Lotta Continua, la morte di Pinelli e le macchinazioni dei Servizi segreti deviati giunti da Roma

Lotta Continua, la morte di Pinelli e le macchinazioni dei Servizi segreti deviati giunti da Roma

Un pregevole documentario trasmesso nei giorni scorsi su Rai 3 racconta l’esperienza del gruppo extraparlamentare di sinistra fino al duplice sbocco: nella presentazione alle elezioni politiche con un esito quanto mai deludente e nel passaggio di altri al terrorismo armato specie in Prima Linea dopo il congresso di Rimini. Al documento d’epoca sulla strage di Stato di Piazza Fontana a Milano e sull’assassinio del commissario Calabresi è mancata l’attualizzazione sugli esiti processuali dell’agguato mortale organizzato da Sofri, Bompressi e Pietrostefani. Un post-scriptum sarebbe stato molto utile per spiegare il ruolo svolto dal vertice dei Servizi segreti di D’Amato e Russomanno (ex repubblichino di Salò) con la collaborazione del questore di Milano Guida (carceriere di Sandro Pertini a Ventotene) per accusare l’anarchico Pinelli. Una storia da raccontare ai nostri giovani

Il commento di VITTORIO EMILIANI

SU RAI 3 è stato trasmesso sabato sera un lungo e pregevole documentario nel quale, con numerose testimonianze maschili interne ed esterne (Boato, Sinibaldi, Liguori, Mughini, ecc.) e femminili (meno note per il minor peso avuto allora), col filo conduttore sotteso da Erri De Luca, si è rievocata l’esperienza di Lotta Continua fino al duplice sbocco: nella presentazione alle elezioni con un esito quanto mai deludente e nel passaggio di altri al terrorismo armato specie in Prima Linea dopo il congresso di Rimini.

Uno dei momenti centrali è stata la rievocazione della strage di Stato di piazza Fontana e l’assassinio del commissario Calabresi al quale tesero un agguato mortale Sofri, Bompressi, Pietrostefani, questi rifugiati in Francia, con condanne susseguenti, finita l’era mitterandiana. Peccato che al documento d’epoca non sia stato fatto seguire l’attualizzazione, una sorta di post-scriptum su ciò che avvenne realmente e che avrebbe completamente scagionato Calabresi escluso dagli interrogatori — come oggi si sa — dal vertice dei servizi segreti Federico Umberto D’Amato e Silvano Russomanno salito da Roma e che a Milano ebbe la collaborazione nel questore Guida. Si sarebbe capito molto ma molto di più di quella parte drammatica della nostra storia reale.

Calabresi non aveva avuto alcun ruolo e quindi nessuna responsabilità, come erroneamente sostenne Lotta continua, e con essa un gruppo di intellettuali, per la morte nel cortile della Questura a Milano di Giuseppe Pinelli sottoposto (ma non da Calabresi bensì da D’Amato e Russomanno, vertici dei Servizi) a interrogatori sfiancanti. L’hanno riconosciuto con grande civiltà la vedova e il figlio maggiore Mario. Non i responsabili di quell’oscuro episodio da loro mai chiarito. Calabresi, escluso dagli interrogatori, fu quindi vittima innocente delle macchinazioni romane dei Servizi di Stato e della connivenza del questore di Milano Marcello Guida. Che era stato, fra l’altro, il carceriere di Pertini a Ventotene

Ai più giovani tutto questo andrebbe raccontato e spiegato. Quanto a me, mi trovai costretto «per solidarietà dovuta a ragioni esclusivamente professionali» quindi non politiche col mio redattore Fabio Isman a rimanere nel processo, dovendo assistere mio malgrado alle testimonianze dei responsabili dei servizi alcuni iscritti fra l’altro alla P2. In prima istanza Isman subì una dura condanna al carcere che poi un giudice di straordinario garantismo, Filippo Mancuso, trasformò in appello in assoluzione. Su Russomanno fu scoperta più tardi l’appartenenza alla Repubblica di Salò, a rastrellamenti di partigiani, ecc. 

Col giudice Mancuso, grande appassionato di musica lirica ed esperto di voci, divenni amico. Si dimise clamorosamente da ministro del governo Dini perché voleva incriminare il leader leghista Bossi per aver vantato suoi fedeli armati, a migliaia, nelle valli bergamasche per un eventuale colpo di Stato. L’incriminazione gli venne negata e Mancuso lasciò il governo. Lo rividi più volte in Transatlantico e a Santa Cecilia ma parlammo soprattutto di musica operistica. Credo che questo spaccato di storia andrebbe ai più giovani raccontato. © RIPRODUZIONE RISERVATA