Potere e riti misogini: il “testosteronico” primo piano, le mani femminili sfocate nell’angolo
L’immagine delle donne che rivestono importanti cariche istituzionali viene sistematicamente ridimensionata, sminuita, opacizzata, e ricondotta a quella dimensione di inferiorità che il potere misogino e patriarcale, soprattutto in certe nazioni, ritiene essere il più consono: il ruolo di comparse. Quando questi atteggiamenti vengono perpetrati nelle sedi istituzionali internazionali, allora ci rendiamo davvero conto di quanto sia ancora lunga la strada da percorrere per le donne, nel campo della parità dei diritti e della parità di genere. Come comportarsi quindi nella vana attesa che il Michel di turno si alzi per cedere la sedia alla Ursula Von Der Layen del momento o che un Macron si rifiuti a sua volta di stringere la mano a un altro politico che ignorasse una rappresentante donna di una istituzione europea? Probabilmente smettendo di subire queste umiliazioni
Il commento di SILVIA PIETRANGELI
L’IMMAGINE DELLA NOSTRA premier Giorgia Meloni, in piedi, mani conserte, sfuocata, in secondo piano, in attesa che l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi (lui sì in testosteronica prima fila) sottoscrivesse gli accordi commerciali tra Italia e Algeria, s’inserisce ancora una volta in quel filone mediatico narrativo in cui l’immagine delle donne che rivestono importanti cariche istituzionali viene sistematicamente ridimensionata, sminuita, opacizzata, e ricondotta a quella dimensione di inferiorità che il potere misogino e patriarcale, soprattutto in certe nazioni, ritiene essere il più consono: il ruolo di comparse.
Nulla di nuovo né tantomeno di diverso da quello che milioni di donne che lavorano, assumono posizioni di prestigio, esercitano una qualche forma di potere nella società, subiscono con più o meno gravità a ogni latitudine del globo. Ma quando questi atteggiamenti vengono perpetrati nelle sedi istituzionali internazionali, allora ci rendiamo davvero conto di quanto sia ancora lunga la strada da percorrere per le donne, nel campo della parità dei diritti e della parità di genere.
Se il gradino più alto del podio del tentativo di umiliazione lo possiamo assegnare all’unanimità al Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan, quando nel famoso sofagate, ha di proposito lasciato in piedi la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, facendo accomodare accanto a sé l’impacciato e inadeguato presidente del Consiglio europeo Charles Michel, non dobbiamo neppure dimenticarci dello sgarbo compiuto dal ministro degli Esteri dell’Uganda Odongo Jeje, nuovamente nei confronti della presidente della Commissione Europea, che nel corso di un bilaterale Africa-Europa ha ignorato qualunque protocollo, stringendo le mani ai soli Michel e Macron e riservando alla von der Leyen un goffo sorriso.
Stretta di mano rifiutata a una donna anche giovedì da un altro rappresentante politico, l’ambasciatore dell’Iran in Spagna Hassan Ghashghavi (gesto molto significativo nel momento in cui il suo paese è insanguinato dalla repressione nei confronti delle donne che rifiutano di indossare il velo), che durante un ricevimento al Palazzo Reale di Madrid, sfila rapido come un furetto a capo chino davanti alla Regina Letizia evitando alcun contatto con la monarca, che lo segue allontanarsi con uno sguardo significativo, molto più esplicito di tante parole.
Come comportarsi quindi nella vana attesa che il Michel di turno si alzi per cedere la sedia alla Ursula von der Layen del momento o che un Macron si rifiuti a sua volta di stringere la mano a un altro politico che ignorasse una rappresentante donna di una istituzione europea? Probabilmente incominciando a cambiare atteggiamento, smettendo di subire queste umiliazioni al fine di non creare imbarazzo e tensioni.
E allora ben venga la risposta decisa della premier neozelandese Jacinda Arden e della premier finlandese Sanna Marin (entrambe giovani e donne) quando, a un giornalista che domandava loro se si fossero incontrate perché «simili per età e con molte cose in comune» hanno replicato con fermezza, «Ma lei scusi, avrebbe mai fatto una domanda del genere a Obama?». © RIPRODUZIONE RISERVATA