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Transizione energetica: il mondo accelera, Eni e compagnie fossili tirano il freno. Verso un testa-coda?  

di Italia Libera   
Transizione energetica: il mondo accelera, Eni e compagnie fossili tirano il freno. Verso un testa...

La compagnia del Cane a Sei Zampe (variamente colorato) sponsorizza di tutto – biodisel, gas liquefatto, cattura della Co2, la fusione nucleare a sconfinamento magnetico – sul principale giornale italiano. Sul sito del “Corriere della Sera” si ‘dimentica’ di aggiungere, a proposito di futuro energetico, che il solare e l’eolico rappresentano larga parte della nuova potenza elettrica installata nel mondo, che il fotovoltaico registra il 33% di incremento rispetto ai risultati del 2023, che in Gran Bretagna il nuovo governo laburista chiude entro settembre l’ultima centrale a carbone e che l’Inflation Reduction Act (Ira) voluto da Joe Biden per superare il gap tecnologico con le tecnologie rinnovabili cinesi ha mobilitato mezzo trilione di dollari di investimenti nei settori manifatturiero, energetico e delle vendite. Chi guarda avanti e che cammina con la testa girata all’indietro (come il cane di cui sopra), col rischio di far andare a sbattere l’intera Unione Europea della Von der Leyen Due

◆ L’analisi di GIANNI SILVESTRINI, direttore scientifico Kyoto Club, presidente Exalto Energy&Innovation *

► «Un mondo di energie nuove da scoprire. Dalla cattura della Co2 alla fusione a confinamento magnetico, passando per biodiesel e gas liquefatto: ecco cosa ci riserva il futuro”, questo il messaggio dell’Eni sulle pagine del sito del Corriere della Sera. Cioè, non il solare e l’eolico che rappresentano larga parte della nuova potenza elettrica installata nel mondo. Questa disattenzione non riguarda solo l’Eni. Anzi possiamo dire che nell’ultimo paio di anni c’è stato un rallentamento dell’interesse del mondo Oil&Gas rispetto alla transizione energetica. Secondo Bloomberg una motivazione può essere legata al minor ritorno economico degli investimenti nelle rinnovabili.

Una cosa è certa. Lo scenario Net Zero al 2050 dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, prevedeva un calo della produzione di petrolio e gas rispettivamente del 21% e del 18% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2022 e uno stop allo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas e di terminali di Gnl.  Ma le strategie delle compagnie si stanno muovendo in tutt’altra direzione e gli interessi dei fossili sulle rinnovabili è molto ridotta. Infatti, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), le compagnie petrolifere e del gas rappresentano attualmente solo l’1% degli investimenti nell’energia pulita a livello globale. E questo in uno scenario secondo cui fra 25-35 anni larga parte del mondo dovrà essere “climate neutral”.

Visto però che le rinnovabili sono ormai diventate estremamente competitive, stiamo assistendo ad uno sforzo su larga scala per mettere loro i bastoni fra le ruote. E siamo arrivati a vere campagne di disinformazione. Del resto, sono significativi i piani di alcune majors. Secondo Exxon, ad esempio, la domanda globale di petrolio resterà sostanzialmente invariata da qui al 2050 sopra i 100 milioni di barili al giorno. Motivo per cui l’industria petrolifera dovrà continuare a investire in nuove ricerche.

Ma, mentre il mondo fossile vede una continuazione del proprio business, in realtà, come ricordato all’inizio, la valanga verde è partita. Secondo BloombergNef quest’anno nel mondo si installeranno ben 592 GW di fotovoltaico, con un incremento del 33% rispetto ai risultati del 2023 (Fig. 1). Un’ulteriore crescita dopo che lo scorso anno, a livello mondiale, il solare era aumentato dell’87% sui dati del 2022.

Ma la corsa delle rinnovabili dovrà accelerare malgrado l’aggressione russa all’Ucraina stia distraendo notevoli risorse verso le armi piuttosto che a favore della transizione energetica. Anche se, nella prima fase della guerra, i prezzi impazziti del gas avevano accelerato notevolmente il contributo del solare e dell’eolico, tanto che in Europa nel 2024 questo ha superato l’elettricità generata dai fossili. Al momento però si assiste ad un cambiamento delle politiche ai vari livelli. Se il lancio del Green Deal aveva favorito l’adozione di una serie di proposte per trasformare le politiche dell’Ue in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità, la nuova Commissione pur dichiarando di voler perseguire gli obbiettivi climatici sembra meno determinata.

Ciò nonostante, resta però prevalente la spinta positiva. L’importanza della politica è chiaramente visibile dal cambio di passo che si è registrato con il nuovo governo laburista in Gran Bretagna. Dopo lo sblocco dell’eolico sulla terraferma è stato preannunciato un innalzamento degli obbiettivi di decarbonizzazione entro la fine dell’anno. A settembre verrà spenta l’ultima centrale a carbone, una fonte che forniva il 39% della produzione elettrica nel 2012. Un dato che ci ricorda come le evoluzioni della decarbonizzazione possano essere molto rapide. Negli Usa vedremo cosa succederà con le elezioni di novembre. L’Inflation Reduction Act (Ira) voluto da Joe Biden sta dando buoni risultati e ha mobilitato mezzo trilione di dollari di investimenti nei settori manifatturiero, energetico e delle vendite. Secondo il Massachusetts Institute of Technology (Mit) e Rhodium, gli investimenti effettivi nel settore manifatturiero ammontano a 89 miliardi di dollari, con un aumento del 305% rispetto ai due anni precedenti l’introduzione dell’Ira. 

E poi c’è la Cina. Pechino da anni ha puntato con decisione sulla transizione energetica dotandosi della più forte industria mondiale nei vari settori (rinnovabili, mobilità elettrica, batterie…). Nella Fig. 2 si evidenzia la crescita impressionante delle installazioni fotovoltaiche. Nel 2023 sono stati ben 217 i nuovi GW installati da Pechino. Un’analoga accelerazione si evidenzia nel settore delle auto elettriche, che a metà 2024 hanno rappresentato la metà delle vendite di auto in Cina, con prezzi sempre più competitivi (Fig. 3).

Insomma, il 2024 sarà un anno di transizione con alcuni paesi che spingono e altri ancora timidi. Sapendo che per vincere la sfida climatica, gli sforzi complessivi dovrebbero essere maggiori. © RIPRODUZIONE RISERVATA

(*) Questo articolo esce anche sul numero di settembre di QualEnergia

di Italia Libera   
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