‘O ministro nnammurato’: la saga di Genny Sangiuliano e l’allegra brigata del Circo Meloni
Chiaro come il sol dell’avvenire, l’affaire Sangiuliano riserverà altre avvincenti sorprese e tanti altri protagonisti e protagoniste. I loro nomi già si intravedono nell’abilissimo gioco di detti e non detti messo in scena da Maria Rosaria Boccia. A La7, la ‘collaboratrice ministeriale a titolo gratuito ma non troppo’ ha già additato alla pubblica attenzione un’eventuale conflitto d’interessi della direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, celebre per le sue note di regime. È già si intravede la presenza di altre figure femminili dietro le tende dell’ufficio di Sangiuliano, personaggio, tra l’altro, perfino più incredibile, nei panni dello sciupafemmine, che in quelli di ministro della cultura italiana
◆ Il commento di MAURIZIO MENICUCCI
► Giorgia Meloni l’aveva detto. “Stiamo riscrivendo la Storia”. Come tutti i profeti, capaci di vedere il futuro solo a metà, non immaginava che la Storia sarebbe stata quella, con la ‘s’ minuscola e il genere plurale, dei comportamenti tenuti dai membri della sua allegra brigata davanti a responsabilità istituzionali per le quali, in tutta evidenza, erano preparati come un neonato a un pranzo a Buckingham Palace. E, in ogni caso, non aveva previsto che la sue parole, depurate dall’immancabile enfasi della destra italiana, da sempre refrattaria al senso del ridicolo, sarebbero state così adatte a descrivere il seguito dello scandalo che, come ha magistralmente sintetizzato Antonio Padellaro, in pochi giorni ha fatto più danni all’esecutivo di tutta l’opposizione in due anni.
È infatti chiaro come il sol dell’avvenire che l’affaire Sangiuliano ci riserverà altre avvincenti sorprese e tanti altri protagonisti e protagoniste. I loro nomi già si intravedono nell’abilissimo gioco di detti e non detti messo in scena da Maria Rosaria Boccia. Nell’ultima intervista a ‘La 7’, la ‘collaboratrice ministeriale a titolo gratuito ma non troppo’ ha già additato alla pubblica attenzione un eventuale conflitto d’interessi della direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, celebre per le sue note di regime, e la presenza di altre figure femminili dietro le tende dell’ufficio di Sangiuliano, personaggio, tra l’altro, perfino più incredibile, nei panni dello sciupafemmine, che in quelli di ministro della cultura italiana: se, a questo punto, è tempo di bilanci, dobbiamo ammettere che Genny appare assai più efficace in questi, che in quelli.
Tornando alla storia, è certo che la trama, infarcita come uno strudel di colpi di scena, gossip e misteri, in altre parole tutti gli ingredienti per farne un best seller, sta premiando i mass media e in particolare la televisione, che da anni inseguiva simili ascolti. Purtroppo, però, anche ‘O ministro nnammurato’, prima o poi, avrà termine e per questa dolorosa ragione rivolgo ai colleghi del piccolo schermo una preghiera accorata: centellinate, fatecela gustare a dosi omeopatiche, diluitela con tutta la fuffa di cui siete capaci per tirarla in lungo; soprattutto, legate alla sedia, come ospiti fissi, Massimo Magliaro, forbita e irriducibile colonna della pubblicistica veterofascista, ex vicedirettore del Tg1 e autore del memorabile libro ‘La Fiamma non si arrende’, e, con lui, Pietro Senaldi, vicedirettore di Libero. Caratteristi deliziosi, il primo, Magliaro, perché quando non gli tocca parlare, si contorce come una lumaca cosparsa di sale, e quando invece gli tocca, sbraita frasi incomprensibili come un mastino col mal di denti; l’altro, Senaldi, perché, per fare scudo alla maggioranza, si aggrappa agli specchi come un geco e sostiene, senza rossori, che Genny ha rilanciato la cultura nazionale, raddoppiando, così, il numero di italiani che osano condividere pubblicamente questo parere.
Insomma, cari giornalisti, fate quel che volete, ma, per favore, non mettete mai la parola fine alla saga, anzi, fatene la Nuova Storia Infinita: se Dallas è durata 14 anni e 130 puntate, questa merita l’eternità. A meno che non ne troviate altre così divertenti. Ma per questo occorre che il circo Meloni duri al governo a dispetto dei santi e di Forza Italia. E, a pensarci bene, forse ne vale la pena. Oggi è così difficile ridere di gusto. Altro che techetechetè!
P.S. Un’altra cosa era chiara fin dall’inizio. Alessandro Giuli, per caratteristiche, formazione e titoli, era, a destra, uno dei pochi, se non l’unico in grado di occupare con dignità il ruolo di ministro della Cultura, e non solo quella: il paradosso è che alle prossime dimissioni, non così fantasiose se si pensa alla traballante situazione giudiziaria della Santanchè, e alla declinante loquacità di Lollobrigida, il direttore del Maxxi finisca per risultare l’unico candidabile anche ad altre deleghe. Perché non l’abbiano nominato al primo giro, invece di aspettare questo disastro annunciato che adesso la premier cerca invano di confinare all’ambito privato dei principali protagonisti, rilanciando al contempo la solita noiosa denuncia di ricatti, complotti e congiure, lo può spiegare solo uno psicanalista della politica, se esiste: ai profani sembra semplice autolesionismo. © RIPRODUZIONE RISERVATA