Procida capitale della cultura sacrifica lo storico porticciolo a favore della mega-Marina

Procida capitale della cultura sacrifica lo storico porticciolo a favore della mega-Marina

“Recupero ambientale, turismo consapevole e mobilità sostenibile”, questi dovevano essere gli approdi cui il Piano Urbanistico Comunale di Monte Procida doveva giungere nel lavoro di ristrutturazione dell’antico porticciolo. Invece ha visto la costruzione di una mega-marina che ha deturpato la bellezza di Procida (capitale della cultura di quest’anno). I porti turistici hanno un impatto ambientale rilevante che genera il cambio del moto ondoso, causando spesso l’erosione di tratti di spiaggia. Nonostante questi dati di fatto e questi effetti sotto gli occhi di tutto, i porti turistici hanno avuto un incremento notevole lungo tutto lo Stivale e nelle isole favorendo la cementificazione e il turismo dei benestanti

L’articolo di FABIO BALOCCO
PROCIDA È CAPITALE della cultura per il presente anno. Peccato che Procida non sia più la stessa di solo due anni fa, perché è stata deturpata con un grande porto turistico che ha sostituito l’antico porticciolo di pescatori. Sgombrato il campo da un equivoco e cioè che di massima ciò che è una deturpazione per chi ama l’ambiente, per un politico è una valorizzazione, l’aspetto singolare è che il Piano Urbanistico Comunale di Monte di Procida (che ne prevedeva la realizzazione) doveva essere improntato a “recupero ambientale, turismo consapevole e mobilità sostenibile”. Ci troviamo di fronte ad una prospettazione del tutto simile a quella che si rinviene nelle nostre leggi: nel preambolo si denunciano fini nobili, nel testo si sancisce l’esatto contrario. Eh sì, perché di recupero ambientale, turismo consapevole e mobilità sostenibile nel porto di Procida non se ne vede l’ombra, semmai l’esatto contrario.

Mi spiego meglio e con una certa competenza, visto che alla tematica dei porti turistici ho dedicato una piccola parte della mia vita, curando l’unico saggio sul tema attualmente sul mercato. Partiamo dal presupposto che qualsiasi opera l’uomo realizzi in mare comporta un’alterazione del moto ondoso. Voi tutti avrete presenti i cosiddetti “pennelli”, cioè piccole scogliere artificiali di solito perpendicolari alla costa, realizzate per proteggere gli arenili dall’erosione che il moto ondoso causerebbe. E qui il condizionale è d’obbligo perché se da un lato il moto ondoso apparentemente erode, dall’altro esso altresì trasporta, con il suo incessante movimento, sabbia, ghiaia, ciottoli sulla costa. Il bilanciamento risulta a favore dell’arricchimento della stessa, specie se non vengono incautamente cementificati gli alvei dei corsi d’acqua, che a loro volta trasportano materiale litoide in mare.

Ciò detto, si può immaginare lo sconvolgimento che apporta alla costa una barriera artificiale come quella di un porto turistico. Un esempio di scuola lo si ricava a San Vito Lo Capo, nel Trapanese, dove fu realizzato negli anni cinquanta un piccolo porto ad uso della marineria locale e dei natanti turistici, porto poi ampliato nel 1968. Bene, a causa della deviazione delle correnti marine, la spiaggia a fianco del porto (riconosciuta come una delle più belle dell’intero Mediterraneo) è arretrata nell’arco temporale 1969-1972 del 31,76%! E, si noti, il porto turistico di San Vito Lo Capo è ben poca cosa rispetto ai grandi porti realizzati in questi decenni lungo la penisola.

Il porto non comporta solo un’erosione costiera, ma, a tutta evidenza, con le opere a mare e l’inquinamento che causano i natanti, esso altera la biocenosi marina e se, ad esempio, vi sono le preziose praterie di posidonie, esse scompaiono. Come se non bastasse, con il porto vengono realizzate altresì opere sulla costa non necessariamente collegate con la nautica: tipicamente, nuove residenze vista porto, e questo grazie al cosiddetto “Decreto Burlando”, dal nome dell’allora (primo governo Prodi) ministro della navigazione, Claudio Burlando. A margine si noti che talvolta nella realizzazione dei porti vi sono imprese collegate con la malavita così come la malavita spesso gestisce affari nel porto, una volta realizzato (armi/droga). Nonostante tutte le controindicazioni, i porti turistici si sono moltiplicati lungo tutto lo stivale e le isole (famoso Porto Cervo che ha alterato definitivamente uno degli angoli più preziosi della Gallura). Si pensi che al 30 settembre 2019 (ultimo dato disponibile) la Liguria era largamente prima con 24462 posti barca, e circa un porto (considerati anche quelli commerciali) ogni due comuni rivieraschi. Seguita dalla Sardegna con 20028. E in Liguria sta per essere completato il mega porto di Ventimiglia e forse si terminerà altresì quello di Ospedaletti (da un lato ci sono già due porti a Sanremo e dall’altro un porto a Bordighera).

Due ultime considerazioni, una di carattere economico ed una di carattere politico. Quella di carattere economico è che ancora una volta i governi della repubblica di qualsiasi colore hanno pensato di premiare il partito delle costruzioni: dopo aver permesso di cementificare buona parte delle coste, adesso è toccato al mare. L’altra è che ancora una volta, come con lo sci, i resort e quant’altro, si è voluto premiare il turismo dei benestanti.

Ciò detto, torniamo a Procida, anzi alla Marina di Procida, come è chiamato il nuovo porto e alla domanda che mi ponevo sopra: come esso si concili con recupero ambientale, turismo consapevole e mobilità sostenibile, vorrei che gli amministratori del comune di Monte di Procida me lo spiegassero. Capitale della cultura 2022, ma la cultura è anche e forse soprattutto il rispetto per la Natura.© RIPRODUZIONE RISERVATA
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