.
Perché è necessario promuovere il contrasto alle discriminazioni, la lotta ai pregiudizi e la promozione della conoscenza riguardo tutti quei fenomeni che - per mezzo dell’omofobia, della transfobia e della bifobia - perpetrano continue violazioni della dignità umana, condannando le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, che costituiscono una violazione del principio di eguaglianza e ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana.
Una giornata che è un’occasione - come ha dichiarato poco fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella - per ribadire il rifiuto assoluto di ogni forma di discriminazione e di intolleranza e riaffermare la centralità del principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. “Le attitudini personali e l’orientamento sessuale – ha aggiunto Mattarella - non possono costituire motivo per aggredire, schernire, negare il rispetto dovuto alla dignità umana, perché laddove ciò accade vengono minacciati i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica”.
È vero, quindi, come ci ha ricordato il presidente, che la società viene arricchita dal contributo delle diversità e che il disprezzo e l’esclusione nei confronti di ciò che si ritiene diverso da sé rappresentano una forma di violenza che genera regressione e può spingere verso fanatismi inaccettabili, ma per tutto questo ci si batte solo da poco meno di un ventennio.
Pensate, infatti, che l’International Day against Homophobia, Bièhobia and Transphobia (Idahot) è stata istituita solo dal 2004 ed è solo da quell’anno che avere una relazione con una persona dello stesso stesso è stata ufficialmente considerata una “variante naturale del comportamento umano”, stando alla definizione dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. La stessa ha rimosso l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali da soli 30 anni, un periodo di tempo che non è né lungo né breve per dire che sia stata una cosa lontanissima.
Noi siamo nel mezzo, in una parte dove, purtroppo, c’è ancora poca chiarezza e ancora molto da fare ed ottenere. Se a questo, poi, si aggiungono i non certo confortanti dati raccolti dalla recente ricerca “Hate Crimes No More Italy” - condotta dal Centro Risorse LGBTI tramite un questionario anonimo online diffuso sui social - sono state raccolte più di 500 dichiarazioni di crimini d’odio tra ingiurie, insulti, minacce, molestia sessuale, violenza fisica e inseguimenti, c’è poco da stare tranquilli. L’1%, tra l’altro, ha dichiarato di aver subito un tentato omicidio, il 3% ha subito il rifiuto di accesso a servizi sanitari o altri servizi pubblici e il 3% un rifiuto all’assunzione o un licenziamento per non parlare, poi, di quell’1,8 % ha ricevuto un rifiuto di protezione da parte delle forze dell’ordine.

In proposito, è proprio di oggi la notizia, riportata sul Guardian, che gli organizzatori degli eventi Gay Pride di New York hanno annunciato che vieteranno alla polizia e ad altro personale delle forze dell'ordine di marciare nella loro parata annuale almeno fino al 2025 e cercheranno anche di mantenere gli ufficiali in servizio "a un isolato" dalla celebrazione delle persone e della storia LGBTQ +. Questo perché, il senso di sicurezza che le forze dell'ordine dovrebbero fornire “può diventare una minaccia e, a volte un pericolo, per coloro nella nostra comunità che sono più spesso presi di mira con forza eccessiva e/ o senza motivo”, hanno dichiarato gli organizzatori e gli agenti forniranno la prima assistenza “solo quando assolutamente necessario come richiesto dai funzionari della città”, una decisione che comunque ha fatto discutere.
Tornando invece alla ricerca “Hate Crimes No More Italy”, dalla stessa emerge che da un lato la percezione che quanto subito non fosse perseguibile per legge, dall’altro, che un’eventuale denuncia sarebbe comunque stata inutile perché non si sarebbero presi i provvedimenti necessari ad evitare che accadesse ancora. In molti casi viene riportata la necessità di non attirare su di sé l’attenzione dando visibilità all’accaduto, per non dover subire una vittimizzazione secondaria. Il problema è fermare questo odio ingiusto, perché tre vittime su quattro non denunciano le aggressioni per paura o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.
Nelle ultime settimane, come si sa, 8mila persone si sono ritrovate all’Arco della Pace, a Milano, per partecipare alla manifestazione #TempoScaduto organizzata da I Sentinelli di Milano per far diventare legge al più presto il DDL Zan. Venerdì scorso è stata la volta di Roma, con migliaia di partecipanti a Piazza del Popolo e tante altre in contemporanea (54 in totale) in tutta Italia, “un processo per la democrazia che dimostra che l’Italia è un Paese civile e la stragrande maggioranza delle persone vuole una legge che tuteli le persone più vulnerabili”, ha dichiarato dal palco Alessandro Zan relatore del DDL contro l’omotransobia, misoginia e abilismo alla Camera, aggiungendo che un solo messaggio: “non un passo indietro”. “È tempo di lanciare un messaggio forte e chiaro alle istituzioni dalla società civile, perché non possiamo più aspettare. Oggi più che mai.