“Si stanno riducendo i più grandi laghi del mondo”. Monitorati con i satelliti, ecco cosa si scopre

Il mondo della ricerca sta sperimentando tipologie sofisticate e che prevedono la comparazione di dati lungo un arco di tempo attorno ai trent’anni. L’ultimo studio – ed uno dei primi al mondo sui laghi – è stato concluso dall’università del Colorado, e si è basato sul lavoro di scienziati di tre nazionalità (Stati Uniti, Francia, Arabia Saudita). Il risultato: si stanno riducendo anche in modo drammatico più di metà dei laghi che fanno parte di un’eccellenza (per dimensioni) del mondo
(Red) — LE DUE ALLUVIONI CHE nel giro di pochi giorni hanno tormentato la Romagna, provocando lutti, devastazioni, e danni alle culture che dureranno almeno fino a cinque anni da oggi, sono solo l’altra faccia dei disastri provocati dalla siccità. Un meteo impazzito, le cui conseguenze sono amplificate dagli interventi scellerati dell’uomo – come, per la Romagna, il dissennato consumo del suolo – sono anche fenomeni drammaticamente globali.
Sul banco degli imputati, come è noto, è la crisi climatica con l’innalzamento progressivo delle temperature. Ogni ricerca scientifica sembra condurre a questo fenomeno che l’uomo non sa (o non vuole) contrastare efficacemente, come causa di situazioni estreme. Uno studio di pochi giorni fa del team di scienziati del Aires, l’Istituto cooperativo per la ricerca in scienze ambientali dell’Università del Colorado (Stati Uniti) ha rivelato che la crisi climatica sta minacciando i più estesi laghi (e invasi) del mondo. Più della metà infatti tra i più grandi laghi e bacini idrici si stanno riducendo in modo drammatico. «I laghi sono in difficoltà a livello globale e ciò ha implicazioni sotto diversi aspetti. Eppure, a differenza dei fiumi, non sono ben monitorati. E nonostante la loro importanza per la sicurezza idrica» commenta Balaji Rajagopalan, docente all’Università del Colorado, e coautore della ricerca, parlando con l’agenzia di stampa France Press. «Ha attirato la nostra attenzione – prosegue Rajagopalan – il fatto che il 25 per cento della popolazione mondiale viva in prossimità di un bacino lacustre che ha una tendenza al declino». Questo significa che il fenomeno ha ripercussioni dirette su due miliardi di abitanti del mondo.
Le conclusioni della ricerca sono state pubblicate sulla rivista Science. A mettere sull’avviso del grande cambiamento, sono stati il depauperamento dell’acqua del Mar Caspio e del Mar d’Aral. Sotto accusa, e comunque sempre nell’ambito di diverse concause, oltre alla crisi climatica, anche il consumo/spreco dell’uomo. Il metodo di studio è stato effettuato con l’analisi fotografica dai satelliti – 250mila immagini – di dati dal 1992 al 2020 (quindi l’arco di quasi trent’anni). Anche il livello dell’acqua è stato acquisito da altimetri satellitari. Il risultato è che il 53% (più della metà) dei laghi e dei bacini artificiali messi sotto osservazione ha subito un calo dei volumi d’acqua pari a 603 chilometri cubi d’acqua. Sono state “esplorate” le condizioni di quasi duemila (1.972) laghi e bacini idrici, che contengono oltre l’80% del patrimonio di acqua dolce nel pianeta. Sono stati scelti i più grandi laghi per due motivi: il primo, per la loro importanza per gli uomini e la fauna e la vegetazione in genere; il secondo, perché sui bacini meno estesi è arduo riuscire ad avere dei risultati corretti. Il risultato poi che il 24% dei laghi e invasi ha migliorato lo “stoccaggio” di acqua non compensa la situazione: si tratta o di invasi artificiali (in Cina) o di laghi nel Nord Americana o nell’altipiano tibetano.
Le conseguenze? Meno acqua vuol (anche) dire acqua di peggiore qualità. Anche i laghi immagazzinano carbonio, quindi la loro riduzione non è solo conseguenza della crisi climatica, ma anche causa. C’è meno acqua, ma più bisogno di consumo (riguardo a uomini e animali) per contrastare l’arsura. Secondo Balaji Rajagopalan c’è però ancora tempo per intervenire. © RIPRODUZIONE RISERVATA