Libera e padrona del suo destino, Lidia Poët torna in scena per la seconda stagione in streaming
Su Netflix la serie con Matilda De Angelis nel ruolo della prima avvocata d’el nostro Paese vira decisamente sul poliziesco. Una sorta di Sherlock Holmes in gonnella che rende più appetibile i sei episodi della stagione ma non rende giustizia alla personalità sociale della Lidia Poët reale. Giustizia resa invece appieno agli angoli di Torino in cui le scene sono state girate che si sono conservati quasi intatti
◆ La recensione di BATTISTA GARDONCINI *
► Ricordate Lidia Poët? Nata in val Germanasca da una agiata famiglia valdese, si era laureata in giurisprudenza nel 1881 e dopo due anni aveva ottenuto l’iscrizione all’ordine degli avvocati di Torino. Ma la sua iscrizione fu revocata dal tribunale con la pretestuosa motivazione che una donna non sarebbe stata in grado di esercitare la professione. Lei continuò a lavorare nello studio legale del fratello Enrico, e a combattere per far valere i suoi diritti. Vinse la sua battaglia soltanto nel 1919, quando le leggi vennero modificate e diventò ufficialmente la prima donna avvocato in Italia.
La bella storia di questa donna libera che voleva essere padrona del suo destino è diventata nota al grande pubblico due anni fa, quando Matilda De Angelis l’ha interpretata in una miniserie Tv di successo. In questi giorni sono arrivati su Netflix i sei episodi della seconda stagione del regista Matteo Rovere, con un cast confermato: Pierluigi Pasino è il fratello Enrico, Sara Lazzaro è sua moglie Teresa, Edoardo Scarpetta è l’amico giornalista che l’aiuta nelle indagini. Gianmarco Saurino è la new-entry nella parte di un procuratore generale che ha grande stima delle doti investigative di Lidia.
Della vera Lidia Poët nella prima stagione c’era poco, e la seconda non è molto diversa. Spinti dalle esigenze di cassetta, gli autori hanno puntato con decisione sul versante poliziesco, trasformando il personaggio in una sorta di intrepido Sherlock Holmes in gonnella, disposto a rischiare la vita pur di fare trionfare la giustizia. Delle battaglie di Lidia per l’emancipazione femminile è rimasto poco, e quel poco, complice anche la recitazione un po’ troppo leziosa della de Angelis, non convince. Nulla da dire invece sui costumi e sulle ambientazioni. Sono tanti gli angoli di Torino che si sono conservati quasi intatti. È bastato togliere dalla circolazione le auto e sostituirle con qualche carrozza a cavalli per tornare indietro di centocinquanta anni. © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) L’autore dirige oltreilponte.org
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