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Urbino, inverno 1944-45: la fame domata dagli scarti della Mensa ufficiali Canadesi. Poi la primavera liberatrice

di Italia Libera   
Urbino, inverno 1944-45: la fame domata dagli scarti della Mensa ufficiali Canadesi. Poi la...

Il centro storico di Urbino era spesso spazzato dalla tramontana. Per giorni interi. Non si poteva uscire di casa. Giorni di fame vera, alleviata da un mezzo maiale contrattato con un fattore del Pio Istituto Anziani dei Cappuccini. Che fornì un po’ di salumi e di salsicce. Poi ricademmo negli scarti della Mensa degli Ufficiali Canadesi che aveva sede in casa Benedetti dove eravamo gli inquilini dell’ultimo piano prima delle soffitte sotto i tetti infestate da incredibili pantegane

◆ Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

L’inverno che precedette la Liberazione dal nazifascismo fu durissimo. Avevamo sotto casa la mensa ufficiali nella quale mio fratello Andrea si era prontamente infilato come sguattero e portava su in casa quello che poteva: pentoloni di crema, di cioccolata, di carote. Ci sfamavamo così alla meglio. La temperatura era molto rigida nell’inverno del 1944 e ci difendevamo come potevamo da quel gelo. Urbino poi era spesso spazzata dalla tramontana. Per giorni interi. Non si poteva uscire di casa.

Vivemmo giorni di fame vera alleviata da un mezzo maiale contrattato con un fattore del Pio Istituto Anziani dei Cappuccini. Che fornì un po’ di salumi e di salsicce. Poi ricademmo negli scarti della Mensa degli Ufficiali Canadesi che aveva sede in casa Benedetti dove noi eravamo gli inquilini dell’ultimo piano prima delle soffitte sotto i tetti infestate da incredibili pantegane che cercavano vanamente, per fortuna, di cibarsi del poco pollame fornito alla famiglia Benedetti da un prezioso fattore delle Cesane. E che, in combutta col simpatico ingegner Benedetti − gran giocatore di carte (nonché gran perditore) − cucinammo bolliti da sua madre, la signora Teresa, ottuagenaria vecchina, relegata dalla terribile nuora in soffitta. 

Le restrizioni si allentarono allorché ai Polacchi subentrarono i Canadesi di due diverse etnie: di origine francese e di origine anglo-sassone. Con altrettante bande militari che ad una certa ora del pomeriggio si esibivano davanti al Circolo Ufficiali completi di grancassa e grandi tamburi con le loro marce e marcette, segnando così, verso le 17,30, il cambio della guardia. Bisogna dire che gli ufficiali canadesi bevevano vini e liquori in quantità, fino ad ubriacarsi. Alcuni bisognava portarli a letto di peso. Compresi il cuoco della Mensa ufficiali e alcuni camerieri. Per noi ragazzi e bambini, un’occasione per portare alle nostre case pentole di cibarie le più svariate come pentoloni di crema con carote o piselli. Oppure pentole di cioccolato sfuso. Furono mesi comunque “grassi” seguiti da mesi “magri”. Poi arrivò la primavera liberatrice. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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