“Cineapocalissi”a Venezia: eros e arte Queer alla scoperta del post porno

Al via al Teatrino di Palazzo Grassi un programma di proiezioni di due giornate volte alla scoperta del desiderio come agente critico di un corpo sociale

“Cineapocalissi”a Venezia: eros e arte Queer alla scoperta del post porno

Anni fa, il filosofo Lorenzo Bernini scrisse “Apocalissi Queer” (àltera edizioni), un libro divenuto poi cult nel mondo LGBTQ+ e non solo, la prima monografia italiana dedicata alle teorie queer, un testo in cui l’autore analizzava i rapporti che legano genere, sessualità e politica, riuscendo a far dialogare le tesi antisociali dei più radicali autori gay statunitensi con l’etica della relazione del femminismo europeo, discuteva criticamente questa declinazione "apocalittica" del queer, ne cercava le premesse nella contestazione degli anni settanta (Hocquenghem, Mieli), ne metteva in risalto la radicalità sullo sfondo della filosofia politica della modernità (Hobbes, Kant) illuminandola.

La metafora della fine dei tempi, per citare le sue parole, veniva così riletta come ribaltamento dell’ordine patriarcale e come una strategia per la stesura di nuove narrazioni post identitarie per l’edificazione di nuove comunità. Quel testo è stato letto, riletto, sottolineato e vissuto, vissuto e sottolineato ancora dai ragazzi de Il Colorificio - Michele Bertolino, Bernardo Follini, Giulia Gregnanin e Sebastiano Pala – fondatori di un collettivo curatoriale nato nel 2016 e di uno spazio con sede in un ex negozio di vernici situato nella periferia milanese del Giambellino nato da un’esigenza di sperimentazione e di scambio aperto di teorie e pratiche artistiche e curatoriali. 

Il risultato è una due giorni da non perdere per chi sarà o per chi andrà a Venezia giovedì 8 e venerdì 9 ottobre prossimi. In quello suggestivo spazio rinnovato dall’architetto giapponese Tadao Ando che è il Teatrino di Palazzo Grassi, hanno curato la rassegna ad ingresso gratuito “Cinemapocalissi” che restituisce scenari in cui il campo normato dell’atto sessuale subisce un violento cambio di paradigma. Se infatti – spiegano - la pornografia mainstream o porno etero è intesa quale tecnologia in grado di regolare unilateralmente la sessualità, interessata dichiaratamente all’appagamento di uno specifico spettatore, “il post-porno riconosce nella sessualità una tecnologia in sé, proponendosi in quanto luogo di analisi dove esplorare il desiderio come agente critico di un corpo sociale”.

La post-pornografia nasce a cavallo degli anni Ottanta e Novanta dalle rivendicazioni femministe e queer che individuavano nell’appropriazione dei mezzi di produzione (e riproduzione) del porno etero strade alternative per immaginare nuove rappresentazioni del desiderio ed evidenziare gli usi educativi del sesso. Attraverso il post-porno il sesso non è più interpretato come terreno in cui sfociano i desideri biologici del corpo naturale, quanto come una piattaforma per identificare quegli stessi desideri come anche tecnologici, sociali, culturali e politici e per ridefinirne i confini.

Il post-porno: il desiderio come agente critico di un corpo sociale

Tutta la rassegna raccoglie alcune delle prime pellicole iscrivibili al post-porno, delle opere emblematiche accanto a produzioni indipendenti e a film più recenti con l’intento di istituire un percorso diacronico aperto ad associazioni e a liberi rimandi. Unico e particolare il percorso previsto al teatrino, un susseguirsi di emozioni e reazioni in cui lo spettatore è invitato ad adottare uno sguardo de-naturalizzato verso l’atto sessuale e ad aprirsi ad un desiderio de-eroticizzato, sottratto cioè alle strategie dell’economia del piacere. Le individualità rappresentate propongono nuove categorie del desiderio a partire dalle quali si generano alleanze inedite che articolano nuovi linguaggi e quelle apocalissi sono sì quelle dei soggetti nei video, ma soprattutto quelle del pubblico, “delle deflagrazioni individuali, dei collassi degli immaginari normativi che prospettano futuri alternativi”.

Il Teatrino di Palazzo Grassi: la storia

Nel 1857 Palazzo Grassi viene acquistato dal Barone Simeone De Sina, il quale si propone di realizzare un giardino con serre, fontane, scenografie, colonne e pergolati. Nel 1951, con la costituzione del Centro internazionale delle arti e del costume, il giardino viene sostituito con un teatro all’aperto, coperto negli anni sessanta per ospitare ricevimenti, sfilate di moda e rappresentazioni teatrali. Con la chiusura del Centro internazionale delle arti e del costume nel 1983 il teatro termina la sua attività. Dopo il restauro di Palazzo Grassi, nel 2006, seguito da quello di Punta della Dogana, nel 2009, il recupero e la trasformazione del Teatrino segnano nel 2013 la terza tappa del progetto culturale di François Pinault a Venezia. Concepito da Tadao Ando, il nuovo Teatrino di Palazzo Grassi è dotato di un auditorium di 225 posti che ospita una programmazione culturale ricca e articolata (proiezioni, concerti, conferenze).

Palazzo Grassi e Punta della Dogan

Se siete lì, poi, non potete non visitare l’antistante Palazzo Grassi, l'ultimo ad essere costruito sul Canal Grande prima della caduta della Repubblica di Venezia che, dal 2005, appartiene a François Pinault. Grazie al celebre collezionista, proprietario del gruppo del lusso LVMH, stagione dopo stagione possiamo vedere mostre uniche e particolari come quella in programma fino al 20 marzo prossimo, “Le Grand Jeu”, dedicata a Henri Cartier-Bresson o come “Once Upon a Dream” di Youssef Nabil, imperdibili. Con lo stesso biglietto, poi, potete visitare anche “Untitled, 2020. Tre sguardi sull’arte di oggi” a Punta della Dogana, accanto alla Chiesa della Salute, l’opera di Giuseppe Benoni che vi colpirà perché caratterizzata da una torre sormontata da un gruppo scultoreo raffigurante due Atlanti che sorreggono una sfera in bronzo dorato, in cima alla quale la Fortuna, ruotando, indica la direzione del vento. (Per tutte le informazioni e prenotazioni: www.palazzograssi.it )