Tiscali.it
SEGUICI

Vita di strada e fiction: “Mare fuori” o del neorealismo al tempo della generazione Z

di Italia Libera   
Vita di strada e fiction: “Mare fuori” o del neorealismo al tempo della generazione Z

La serie televisiva ispirata alla vita dei giovani reclusi nell’Istituto Penale Minorile di Napoli è raccontata da giovani attori che recitano la vita di strada. Vendette, redenzioni quasi conseguite ma negate dalla “necessità” che governa l’archetipo camorrista, passioni, amori, dolori amari si intrecciano con la rappresentazione del male, da quello della criminalità organizzata a quello che si mostra come accadimento incomprensibile e inaccettabile. Fin dai tempi di Giobbe. Una “banalità del male” che qui presenta un suo lato fascinoso, forse perché riportato a una dimensione parziale, quotidiana. Forse per la bravura degli attori, tutti giovani – eccessivo, magari, quel “cast stellare” di varie recensioni da quando “Mare fuori” è divenuto un must – che sono belli, alcuni come dote estetica, ma tutti perché sono capaci di far trapelare da sguardi, espressioni, atteggiamenti la profondità e la “realtà” dei loro personaggi. Alla terza stagione, la fiction si sta rivelando anche un formidabile volano per il turismo in città

Il panegirico di HERR K

CON UN VANTAGGIO siderale sulle altre squadre di serie A, a meno di battute d’arresto …laziali, e una ripresa forte del turismo con le positive ricadute per tutto l’indotto, Napoli sembra vivere una nuova stagione. E alcuni commentatori hanno inserito in questo quadro anche la fiction “Mare fuori” della Rai, arrivata alla terza stagione con le regie di Carmine Elia, Milena Cocozza e Ivan Silvestrini.

C’è da dire che la Rai sta scegliendo come ambientazione delle sue fiction varie città italiane: Genova, Matera, Bari e, appunto, Napoli, che è la più rappresentata – “I bastardi di Pizzo Falcone”, “Il Commissario Ricciardi”, oltre alle tre stagioni di “Mare fuori” –, con il merito di metterne in evidenza gli scorci più suggestivi, i posti più noti e meno noti, l’atmosfera inevitabilmente magica delle loro notti. Il protagonista di “Mare fuori” – tre serie da dodici episodi – è lo stupendo edificio, appena un po’ fatiscente, dell’Istituto Penale Minorile (IPM) di Napoli, ricostruito cinematograficamente presso la base della Marina Militare nell’isoletta di Nisida a opera, verdienstvoll!, dello scenografo Antonio Farina. La sceneggiatura è di Maurizio Careddu e Cristiana Farina, che è anche l’ideatrice della storia, facendosi così perdonare l’analogo ruolo per la soap più longeva, aber die die Eier beschwert (ma pallosa, ndr) della Rai: “Un posto al sole”.

Drammi personali e collettivi hanno presieduto alla vita dei giovani reclusi – gli interni sono girati nell’IPM “vero” di Napoli – come per Viola (Serena De Ferrari), anaffettiva e perfida, ché così l’hanno “disegnata” i suoi genitori, fino alla follia finale del suicidio. Vendette, redenzioni quasi conseguite ma negate dalla “necessità” che governa l’archetipo camorrista, passioni, amori, dolori amari si intrecciano con la rappresentazione del male, da quello della criminalità organizzata a quello che si mostra come accadimento incomprensibile e inaccettabile. Fin dai tempi di Giobbe. 

La “banalità del male” affermerà Hannah Arendt inviata dal New Yorker a Gerusalemme per seguire il processo ad Eichmann, ma si tratta di un male “globale” riconducibile, secondo lei, alla completa inconsapevolezza dei suoi attori. Qui invece il male presenta un suo lato fascinoso, forse perché riportato a una dimensione parziale, quotidiana. Forse per la bravura degli attori, tutti giovani – eccessivo, magari, quel “cast stellare” di varie recensioni da quando “Mare fuori” è divenuto un must – che sono belli, alcuni come dote estetica, ma tutti perché sono capaci di far trapelare da sguardi, espressioni, atteggiamenti la profondità e la “realtà” dei loro personaggi. Molto bravi anche gli attori, forse più noti – per tutti, Carolina Crescentini, la direttrice dell’IPM, e Carmine Recano, il “Comandante” – che rappresentano il corpo dei responsabili dell’IPM e costituiscono un insieme di educatori francamente eccezionali. Da fiction, vien da dire. 

Coinvolgente il tessuto musicale, dove si mescolano al meglio reggae, canzone napoletana memore di Pino Daniele e qualche passaggio di musica classica. È stato curato da Stefano Lentini, autore di “O mar for”, la canzone ormai simbolo di un proclamato successo anche in termini di visualizzazioni sui vari social. Questo trascinante leit motiv, prodotto da Lolloflow e Raiz, è cantato da Matteo Paolillo, alias Icaro, che è Edoardo fra i protagonisti della fiction. E Raiz, al secolo Gennaro della Volpe, che ha un ricco pedigree musicale, ha il ruolo di Don Salvatore, il boss del clan dei Ricci. Domenico Cuomo, che impersona Gianni “Cardiotrap” dal talento musicale tanto marcato quanto lui è fragile, è uno che sa suonar bene la chitarra.

Si sopportano così agevolmente alcune prolissità, inevitabili in serie da dodici episodi, come la vicenda della talentuosa zingara Naditza (Valentina Romani) e di Filippo ‘O chiattillo (Nicolas Maupas), il “signorino” che viene dalla Milano “bene” e, non meno talentuoso, suona con lei a quattro mani. La loro evasione dall’IPM costituisce un mini-racconto picaresco quasi a sé stante. Tranne l’episodio, toccante, del loro incontro con l’amico del cuore, Carmine ‘O piecuro (Massimiliano Caiazzo).  

La celebrazione dell’amicizia, nelle sue varie gradazioni, è uno dei temi ricorrenti nelle tre serie e ‘O piecuro ne è uno dei celebranti più convincenti. Figlio prediletto della capa dei Di Salvo, uno dei due clan camorristici in guerra, si sta imbarcando in una storia d’amore con la tosta Rosa (Maria Esposito), la figlia del boss dei Ricci, il clan avversario. E fa prevedere un finale rosa, perché l’amore, uno dei temi dominanti, è l’unica speranza di salvezza e di redenzione. Non solo per le giovani vite devastate dal conformismo del male.  Das Hertz, la soluzione dei conflitti come nell’espressionismo tedesco. Carmine, che rifiuta l’appartenenza al suo clan e ai metodi camorristici, ha già fatto questa scelta, anche e soprattutto per la figlia, neonata, cui la violenza cieca dello scontro tra clan ha sottratto la madre. 

Carmine è l’eroe degli antieroi, ma la galleria dei personaggi fa vivere giovani che sembrano usciti fuori dall’Iliade, alcuni, superstiti dei “barconi” altri, e, ancora, “pazzi” alla Artaud perché l’anarchismo è un inevitabile filo tenue ma costante. Accanto a giovani eroine che cercano una loro strada in mezzo ad avversità che la vita ha regalato loro a piene mani. Non manca un “infame”, Mimmo (Alessandro Orrei), le cui fattezze austroungariche richiamano un ragazzo della via Pal appena più grande e il cui barcamenarsi tra clan rivali è guidato dall’ansia di riscatto dalla miseria familiare. Troverà in Carmine un amico che, insieme al “Comandante”, gli faranno trovare il coraggio di confessare ai genitori di Gaetano (Nicolò Galasso), ormai libero e praticante pizzaiolo, di averlo ucciso in uno scontro imposto dalla ἀνάγκη (anánkē, il fato) camorrista

Quei ragazzi e le loro tormentate vicende entrano nel cuore dello spettatore e non lo lasciano indenne. Come le storie e i protagonisti del neorealismo italiano, che la struttura filmica di “Mare fuori” richiama non arbitrariamente. Un neorealismo da generazione “zeta”, dove invece di attori “presi dalla strada”, sono giovani attori a recitare la vita di strada. Con, in più, un ruolo per la colonna sonora che la miseria/sobrietà dei tempi non poteva concedere a un Rossellini o a un De Sica.

“Ma questa non è una recensione, è un panegirico!” “Ja, ich weiß, aber ich bin kein Zuschauer. Ich bin ein Fan” (Si, lo so, non sono uno spettatore, sono un tifoso, n.d.r.).”

di Italia Libera   

I più recenti

Una strage da smog. Trecentomila decessi ogni anno nella Ue solo per l’inquinamento atmosferico
Una strage da smog. Trecentomila decessi ogni anno nella Ue solo per l’inquinamento atmosferico
2/ Visti da vicino. Arbasino, che accompagnava in spider Gadda. E quella battuta su Scott Fitzgerald
2/ Visti da vicino. Arbasino, che accompagnava in spider Gadda. E quella battuta su Scott Fitzgerald
Il “Napoleon” senza sostanza di Ridley Scott (pur fra i lampi consueti di mano felice)
Il “Napoleon” senza sostanza di Ridley Scott (pur fra i lampi consueti di mano felice)
Kissinger dopo la fine della Guerra Fredda: il “principe” dell’élite globale e l’“arte della diplomazia”
Kissinger dopo la fine della Guerra Fredda: il “principe” dell’élite globale e l’“arte della diplomazia”

Le Rubriche

Alberto Flores d'Arcais

Giornalista. Nato a Roma l’11 Febbraio 1951, laureato in filosofia, ha iniziato...

Alessandro Spaventa

Accanto alla carriera da consulente e dirigente d’azienda ha sempre coltivato l...

Claudia Fusani

Vivo a Roma ma il cuore resta a Firenze dove sono nata, cresciuta e mi sono...

Carlo Di Cicco

Giornalista e scrittore, è stato vice direttore dell'Osservatore Romano sino al...

Claudio Cordova

31 anni, è fondatore e direttore del quotidiano online di Reggio Calabria Il...

Massimiliano Lussana

Nato a Bergamo 49 anni fa, studia e si laurea in diritto parlamentare a Milano...

Stefano Loffredo

Cagliaritano, laureato in Economia e commercio con Dottorato di ricerca in...

Antonella A. G. Loi

Giornalista per passione e professione. Comincio presto con tante collaborazioni...

Lidia Ginestra Giuffrida

Lidia Ginestra Giuffrida giornalista freelance, sono laureata in cooperazione...

Carlo Ferraioli

Mi sono sempre speso nella scrittura e nell'organizzazione di comunicati stampa...

Alice Bellante

Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla LUISS Guido Carli...

Giuseppe Alberto Falci

Caltanissetta 1983, scrivo di politica per il Corriere della Sera e per il...

Michael Pontrelli

Giornalista professionista ha iniziato a lavorare nei nuovi media digitali nel...