Dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV free: “40 anni positivi”, una grande mostra a Milano
I Frigoriferi Milanesi ospitano l’esposizione che celebra 4 decenni di battaglie attraverso documenti, fotografie, manifesti, campagne pubblicitarie e opere d’arte. L'importanza di proteggersi, perché molto è stato fatto, ma ancora tanto da fare

La foto scattata negli anni ’90 da Oliviero Toscani al malato terminale di HIV colpì tutti, sia perché veniva usata per pubblicizzare dei vestiti (di Benetton), sia perché per la prima volta veniva mostrato a tutti la veridicità e la drammaticità di una malattia nel suo effetto più atroce. Questa e molte altre, assieme a documenti d’archivi, a manifesti e a opere d’arte, le troverete nella mostra “40 anni positivi. Dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV free”, da oggi ai Frigoriferi Milanesi.
La copia del New York Times
Il percorso espositivo si apre con la copia del New York Times con il fatidico articolo che documentava l’arrivo di una nuova e sconosciuta malattia, poi identificata con AIDS, acronimo di “Sindrome da Immunodeficienza Acquisita”. Da quella pagina di giornale si snoda così una narrazione attraverso materiali d’archivio provenienti della Fondazione Corriere della Sera e da quelli delle associazioni milanesi particolarmente attive nella lotta contro l’AIDS celebrata in tutto il mondo nella giornata del 1° dicembre.
Documenti e opere d'arte
Promossa e organizzata da Milano Check Point, la rassegna presenta documenti d’archivio, manifesti, opere d’arte, campagne pubblicitarie che raccontano la grande rivoluzione della cura e dello sviluppo della ricerca scientifica che, grazie ai movimenti di resistenza della società civile, nati negli Stati Uniti nei primi anni ottanta, diffusi poi anche in Europa e in Italia, ha visto radicalmente modificato il proprio corso a cambiare l’approccio verso una medicina partecipata e di prossimità. Una galleria con i volti di personaggi quali Rock Hudson, Pier Vittorio Tondelli, Freddie Mercury, Magic Johnson, Bruce Richmann, Gareth Thomas che hanno contribuito, ciascuno a suo modo, con la loro immagine e la loro storia personale, a definire un salto verso l’autodeterminazione e verso l’abbattimento dello stigma che ancora oggi pesa sulla vita delle persone che vivono con HIV, fa da cerniera alla sezione della mostra in cui le opere d’arte s’intrecciano al racconto. Nel percorso troverete i ritratti dell’artista americano Larry Stanton realizzati nel 1984 poco prima della sua morte o Last Night I took a man di David Wojnarowicz, vera e propria poesia visiva con un forte impatto di denuncia politica e di rivendicazione corporea, o ancora “AIDS: You Can't Catch It Holding Hands” di Niki de Saint Phalle. Alla campagna realizzata da Toscani, si aggiunge anche la fotografia di Therese Frare scattata all’attivista David Kirby, che si rese disponibile a essere immortalato negli ultimi momenti della propria vita come estremo gesto politico.
Le immagini del Sacco di Milano
Particolarmente toccanti sono poi le immagini scattate da un autore anonimo all’Ospedale Sacco di Milano che documentano la dimensione intima della cura all’interno del reparto di malattie infettive, nei mesi più bui della pandemia. Da non perdere è l’installazione immersiva del Names Project AIDS Memorial Quilt (La coperta dei nomi). Il progetto, nato da un’idea di Cleve Jones, prevedeva la realizzazione di pannelli di stoffa su cui erano impressi pensieri e disegni per commemorare amici e familiari scomparsi che, proprio perché morti di AIDS, avevano difficoltà a ricevere i funerali.
Sempre attenzione a proteggersi
La rassegna prosegue con la documentazione della performance I Miss You di Franko B, insieme a una selezione di sue fotografie, che eleva una voce di protesta attraverso l’esposizione del corpo nudo, e si chiude con una sezione dedicata alla rappresentazione visuale degli studi scientifici Partner 1 e 2, pubblicati nel 2016 e nel 2019, che dimostrano quanto il rischio di trasmissione nei rapporti sessuali non protetti con persone HIV positive in trattamento sia ZERO. Questi studi vengono visualizzati attraverso un'installazione con 2660 papere di gomma – tante quante i partecipanti agli studi - per imprimere nella memoria e spiegare attraverso un’immagine forte il più grande traguardo scientifico riguardante l’HIV dell’ultimo decennio. Ma soprattutto, che bisogna sempre prestare attenzione e proteggersi, perché molto è stato fatto, ma ancora tanto da fare.