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“Manodopera”: quando ad emigrare era l’Italia degli umili, degli sfruttati e dei vilipesi, in patria e fuori

di Italia Libera   
“Manodopera”: quando ad emigrare era l’Italia degli umili, degli sfruttati e dei vilipesi, in...

Il film del regista italo-francese Alain Ughetto è girato interamente in stop motion con pupazzi di plastilina modellabili in base al racconto della storia. E la storia è vera, non soltanto della sua famiglia originaria di Giaveno in provincia di Torino. Racconta i personaggi dimenticati di un Paese che ha costruito il suo benessere economico attraverso dolorose esperienze di emigrazione e di esclusione sociale. “Interdit aux chiens et aux italiens”, “ingresso vietato ai cani e agli italiani”, era la scritta che compariva in quegli anni sulla porta di molti locali pubblici francesi, ed è anche il titolo originale del film

◆ La recensione di BATTISTA GARDONCINI *

► “Manodopera”, del regista francese di origini italiane Alain Ughetto, non è soltanto un bel film di animazione, ma anche un commovente e poetico omaggio del regista ai suoi parenti, contadini poveri costretti ad abbandonare la natia borgata di Ughettera, vicino a Giaveno, per trovare lavoro in Francia. Tra fame, incidenti e due guerre mondiali non tutti i membri della famiglia ce la faranno, ma i nonni del regista, Luigi e Cesira, riusciranno a costruire per sé e per i figli, a prezzo di grandi fatiche affrontate con la dignità di chi può contare soltanto su se stesso, una vita migliore.

Il film è interamente girato in stop motion, una tecnica che oggi è stata quasi interamente soppiantata dalle moderne tecnologie digitali. Gran parte del suo fascino dipende proprio dalla duttile plasticità dei personaggi: pupazzi di plastilina alti ventitré centimetri, che vengono modellati in base alle  esigenze del racconto e fotografati molte volte al secondo per restituire fluidità ai movimento. Il regista, che ha al suo attivo anche altri lavori di questo genere e un prestigioso premio al festival di Annecy, ha integrato le riprese con elementi reali, come i paesaggi attorno al Monviso, sempre al centro della scena. E le sue mani, con delicata inventiva, interagiscono con i pupazzi in alcuni momenti decisivi del racconto.

Ughetto non racconta soltanto una storia di famiglia. Quella che emerge nei 70 minuti di “Manodopera”  è la storia d’Italia, quella vera e spesso dimenticata degli umili, degli sfruttati e dei vilipesi in patria e all’estero. “Interdit aux chiens et aux italiens”, “ingresso vietato ai cani e agli italiani”, era la scritta che compariva in quegli anni sulla porta di molti locali pubblici francesi, ed è anche il titolo originale del film. E non è un caso l’omaggio finale tributato dal regista a Nuto Revelli, che sulla storia degli ultimi ci ha lasciato opere di grande spessore documentario.

“Manodopera” è un film per grandi e piccini. Un film che merita di essere visto e andrebbe proiettato in tutte le scuole italiane di ogni ordine e grado. © RIPRODUZIONE RISERVATA

(*) L’autore dirige oltreilponte.org

di Italia Libera   
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