In Marocco l’omosessualità è un reato, e ora è iniziata la caccia alle streghe (gay)
Invece che aiutare, l’invito di una influencer transgender porta ancora più omofobia in un Paese in cui l’omosessualità è un reato punito con la reclusione fino a tre anni e un’ammenda. “Tutti sono in allarme”, denunciano le associazioni LGBT+. “La repressione è forte e le persone vivono una situazione di angoscia, aggravata dall’isolamento”

Omofobia ai tempi del Coronavirus. Basta pensare a quanto accaduto in Marocco poche settimane fa quando la stessa ha raggiunto picchi altissimi a tal punto da far sembrare la cosa un paradosso in una situazione paradossale già di suo. Come è possibile – hanno pensato i più – che una cosa del genere possa verificarsi in uno dei Paesi nordafricani più amati dagli omosessuali, che lì hanno ambientato libri, film, giardini e che lo hanno scelto e lo scelgono come meta delle loro vacanze decidendo, in alcuni casi (Yves Saint Laurent e Pierre Bergé a Marrakech nell’incantevole Jardin Majorelle), persino di andarci a vivere per vari mesi l’anno? Eppure è così e le vicende degli ultimi giorni dimostrano esattamente il contrario anche perché – questo forse sono in pochi a saperlo – in Marocco l’omosessualità è un reato ed è punita con la reclusione fino a tre anni e un’ammenda.
Questa volta, la colpa è stata di Sofia Talouni, una influencer transgender di origini marocchine che vive in Turchia e che ha peggiorato la situazione invitando le sue followers a utilizzare le app di incontri per soli uomini per individuare quelli che cercano rapporti omosessuali. “Vi mostreranno - ha detto nel video pubblicato su Facebook e Instagram prima che i suoi profili venissero bloccati - la vera natura delle persone che vi sono vicino”. Il suo obiettivo, stando a quanto dichiarato poi in un secondo video, era solo quello di smascherare l’ipocrisia degli uomini marocchini e far capire ai cittadini del Marocco che le persone gay e bisessuali esistono nel Paese. La situazione, però, le è sfuggita di mano, perché moltissime donne hanno deciso di aprire account fasulli su PlanetRomeo, Grindr e Hornet per entrare, seguendo le sue istruzioni, in contatto con uomini gay, facendosi mandare foto anche di nudo diffuse poi sui loro social, rivelando dati sensibili come nomi, foto e indirizzi.
È accaduto, così, che decine di uomini gay sono state vittime di una campagna di outing di massa attraverso i social. Le associazioni LGBT+ riportano notizie di ragazzi e uomini cacciati dalle famiglie, scappati di casa nella notte per rifugiarsi da amici, che hanno perso il lavoro, che sono stati minacciati e ricattati in seguito a quanto accaduto. Un giornalista franco-marocchino ha segnalato il caso di un ragazzo che si è suicidato. Quella che si è venuta a creare è stata “una campagna di intimidazione senza precedenti che ha colpito tantissime persone”, ha dichiarato Anas Chariai, attivista dell’associazione Il Grande Colibrì, i primi a riportare la notizia in Italia e i primi a fare un grande lavoro di ricerca e traduzione su questa vicenda, raccogliendo informazioni e testimonianze. “In Marocco la comunità Lgbt esiste, ma non avendo luoghi fisici per incontrarsi lo fa online, sui social, e lo ha fatto soprattutto durante la quarantena con il Paese quasi militarizzato”. “Tranne qualche sito in lingua francese, poi, la stampa in Marocco - dove si viene puniti con la reclusione fino a tre anni e un’ammenda che va dai 120 ai 1200 dirham - non si è occupata della vicenda dal momento che la sessualità è un tabù. Tutti sanno, ma nessuno ne parla”.
Diverse Ong e molti intellettuali si sono mobilitati per lanciare l’allerta. Tra questi, Hicham Tahir, scrittore marocchino che risiede in Francia, che ha reso pubblico il caso via Twitter: “È una caccia alle streghe”, ha scritto. “Le foto sono diffuse in rete da omofobi”. “Ciò che sta avvenendo in Marocco – ha dichiarato un altro membro de Il Grande Colibrì - è uno scandalo. Stiamo assistendo ad una campagna d’odio senza precedenti. Quello che ha fatto Sofia è vergognoso e crudele, dal momento che ha tradito l’intera comunità Lgbt+ marocchina”.
Le conseguenze, anche in tempi di confinamento da Coronavirus, sono terribili con ricatti, minacce e denunce. Sulla drammatica situazione degli uomini gay e bisessuali in Marocco, aggravata dalla militarizzazione di fatto del Paese per il contenimento della diffusione del Covid-19, si è espresso anche un portavoce del gruppo Lgbt+ locale Nassawiyat, che alla Thomas Reuters Foundation ha dichiarato che questi uomini “sono vittime di bullismo e ricatti” e che “con il blocco in atto per il Coronavirus, alcuni di loro non sanno dove andare”. Human Rights Watch ha chiesto al governo marocchino di far valere il diritto alla privacy e di depenalizzare le relazioni tra persone dello stesso sesso. «Le autorità marocchine dovrebbero immediatamente intervenire per proteggere la privacy delle persone Lgbt e abrogare le leggi anti-Lgbt che possono solo alimentare questo comportamento omofobico», ha detto in una nota lunedì. “Quello che abbiamo visto è solo la punta dell’iceberg, molte persone soffrono in silenzio”.
Tra le testimonianze c’è poi quella di un ragazzo italo-marocchino che, a causa dell’emergenza sanitaria, è rimasto bloccato in Marocco: la sua famiglia sa del suo orientamento sessuale e lo sostiene ma, secondo quanto riportato sul sito dell’associazione, il ragazzo ha ricevuto minacce da altri parenti. “Alcuni ragazzi ci hanno raccontato di amici che sono stati picchiati, di altri che sono fuggiti da casa, di alcuni che con mille difficoltà sono riusciti ad affittare un appartamento e che adesso si sentono abbandonati da tutti”, ha raccontato Diego Puccio, responsabile del progetto Immigrazioni e omosessualità per il Centro d’iniziativa gay di Milano che dal 2009 sostiene le persone Lgbt che fuggono dai loro Paesi di origine perché perseguitate e chiedono asilo in Italia, fornendo loro servizi di orientamento e supporto sociale, ma anche attività culturali (nel 2019 sono state 109 le persone che si sono rivolte allo sportello). “Tutti sono in allarme”, ha aggiunto. “In Marocco la repressione è forte e il clima è omofobo. Le persone vivono una situazione di angoscia, aggravata dall’isolamento”.
Se già prima del Covid-19 la comunità Lgbt+ marocchina aveva paura di vivere liberamente per il clima omofobico del Paese vista anche una legge che li punisce, adesso, con questa caccia ai gay e con la quarantena, per loro vivere sarà ancora più difficile. Quello che molti attivisti ed attiviste Lgbt+ stanno cercando di fare, è informare nello specifico cosa sta succedendo in Marocco e raccogliere testimonianze dei diretti interessati per dar loro voce e far capire che non sono soli. “Abbiamo seguito la vicenda fin dall’inizio - ha detto uno di loro - abbiamo cercato di raccogliere più prove possibili e sentito storie di ragazzi cacciati di casa e di ragazzi che presumibilmente si sono suicidati. Tutto questo fa male, soprattutto per noi marocchini Lgbt+ residenti in Italia”.