Non tutto fa brodo. Il mitico Artusi dalla cucina “bricconcella” oggi sarebbe passato alla “nutraceutica”
Pellegrino Artusi è l’autore di quel libro “Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” che oltre ad essere stato un best seller editoriale è anche un pilastro dei cambiamenti della nostra cultura, non solo a tavola. Artusi dedicò la sua prima ricetta al brodo. Ora, 130 anni dopo la sua pubblicazione, come parlerebbe di brodo e bollito, Artusi? Molto sarebbe cambiato, perché è cambiato il mondo
L’articolo di ALFREDO T. ANTONARUS
QUANDO, NEL 1891, uscì la “Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi (uno dei maggiori successi della storia editoriale italiana), la prefazione ricordava ai lettori che “La cucina è una bricconcella; spesso e volentieri fa disperare, ma dà anche piacere”. Le cose, a centotrent’anni di distanza, sono in parte rimaste invariate. Molte sono radicalmente cambiate. La prima delle ricette di quel libro, ad esempio, era dedicato al brodo. “Per ottenere il brodo buono – ricordava Artusi – bisogna mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pentola adagino adagino e che non trabocchi mai. Se poi, invece di un buon brodo, preferiste un buon lesso, allora mettete la carne ad acqua bollente senza tanti riguardi”. Quando uscì questo ricettario il 60 per cento degli italiani era ancora analfabeta. Il potenziale lettore era quindi appena il 40 per cento della popolazione. Di questa porzione si poteva permettere il brodo, e alimenti proteici di origine animale, solo una minoranza benestante.
Le inchieste di Stefano Jacini (1882) e quella di Agostino Bertani (sulle condizioni sanitarie dei lavoratori della terra,1890) avevano appena accertato che, nelle campagne dell’Italia pellagrosa, molti non avevano mai addentato, in tutta la vita, un solo boccone di carne! E’ evidente quindi sin dalle prime righe del libro di Artusi che il suo target è soprattutto la parte femminile di una borghesia ricca che non solo amava mangiare bene ma anche conservarsi in salute. “Si è sempre creduto – proseguiva Artusi – che il brodo fosse un ottimo ed omogeneo nutrimento atto a dar vigore alle forze; ma ora i medici spacciano che il brodo non nutrisce e serve più che ad altro a promuovere nello stomaco i sughi gastrici. Io, non essendo giudice competente in tal materia, lascierò ad essi la responsabilità di questa nuova teoria che ha tutta l’apparenza di ripugnare al buon senso”. L’interesse riservato dall’autore romagnolo, che scrive in epoca di neopositivismo trionfante, al parere medico non è casuale. La sua biblioteca, donata al Comune di Forlimpopoli, testimonia una sua forte attenzione rivolta ai saggi di Paolo Mantegazza e alle ricerche Robert Kock, Louis Pasteur e Nicolas Appert. Forse, fosse stato scritto oggi, il manuale di Artusi, più che alla gola, si sarebbe concentrato sull’intestino. E forse si sarebbe intitolato “La Nutraceutica”, lemma che è la fusione dei termini “nutrizione” e “farmaceutica”. Una disciplina che, da più di un decennio, indaga i principi attivi degli alimenti con effetti positivi per la salute e il trattamento delle malattie.
Metodo per imparare a curarsi mangiando. La nutraceutica – che fissa una stretta relazione tra biologia, chimica e medicina – indica non solo cibi con effetti benefici ma, soprattutto, insegna a conoscere cosa accade realmente quando ci alimentiamo, quali principi si attivano e con quali conseguenze sulla nostra salute. Gli obiettivi sono il mantenimento del benessere, la prevenzione di patologie cardiovascolari e degenerative e il rafforzamento del sistema immunitario. Con una preponderante attenzione alla regolazione delle funzioni intestinali e al microbiota intestinale, che è il poco conosciuto organo del corpo umano, localizzato a livello intestinale, formato da miliardi di microrganismi, con un numero dieci volte superiore a quello complessivo delle cellule e cento volte superiore ai geni di tutte le cellule dell’organismo, da cui dipende moltissimo della nostra salute. Scrivesse oggi Artusi forse ci ricorderebbe, per il benessere del microbiota intestinale, di fare attenzione in cucina soprattutto a bistecche e brodi di carne proveniente dai 70 miliardi di animali macellati ogni anno nel mondo. Capi allevati, per due terzi, in sistemi intensivi, con l’impiego annuale di 63 mila tonnellate di antibiotici. Quando questi entrano nel nostro organismo hanno un pessimo impatto sul microbiota intestinale, ne riducono la funzionalità. Minano il nostro stato di salute. “Si è sempre creduto che il brodo, scriverebbe oggi Artusi, ma forse non credo sia più così… © RIPRODUZIONE RISERVATA