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Smog in città e inquinamento acustico: crescono le morti premature in Europa. Minacce alla salute prese sotto gamba

di Italia Libera   
Smog in città e inquinamento acustico: crescono le morti premature in Europa. Minacce alla salute...

Sottovalutato da quasi tutti, l’inquinamento acustico nelle città europee provoca ogni anno almeno 48.000 nuovi casi di malattie cardiache e 2000 decessi prematuri. Si aggiungono alle 300mila persone morte prematuramente per l’inquinamento atmosferico. La Corte dei conti europea incalza la Commissione di Bruxelles per dar seguito ai provvedimenti necessari a ridurre l’impatto dell’inquinamento atmosferico entro il 2030. L’obiettivo di ridurre i decessi prematuri del 55% rispetto al 2005, le minacce agli ecosistemi del 25% e del 30% il numero delle persone affette da disturbi cronici dovuti al rumore è ben distante a cinque anni dalla meta. In Italia nel 2024 sono risultate fuorilegge il 71% delle città italiane monitorate per il Pm10 e il 45% per il biossido d’azoto, evidenziando il superamento anche dei limiti dell’Oms, con 50.000 morti premature stimati

◆L’analisi di GIANFRANCO AMENDOLA, giurista

Secondo le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente nel 2021 sono state oltre 300.000 le persone morte prematuramente nell’Ue a causa dell’aria inquinata. Cui si sommano i morti a causa del rumore ritenuto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, dopo l’inquinamento atmosferico, la seconda maggiore concausa ambientale di malattie, che in Europa provoca ogni anno almeno 48.000 nuovi casi di malattie cardiache e 2000 decessi prematuri. Le aree più colpite sono quelle urbane dove vive la maggior parte dei cittadini dell’Unione europea che, tuttavia, in base al piano d’azione comunitario per l’inquinamento zero, dovrebbero ridurre entro il 2030 l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute (decessi prematuri) di oltre il 55% rispetto al 2005, la relativa minaccia per la biodiversità negli ecosistemi del 25% e il numero di persone affette da disturbi cronici dovuti al rumore dei trasporti del 30%.

Purtroppo si tratta di obiettivi ben lontani dalla realizzazione, come dimostra con chiarezza una recentissima relazione della Corte dei conti europea sull’inquinamento urbano nella Ue incentrata, appunto, su smog e rumore nelle nostre città. Da essa, infatti, emerge con chiarezza che, a metà del percorso previsto per l’inquinamento zero, lo smog è diminuito ma di poco e, soprattutto, che nulla si è fatto per il rumore, tanto è vero che le stime attuali della Commissione Ue indicano che, per il rumore da trasporti, il numero di persone danneggiate non diminuirà di oltre il 19% entro il 2030 e che il numero complessivo di persone affette da disturbi cronici potrebbe addirittura aumentare del 3%. Tanto più che «è difficile valutare i progressi compiuti nella riduzione dell’inquinamento acustico, principalmente perché la maggioranza degli Stati membri dell’Ue valuta e segnala l’entità di tale inquinamento in modo incompleto e con ritardo». Ed è per questo che la prima raccomandazione della Corte chiede alla Commissione Ue di dare priorità alle azioni contro l’inquinamento acustico, introducendo valori-obiettivo di riduzione del rumore e limiti al suo livello nella direttiva sul rumore ambientale, allineando il più possibile le soglie di segnalazione del rumore a quelle raccomandate dall’Oms. 

Più in generale, la relazione evidenzia che manca in primo luogo una reale pianificazione da parte delle autorità competenti, mentre «per risolvere efficacemente il problema dell’inquinamento atmosferico e acustico nelle aree urbane, le regioni e le città dovrebbero elaborare e attuare piani d’azione». Ma manca, anche e soprattutto, un efficace controllo comunitario sul rispetto delle normative ambientali. Al riguardo, come riportato dalla relazione, le procedure di infrazione avviate dalla Commissione «sono state spesso piuttosto lunghe e, in alcuni casi, parzialmente inefficaci nel risolvere il problema della non-conformità». Eppure, le violazioni del diritto ambientale rappresentano il maggior numero (pari a circa il 20% del totale) di casi trattati dalla Commissione, la quale ha avviato 106 procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri per inosservanza delle direttive: ma ne ha chiuse solo 54 mentre il resto è ancora in corso; 25 sono state rinviate alla Corte di giustizia dell’Unione europea, che si è pronunciata in merito a 22 di esse. E si ricorda anche che la Commissione ha vinto tre cause dinanzi alla Corte di giustizia contro Grecia, Spagna e Polonia sulla base del fatto che erano stati superati i valori-limite di concentrazione degli inquinanti atmosferici, ma in due casi tali superamenti sono continuati anche dopo la sentenza della Corte.

Se, a questo punto, torniamo in Italia, appare evidente che le considerazioni e le raccomandazioni della relazione Ue riguardano anche la situazione del nostro Paese dove negli ultimi anni, anche se molto faticosamente, qualcosa si è mosso specie con riferimento all’inquinamento atmosferico nelle grandi città ma siamo ancora ben lontani da risultati ottimali quali quelli richiesti a livello comunitario. E non si tratta solo di carenze normative e di applicazione, si tratta, anche e soprattutto, di carenza culturale da parte di governanti e governati dove, troppo spesso la tutela dell’ambiente viene ancora vista come un lusso per tempi di vacche grasse o, usando in modo distorto il concetto di “sostenibilità”, viene utilizzata a fini di mercato e di profitto personale. In particolare, quanto all’inquinamento atmosferico urbano, il rapporto “MobilitAria 2024”, realizzato da Kyoto Club e dall’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr analizza i dati del 2022-2023 per particolato e biossido di azoto (NO2) in 14 Città metropolitane italiane (Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia) evidenziando che la maggior delle città analizzate registra, anche se di pochi punti percentuali, una riduzione delle concentrazioni medie di NO2 che varia dal 3% al 12% mentre, per quanto riguarda PM10 e PM2,5, nonostante la generale tendenza in discesa delle concentrazioni si registrano sia decrementi che aumenti. Dati, peraltro, sostanzialmente confermati da quelli appena diffusi da Legambiente, secondo i quali nel 2024 sono risultate fuorilegge il 71% delle città italiane monitorate per il PM10 e il 45% per l’NO2, evidenziando il superamento anche dei limiti dell’Organizzazione mondiale della sanità, con un bilancio stimato di 50.000 morti premature.

E, quanto al rumore, l’Istat certifica che negli ultimi anni diversi capoluoghi di provincia hanno registrato livelli di rumore costantemente superiori ai limiti di legge, specialmente nelle aree urbane ad alta densità di traffico e con intensa attività commerciale, evidenziando che tra i fattori che alimentano l’inquinamento acustico ci sono il traffico veicolare, ferroviario e aereo, nonché le attività industriali e i cantieri,​ provocando sempre più spesso l’esasperazione dei cittadini, come dimostra il numero crescente di esposti presentati contro il rumore. Di certo, comunque, smog e rumore troppo spesso raggiungono livelli insopportabili anche nelle nostre grandi città e di certo non si fa abbastanza sia come leggi sia come controlli. In conclusione, quindi, il grido d’allarme opportunamente lanciato dalla Corte dei conti Ue riguarda certamente anche il nostro paese che, allo stato delle cose, appare ben lontano dal rispetto degli obblighi di riduzione per gli inquinamenti previsti per il 2030. Obblighi che – è bene ricordarlo insieme all’Oms – attengono in primo luogo alla nostra salute e alla nostra qualità della vita. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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