Parco nazionale Gran Paradiso. Il padre dei parchi italiani compie 100 anni, con molti problemi
Alla vigilia dei festeggiamenti per i suoi cento anni il Parco nazionale Gran Paradiso si unirà al Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise in un evento pubblico all’Auditorium Parco della Musica a Roma. Un secolo di vita speso per la conservazione dell’ambiente e per il difficile rapporto tra popolazioni locali e ruolo dell’ente di tutela. “Non si governa il parco contro le comunità locali”, afferma Italo Cerise, presidente del Gran Paradiso, una realtà consolidata, ma allo stesso tempo bloccata. Tanto più con la transizione ecologica, occorre lavorare per un giusto equilibrio tra funzione dei parchi nella salvaguardia della natura ed esigenze di chi abita le aree protette vivendo del loro capitale naturale. Il tempo dei conflitti tra parco e popolazioni locali è alle spalle? Non proprio. Una visione partecipata sul ruolo delle istituzioni “parchi naturali” è ancora di là da venire
L’analisi di TONI FARINA Consigliere Parco Nazionale Gran Paradiso
ACCADE QUEST’ANNO: il giorno 3 dicembre 2022 taglierà il traguardo del secolo di vita il primo parco naturale italiano. Un evento nel nome della conservazione degli ambienti d’alta quota che unirà il Gran Paradiso e il Parco d’Abruzzo, istituito pochi mesi dopo, il Lazio e il Molise, le Alpi e l’Appennino – in altre parole, l’Italia. E, come merita, sarà festeggiato con un ricco calendario di appuntamenti, che offrirà anche una preziosa opportunità per meditare sulla funzione dei parchi e sul rapporto con chi abita le aree protette e vive del loro capitale naturale.
l primo incontro si è tenuto ad agosto dell’anno scorso a Degioz, nella valdostana Valsavarenche. Una scelta tutt’altro che casuale, dal punto di vista storico e politico. Proprio qui, sulle precipiti balze della Grivola, si rifugiarono, alla fine del 1700, gli ultimi stambecchi sopravvissuti a secoli di persecuzione venatoria. La Valsavarenche, però, non è solo natura: con i suoi centri abitati di fondovalle compresi nell’area protetta, rappresenta la perfetta sintesi dei problemi che da sempre la assillano.
Per questo, la decisione di aprirvi gli eventi del centenario è anche un segnale di distensione: intende dire che il tempo dei conflitti tra parco e popolazioni locali è alle spalle. Al di là delle buone intenzioni, però, occorre chiedersi se è davvero così. E la risposta di chi ha vissuto in prima persona questa dialettica è: non è vero; o, se vogliamo essere assertivi, è vero solo in parte: molto resta da fare. Se parliamo degli acerrimi contrasti del secolo scorso, non c’è dubbio che siano superati. Tuttavia, non si può non ammettere che una visione partecipata sul ruolo dell’ente, e più in generale delle istituzioni “parchi naturali” è ancora di là da venire.
Il nodo della questione è riassunto nelle parole pronunciate a Degioz da Italo Cerise, presidente del Paradiso: “Non si governa il parco contro le comunità locali”. Ecco il punto: pur ampiamente condivisibile sulla carta, questa strategia ha avuto, e continuerà ad avere, un prezzo alto in termini di effettiva salvaguardia della natura. Il modo in cui verrà declinata nell’era della transizione ecologica sarà la sfida del suo successore quando, a ottobre 2022, si rinnoveranno degli organi di governo dell’area protetta.
Per chi scrive, il 2022 è anche l’anno in cui trarre le conclusioni dell’esperienza di consigliere designato dalle associazioni di tutela ambientale. Frequentando da decenni le valli del parco, e quindi conscio delle difficoltà oggettive, non mi facevo eccessive illusioni sui risultati: il Parco nazionale Gran Paradiso è una realtà consolidata, ma allo stesso tempo bloccata. È vero che nessuno, almeno alla luce del sole, ne mette più in discussione l’esistenza, o il frazionamento in due regioni patrocinato a suo tempo dalla Regione (autonoma) Valle d’Aosta, o i benefici per gli abitanti. Citiamo ancora il Presidente Cerise: “Finalmente il parco non si limita a fare conservazione, ma sta creando sviluppo” (tradotto “stanno arrivando risorse in grado di compensare tutti i vincoli imposti”). E ancora, “aver conservato indenne il territorio dagli stravolgimenti ambientali (tradotto “i grandi impianti di sci”) costituisce oggi un valido fattore su cui puntare per il futuro”. La presenza del parco è dunque servita: il progetto di costruire una funivia per la cima del Gran Paradiso (l’unico “4000” interamente italiano) è rinviato ad altra epoca. Grazie anche (e soprattutto) ai progetti comunitari “Life-Natura” il parco ha conseguito risultati importanti nella tutela della biodiversità, validati da riconoscimenti internazionali. Lo stambecco (Capra ibex), specie simbolo dell’area protetta, ha ripopolato l’arco alpino.
Non di meno, un parco naturale è anche un ente costruttore di sensibilità ambientale, che va misurata soprattutto nell’ambito comunità locali. E qui scatta un paradosso, perché proprio la presenza di un parco, un grande parco, vissuto localmente come un freno, se non una iattura, ha impedito l’adozione di provvedimenti finalizzati, ad esempio, a una mobilità turistica più sostenibile. Esempio lampante di queste incomprensioni, la strada carrozzabile che sale ai 2600 metri del Colle del Nivolet e consente ai mezzi motorizzati di accedere a una delle zone più belle non solo del parco, ma delle Alpi intere. La zona è oggi soggetta a una parziale limitazione di traffico per otto domeniche estive, mentre altrove, anche in aree non protette, sono in vigore restrizioni ben più avanzate. Di fatto, la strada è stata finora chiusa a valle ai veicoli a motore una volta soltanto: in occasione del Giro ciclistico d’Italia 2019. Non esattamente un evento a carattere ambientale…
Ecco perché la ‘carrozzabile del Colle del Nivolet è emblematica: se da un lato l’attuale gestione è raccontata dai media come un successo ‘green’, dall’altro la situazione sintetizza assai bene le difficoltà dell’ente a farsi davvero portatore di sostenibilità in campo turistico. Il centenario dovrà essere di stimolo per vere novità anche lassù, a 2600 metri, su quel colle che separa la Valsavarenche e la Valle dell’Orco, il Piemonte dalla Valle d’Aosta. E, più in generale, fatti salvi i giusti festeggiamenti con tutto il loro portato retorico, dovrà indicare percorsi coerenti per i 100 anni a venire, superando l’attuale criterio dei confini, del dentro e fuori dell’area protetta, e la logica del fortino assediato dai nemici. Occorre, invece, invertire il flusso, dare corpo al parco laboratorio che diffonde all’esterno il verbo della sostenibilità. Nell’anno 2022 dell’era detta “Antropocene” è questo il ruolo che il padre di tutti i parchi naturali italiani rivendica per sé e per la sua, speriamo sempre più ampia, progenie.© RIPRODUZIONE RISERVATA
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